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The art of noise. Il futurismo che non si vede. Dall’intonarumori al VCS3.

Pubblicato il 22 dicembre 2010 da Emiliano Paladini


The art of noise. Il futurismo che non si vede. Dall'intonarumori al VCS3.

Caravaggio dicono sia sinonimo di sperimentazione perfettamente riuscita. Derek Jarman nel film a lui intitolato nel 1986 si affiderà alle dimensioni dello sperimentale dal respiro più profondo per restituire di Caravaggio la colata artistica di un lungometraggio filigranato su lamine in oro puro, per questo motivo. La colonna sonora è stata assegnata a Simon Fisher-Turner (come in Nadja, prima un romanzo di Andrè Breton e, in questo caso, con musiche di My Bloody Valentine e Portishead, film di Michael Almereyda - coi celebri passaggi in PXL 2000 visti anche nel video di Mote dei Sonic Youth - che con Simon Turner farà altri lavori, e Fisher-Turner si presterà a sua volta alla sonificazione di un lavoro della scultrice Alyson Shotz, ora a Dallas, Nasher Sculpture Center).
Il disegno poi di produzione è stato assegnato a Chris Hobbs (anche in Velvet Goldmine, 1998, di Julian Schnabel, regista di Basquiat). Ma molte volte Caravaggio sembra essere uscito da un’allucinazione, e non c’è nessun bisogno di affidare a nessuno il disegno della sua immagine.
In questi casi Caravaggio è l’effetto di un’allucinazione collettiva indotta da balli tipo quello del 10 gennaio 2010 all’American Museum of Natural History (su musiche di Fisherspooner e Animal Collective questo ed altro; ma nel programma dell’ AMNH c’è da anni SonicVision curato da Moby per grafiche 3D dalla NASA alla microbiologia).
Altre volte sembra che Caravaggio sia comparso a caso in cose tipo l’Experimental Music Catalogue di Christopher Hobbs (e Michael Nyman), ex-AMM (di Eddie Prévost, visto poi con Sonic Boom nel progetto Experimental Audio Research con Kevin Shields dei My Bloody Valentine alla chitarra). Può però a questo punto essere il caso che Caravaggio sia in realtà un suono sceso in sogno in Terra da un altro mondo.
Tra tutti sogni cromati senza via d’uscita, in direzione della vittoria o della sconfitta a seconda del destino di ciascuno, o in relazione alla personale costruzione di ciascuno il proprio destino a propria immagine e somiglianza; Caravaggio può tranquillamente essere la musica del simbolo inaspettato di un discorso sulle arti multimediali. E traslando le parti in un tempo imprecisato, un pretesto per salutare l’ultimo futurista: Maddalena Fagandini, che prese il posto di Daphne Oram (“il primo uomo” a manipolare musica, al BBC Radiophonic Workshop dove realizzò il suono di All that fall di Beckett), manipolando derivati dell’intonarumori di Russolo/Piatti (L’Arte dei Rumori, 1913, il cui concentrato di filosofia risale a The New Atlantis di Francis Bacon del lontano secolo diciassettesimo): modulatori, oscillatori e poi sintetizzatori - soundhauses e soundscapes.
George Martin, da un suono della Fagandini (fag-ends e lollipops, come lei li chiamava, per quietare il responsabile del BBC RW Desmond Briscoe) realizzerà un brano dal titolo Time Beat (1962: sì che c’era qualcos’altro oltre la solita dicotomia jazzrocked dietro la fusion e prima di Peaches and Regalia di Frank Zappa; e in tutti i casi si parla dell’elettrificazione e digitalizzazione di tecniche compositive classico-moderne, tipo Cage, Varése, Berio e altri nomi, ai quali si rifaceva anche John Cale, lui stesso un compositore classico-moderno, dei Velvet Underground, inizialmente prodotti da Andy Warhol - la Frisco Bay area, culla della fusion, legherà la propria scena musicale ad artisti tipo Rauschenberg).
George Martin passerà alla storia correttamente come il sesto Beatles, se il quinto è rimasto ad Amburgo (i portoghesi lo sanno perfettamente che il quinto Beatles è in realtà Gorge Best), e moltissimi altri sono stati accreditati come il Quinto Beatle. Con Gorge Martin, Alan Parsons curerà il suono di importanti albums dei Beatles (non è ancora ben chiaro quale sia quello importante degli albums dei Beatles, ma in questo caso sono Abbey Road e Let it Be, e quest’ultimo anche con Phil Spector) prima di lasciare un solco determinante nella storia dell’arte contemporanea con The Dark Side of The Moon (in considerazione della scena elettronica, Pink Floyd, 1973, in molti modi riconducibile a Time Beat, la cui B-side è Waltz in Orbit), nella creazione, senza scartabellare tutti i jinglejangles del disco dei Pink Floyd, di uno standard per la registrazione dei fiati (il sax in particolare) da impiegarsi nella composizione di brani pop rock (da Money e Us And Them, i fiati di Born To Run sono una conseguenza tecnica; e Better Days, Springsteen, ha lo stesso preciso start di Don’t Answer Me che da alcune parti di Born To Run ha tratto i fiati).
Comunque la si voglia girare, dalla Fagandini a George Martin ai Beatles, ad Alan Parsons ai Pink Floyd a Bruce Springsteen, e sicuramente a molti altri, si apre e si chiude uno dei tanti prodotti notevoli delle arti contemporanee sul cui fronte d’onda corre l’ologramma di Deliah Derbyshire (al BBC RW dopo la Oram e la Fagandini; legata a doppio filo con Sonic Boom, Spectrum, ex-Spacemen3) avendo contribuito con Peter Zinovieff, che nel 1969 lo creÚ, ai tests di composizione musicale assistita col Voltage Controlled Studio with 3 oscillators degli Electronic Music Studios (EMS VCS3: anche Battiato lo ha usato per i suoi primi due dischi fatati e ispirati dalle visioni di Francis Bacon), la cui punta di diamante è proprio The Dark Side Of The Moon, e a cui si aggancia tutta la storiella di moog e mini moog, e PXL 2000 per completezza di genere, ricominciata con Jason&Sonic, Spacemen3, a Rugby, appena fuori Birmingham, e consacratasi a Manchester con gli Stone Roses. Il cui chitarrista, John Squire, tra i pi_ grandi della seconda generazione di chitarristi inglesi, dipingeva copertine in stile Pollock, e ha chiuso l’ultima sua mostra il 24 novembre alla galleria Thiele, Linz con la prossima in programma all’Art Base di Bruxelles, la primavera del 2011 (Ian Brown, band leader degli Stone Roses, ha continuato a suonare ottima musica per conto suo) - sia quindi il multimediale, il polisensoriale, il sinestetico, lo psichedelico, il mixed-media, ma la musica semplicemente non si vede, nonostante i miracolosi tentativi da tre ripetuti e falliti da Syd Barrett. Si può leggere, però, con ´uno sguardo verso il cieloª. Che strano.


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