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TFF - The Myth of the American Sleepover - Festa Mobile

Pubblicato il 29 novembre 2010 da Salvatore Salviano Miceli


TFF - The Myth of the American Sleepover - Festa Mobile

Una definizione come quella di Teen-movie può, a ben ragione, provocare più di semplice diffidenza, specie considerando alcuni esempi recenti. Il rischio di trovarsi inerti spettatori davanti all’ennesima riflessione, più o meno divertente e divertita, dell’eta adolescenziale assume contorni abbastanza irritanti. Ancora più quando, durante un festival, si fagocitano film in un succedersi di proiezioni che non prevede alcuna pausa.
La visione di The Myth of the American Sleepover, al contrario, è stata più di una piacevole sorpresa. In parte perché il film, pur rientrando chiaramente nel genere in questione, non si lascia mai andare a derive televisive e demenziali, e, soprattutto, perché lo stile scelto dall’esordiente David Robert Mitchell risulta accattivante nella sua genuinità e, ancora di più, nella dichiarata voglia di limitarsi a raccontare, senza preoccuparsi troppo di questioni sociologiche sempre più in voga, l’ultimo giorno di estate di una serie di ragazzi in una piccola imprecisata cittadina americana.
L’american sleepover del titolo è traducibile con la nostra idea di pigiama party. L’occasione finale, per i protagonisti del film, di salutare le vacanze e prepararsi per l’inizio della scuola. Ecco allora l’ansia dei giovani personaggi intenti a cercare di fissare nella memoria quell’aurea mitica che da sempre accompagna l’adolescenza. Ansia che passa, non potrebbe essere altrimenti, attraverso il desiderio sessuale, le ubriacature quasi autoimposte, il tentativo, insomma, di spingere al limite qualsiasi esperienza pur di non tralasciare alcuna possibilità, di essere certi che il rimpianto non accompagnerà mai il ricordo di quei giorni.
Il regista ci risparmia pistolotti morali su gioventù bruciata e similari argomenti, preferendo, piuttosto, con sguardo normale e quasi privo di partecipazione, portare sullo schermo un momento carico di attese in una età in cui tutto, specie quando la si abbandona, appare speciale. Proprio in questo sguardo distaccato è da rintracciare uno dei migliori pregi di un film che diverte per la rappresentazione di una "follia ingenua". La stessa che spinge ognuno dei quattro adolescenti protagonisti (ma è davvero difficile dividere i tanti personaggi tra principali e comprimari) ad inseguire l’attimo, il bacio, l’incontro, la sbronza da destinare all’eternità del ricordo, l’episodio che si racconterà svariate volte in età adulta e che, inevitabilmente, andrà a costituire un termine di paragone inarrivabile.
Il casting ha richiesto mesi secondo le parole di Mitchell e non fatichiamo a crederlo. La scelta, tanto dei personaggi più in vista quanto di quelli meno importanti risulta da subito particolarmente azzeccata. Non esistono supereroi o classici "sfigati" ma una gamma ampia e varia di tanti modi di vivere la giovinezza.
E se non si può dire che esista un prologo ad introdurre il racconto, così The Myth of the American Sleepover termina quasi senza epilogo. Proprio come l’adolescenza, tra tutte l’età quella per cui si fa più fatica a rintracciare un inizio ed una fine.


CAST & CREDITS

(The Myth of the American Sleepover) Regia e sceneggiatura: David Robert Mitchell; fotografia: James Laxton; montaggio: Julio C. Perez IV; scenografia: Jeanine A. Nicholas; musica: Kyle Newsmaster, William Ryan Fritch; interpreti: Claire Sloma (Maggie), Marlon Morton (Rob), Amanda Bauer (Claudia), Brett Jacobsen (Scott); produzione: Roman Spring Pictures; distribuzione: Visit Films; origine: Usa; durata: 97’.


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