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TFF - The Bang Bang Club - Concorso

Pubblicato il 2 dicembre 2010 da Salvatore Salviano Miceli


TFF - The Bang Bang Club - Concorso

Tra il 1990 ed il 1994 si consuma la fine dell’apartheid e si celebra la nascita di un nuovo Sud Africa. Sono anni in cui il paese è sconvolto da lotte intestine. Anni che ci sono stati raccontati da fotografie divenute icone di quel tempo, immagini che senza aiuto del testo davano piena e reale rappresentazione del processo non povero di sangue e morte che ha portato all’abolizione del governo dei bianchi.
Steven Silver ci porta dietro le quinte di quelle foto, mostrandoci la vita ed il lavoro di quattro tra i più importanti fotografi che operavano nel paese. Insieme, Kevin Carter, Greg Marinovich, Ken Oosterbroek e Joao Silva erano conosciuti come il "Bang Bang Club". Il film corre su due binari paralleli. Il racconto della professione dei quattro, infatti, è al contempo testimonianza storica ed inchiesta. Il regista affronta bene questa duplice natura, scegliendo di condurci a scoprire cosa c’è dietro quegli scatti così immediati e forti. Scatti che a Marinovich ed a Carter, successivamente morto suicida, fruttarono un Pulitzer.
Silver pone l’accento sul coraggio dei quattro, spesso più simile all’incoscienza, a quel mix di follia e tenacia che permetteva loro di tuffarsi tra scontri armati e guerriglie incuranti della loro salvaguardia, alla ricerca dello shoot perfetto. Ugualmente il film non lesina di raccontare le conseguenze, fisiche come la morte di Oosterbroek e Carter, ed emotive, nascoste dietro una vita passata a catturare con l’obiettivo atrocità e violenze che diviene impossibile cancellare dalla mente. Il ritmo è assai serrato, non si concede grosse pause.
La macchina spesso indugia sui volti dei quattro protagonisti proprio in un impeto introspettivo necessario per raccogliere una testimonianza fedele e credibile. Ed impressiona un po’, specie leggendo il libro di Marinovich e Silva su cui si basa il film, vedere come il lavoro diventi automatico, come, anche in situazioni in cui la vita è realmente in pericolo, nei quattro non veniva mai meno l’attenzione al dato fotografico, all’obiettivo migliore da usare o alla scelta dell’inquadratura. Qui Silver, che prima di questo suo esordio nel lungometraggio si è formato nel documentario, è particolarmente efficace nel gestire i suoi attori, nel comunicare immediatamente questa loro freddezza, dote da cui non si può prescindere per un lavoro del genere. Buona, in questo senso, la prova degli interpreti con il primo ruolo importante per Taylor Kitsch, già protagonista della splendida serie Friday Night Lights.
Non è da tralasciare, infine, la riflessione che il film offre sul valore e sull’opportunità di un giornalismo che diviene guerra tra le guerre. Un giornalismo che per forza di cose prevede dinamiche in cui diventa sempre più complesso stabilire cosa sia etico e cosa no. Se il fare informazione basta a giustificare il restare a fissare con un obiettivo un omicidio piuttosto che cercare di intervenire per bloccarlo. È lo stesso interrogativo che si pongono i quattro del club ed a cui sembrano non riuscire a trovare risposta. Di certo, il fare conoscere al mondo una tale realtà si può già leggere come forma di intervento. È un buon film The Bang Bang Club. Povero di retorica. E, visto l’argomento, non è cosa da poco.


CAST & CREDITS

(The Bang Bang Club) Regia e sceneggiatura: Steven Silver; soggetto: basato sull’omonimo romanzo di Greg Marinovich e Joao Silva; fotografia: Miroslaw Baszak; montaggio: Ron Sanders; scenografia: Emelia Weavind; musica: Phillip Miller; interpreti: Ryan Phillippe (Greg), Malin Akerman (Robin), Taylor Kitsch (Kevin), Neels Van Jaarsveld (Joao), Francois Rautenbach (Ken); produzione: Foundry Films, Out of Africa Entertainment; distribuzione: eOne Films International; origine: Sudafrica, Canada; durata: 113’.


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