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TFF 2010 - I Saw The Devil - Rapporto Confidenziale

Pubblicato il 3 dicembre 2010 da Salvatore Salviano Miceli


TFF 2010 - I Saw The Devil - Rapporto Confidenziale

Partiamo dal passato, da un volto entrato di diritto nella iconografia del cinema coreano e non solo. Quello di Choi Min-sik, protagonista di Old Boy, secondo capitolo della trilogia di Park Chan-wook. Impossibile, guardando I Saw The Devil, non rimanere vittima di un déjà vu. Certe inquadrature ripropongono esattamente, con la medesima forza distruttiva, quella maschera di rabbia e vendetta.
Il film di Kim Jee-woon si muove sul binario "rassicurante" del thriller, contaminato da una violenza che non teme di essere esibita. C’è poco di nascosto. La mdp non si ferma davanti a nulla, sia che si tratti di mutilazioni o di stupri, di qualsiasi elemento abbia nel torbido la sua origine e la sua fine. Ma, a differenza dei molti horror visti quest anno a Torino, è una violenza che non ha nulla di sovrannaturale. Non ha a che fare con vampiri, licantropi e similari. È una violenza puramente umana, che nasce, si alimenta e si scontra nella mente dell’uomo. Proprio per questo, forse, fa più paura e disturba ad un livello più profondo.
I Saw The Devil è una storia di vendetta in cui, come spesso accade, positivo e negativo, i due estremi perennemente in lotta, arrivano a toccarsi e fondersi annullando qualsiasi distanza. C’è nello sguardo del regista coreano un autocompiacimento che non può che risultare palesemente visibile. Il gusto per una estetica che passa attraverso il trionfo dell’eccesso, schiacciando l’occhio ad un uso epico dell’immagine. Alcune inquadrature sono costruite proprio per glorificarsi nel più ampio dei respiri.
Uno psicopatico uccide la giovane fidanzata di un agente di polizia e scatena una reazione incontrollata ed incontrollabile. Nel giovane protagonista, infatti, subentra la necessità di "giocare" con l’assassino come il gatto con il topo. Trovarlo, infliggergli il massimo delle sofferenze possibili per poi lasciarlo libero e scovarlo nuovamente. Ecco perché la violenza diviene un ciclo praticamente infinito (non a caso il film dura più di due ore) che aumenta la sua intensità sempre di più, fino alle conseguenze immaginabili. Il gioco, però, funziona fino ad un certo punto.
Quando il meccanismo scopre le sue regole (ed avviene abbastanza presto), allora tutto inizia a divenire ripetitivo, scontato da prevedere e un po’ noioso da osservare. La regia di Kim Jee-woon, per quanto interessante, non muta dall’inizio alla fine e, pur apprezzando la coerenza, finisce con l’appiattirsi insieme alla storia che racconta, di per se non troppo originale. Nulla da dire formalmente (ogni prodotto orientale non si può che ammirare per la bellezza ed il rigore del dato visivo) ma, quando il contenuto inizia a perdere il suo fascino il film si sgonfia non poco. La parte finale è, al contrario, molto interessante anche per dei riferimenti alla storia dell’horror, che non sveliamo volutamente, che si aprono a paragoni importanti con pellicole passate e di cinematografie differenti. Proprio per questo era la parte centrale, probabilmente, ad avere bisogno di qualche taglio in più.
I Saw The Devil resta comunque uno spettacolo divertente che non dispiacerà a chi conosce e, soprattutto, ama il cinema coreano, in grado di regalare immagini da cui sarà difficile liberarsi. Su tutte, per noi, vince ancora una volta la maschera trasfigurata, tra follia e lucida cattiveria, di Choi Min-sik.


CAST & CREDITS

(Akma-Reul Bo-At-Da) Regia: Kim Jee-woon; sceneggiatura: Park Hoon Jung; fotografia: Lee Mogae; montaggio: Nam Na-young; scenografia: Cho Hwa-sung; musica: Mowg; interpreti: Choi Min-sik (Kyung-chul), Lee Byung-hun (Soo-hyun), Oh San-ha (Ju-yeon); produzione: Peppermint & Company; distribuzione: Finecut; origine: Corea del Sud; durata: 141’.


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