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TG 5 al giro di boa

Pubblicato il 28 novembre 2004 da Alessandro Izzi


TG 5 al giro di boa

Partiamo da una considerazione di fatto forse un po’ scontata, ma sicuramente necessaria ai fini del discorso che ci siamo prefissati: è decisamente troppo presto cercare di definire davvero quali e quanti cambiamenti la nuova gestione del telegiornale di Canale 5 si porterà dietro. Ed è troppo presto anche cercare di definire esattamente la portata politica di una decisione presa ai vertici della dirigenza Mediaset (non difficile vedere la mani del gran Burattinaio muovere i fili di un disegno anche fin troppo esplicito) e destinata, per sua stessa natura a produrre un mare montante di polemiche tanto da destra quanto da sinistra. Ora come ora, discutere dei perché e dei percome di una decisione comunque irrevocabile non fornirebbe altro che l’innesco ad un ripetitivo processo alle intenzioni che, certo, ha una sua legittimità all’interno del panorama del dibattito politico, ma che resta sostanzialmente estraneo all’orizzonte di indagine critica che da sempre è stata nelle intenzioni della nostra rivista. Piuttosto, quindi, che rimarcare come questa decisione cada in un momento decisamente delicato della politica governativa, quando i tagli alle tasse si allontano verso l’orizzonte e quando la situazione iraquena delle nostre missioni di pace volge verso il punto cruciale delle elezioni libere, quello che ci preme è cercare di cogliere il significato estetico di un mutamento di registro che certo comporterà tutta una serie di ripercussioni sociali e politiche, ma che è prima di tutto un gesto televisivo e, quindi, una ennesima strategia di spettacolo. Allo stato attuale dei fatti Rossella non ha ancora avuto il tempo necessario per insediarsi alla guida del telegiornale più seguito della televisione italiana e, quindi, non ha potuto realmente dare alla testata che si appresta a dirigere la sua impronta personale. Del resto e a onor del vero, le polemiche certo politiche sulle dimissioni “imposte” (si parla con linguaggio un po’ bolscevico di “promozioni” come in altri frangenti si sarebbe potuto parlare di “raffreddori”) del direttore storico Enrico Mentana sono ancora troppo fresche e, anche volendo, un radicale mutamento di registro non farebbe che gettare alcool sul fuoco. Il TG 5 è sempre stato, fin dai suoi esordi, un’oliatissima macchina di guerra perfettamente integrata nelle strategie comunicative messe in moto dalla società delle immagini. Non ci vuole Chomsky per rendersi conto di come un siffatto meccanismo comunicativo inclini, per sua stessa natura, su posizioni tipiche della destra politica. La ricerca della spettacolarità dell’informazione, il bisogno di trasformare ogni notizia in una fonte di audience impone necessariamente all’informatore l’obbligo di condire ogni notizia con quel surplus di paura, di incertezza (per le notizie serie a sfondo drammatico) o di divertita nonchalance e simpatica ironia (per le notizie di contorno) che si appoggiano ovviamente sugli istinti primari (si pensi, per dirne una, alla paura del diverso, da cui deriva un fondo vagamente xenofobo che non è’ difficile rintracciare in molti articoli di cronaca del telegiornale). Da questo punto di vista, tentare di applicare una gestione di sinistra a una tale macchina di guerra è una contraddizione in termini e non ce ne voglia Mentana se diciamo che, pur nelle sue (possibili) intenzioni politiche, il TG 5 non è mai stato una testata di sinistra, né ha mai potuto davvero avere quell’equilibrio informativo che molti affermano andrà perduto nella gestione Rossella. Quest’ultimo, infatti, non ha davvero bisogno di cambiare la struttura e la logica dei servizi della testata di Canale 5. Se davvero una logica politica è alla base della sua elezione (cosa della quale sinceramente non dubitiamo) questa non è volta ad un radicale cambiamento di registro, ma solo ad un larvale processo di insabbiatura delle notizie troppo scomode che, in ogni caso, è proprio ciò che un pubblico, ormai abbondantemente diseducato dai programmi di un Maurizio Costanzo (e non ci si dica che anche lui è un personaggio di sinistra) o di una Maria De Filippi, va cercando. La nuova platea televisiva non cerca reali programmi d’informazione, ma semplici contenitori di un’informazione spiccia, immediata, usa e getta come un oroscopo da dimenticare non appena consumato. Una logica che certo fa molto comodo all’attuale governo, ma che non deriva da un’imposizione esterna di tipo fascistoide, quanto piuttosto dall’adeguamento di un’esigenza interna espressa dalla stessa audience cui il TG si rivolge. Già i primi servizi della nuova gestione (si pensi alla divertita scenetta del ritardo di Chirac alla cena presso la famiglia reale inglese che ha anche una funzione politica dal momento che destruttura l’immagine di un leader scomodo nell’attuale scacchiere internazionale) pongono l’accento su quel gossip che tanto sazia il pubblico contemporaneo. Ma esso serve essenzialmente a portare a compimento quel processo di riduzione dell’informazione ad intrattenimento che era già proprio della gestione Mentana e che ora tocca punte di franca demenza. Insomma, per dirla in poche parole, la destra vince non perchè si impone sui meccanismi dell’informazione, ma perchè cavalca con precisa cognizione la spettacolarizzazione di quegli stessi meccanismi. Rossella o Mentana non fanno grande differenza, insomma, l’importante è che il TG divenga una simpatica appendice, appena appena un po’ più informativa, di Verissimo.

[novembre 2004]


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