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THE CREATION TRILOGY

Pubblicato il 10 novembre 2004 da Mazzino Montinari


THE CREATION TRILOGY

Theo Eshetu è indubbiamente un regista eccentrico se lo si inserisce in un contesto festivaliero che prevede la visione delle forme cinematografiche più consuete. Tuttavia nel progetto portato avanti dal festival di Sulmona e dal suo direttore Roberto Silvestri, ci sta che tra il film di Antonietta de Lillo e il documentario di Stefano Rulli irrompa il linguaggio sperimentale di Eshetu. E’ un modo di vedere il cinema fuori dalla costrizione dei generi ed è salutare, anche per un breve istante, confrontarsi con la pluralità dei linguaggi. Già presente l’anno scorso con Ways to a void, quest’anno il regista di origine etiope e olandese, ma nato e cresciuto a Londra e da anni residente a Roma, ha portato una versione estesa di un lavoro presentato a Venezia , The Creation Trilogy. Se nell’opera precedente, Eshetu aveva in qualche modo esercitato una forma di auto-punizione, costringendosi a rendere quasi superfluo il proprio ruolo e limitandosi a registrare l’esistente con una camera fissa per molti minuti aspettando che qualcosa accadesse, in quest’ultimo lavoro ha ridato alla regia e al montaggio il controllo della situazione facendo irrompere (perché l’atto della creazione è un irrompere) nello schermo una quantità indefinita di immagini, prodotte nei modi più disparati, dal super8 fino alle più moderne videocamere. I due lavori sembrano perciò in contrasto. Quello che però li pone in sintonia è un comune sentimento per la vita e per il suo modo ambiguo di mostrarsi. Mentre in un dato momento e luogo, la vita si manifesta come un atto unico e irripetibile e non bisogna fare altro che attendere, contemporaneamente altre esistenze irrompono nel mondo. Così, The Creation Trilogy è la rapsodica esibizione di ciò che accade mentre ognuno di noi esiste. E’ un’esplosione di immagini, è la vita al plurale che scorre contemporaneamente alla nostra, e che non può essere compresa per intero perché ingovernabile e imprevedibile, come imprevedibile è ogni creazione, ogni nascere di qualcosa. In tal senso, mettere per immagini e musica questo proliferare di accadimenti è un’operazione ai limiti della sostenibilità. Ed è per questo che The Creation Trilogy chiede allo spettatore una visione più istintiva che attenta, come d’altra parte succede quando parliamo: conosciamo il linguaggio e ci esprimiamo senza interrogarci continuamente sull’uso e il significato di una singola parola. Non per questo i segni sono ordinati a caso. Semplicemente è come se da sempre tutto ci fosse già noto. Così in The Creation trilogy è come se fossimo immersi in un mondo che da sempre ci accoglie ed è come se tutti i suoi significati, pur se in modo confuso, ci appartenessero. Quanto appena detto, però, non va identificato con il modo frenetico e omologante di produrre immagini caratteristico della televisione. Quello che la televisione chiede è un consumo indistinto che non prevede alcuna appartenenza a un mondo se non a quello della televisione stessa. Quello che fuoriesce da questa autoreferenzialità onnivora è nient’altro che un’appendice dello spettacolo, divenuta invisibile. Eshetu compie un’operazione inversa, restituendo criticamente allo spettatore la visibilità della complessità, mettendolo di fronte al proliferare di sensi e immagini attraverso variazioni di colori, formati e musiche, oltre che di contenuti. E in questa complessità di volta in volta ci perdiamo e ci ritroviamo.

regia: Theo Eshetu; aiuto regia: Marcella Manfredini; fotografia: Theo Eshetu; montaggio: Theo Eshetu; costumi: Marcella Manfredini; con la partecipazione di: Margherita Gramegna, Marcella Manfredini, Fabiana Fabbri, Patrizia Biso, Roberta Lena, Felix Imevbore, Lex Eshetu, Marcello Sambati, Rosella Fiumi, Hege Stuen, Auro e Celso Ceccobelli, Maurizio e Fabrizio Passerini; produzione: White Light; durata: 60’; origine: Italia 2004

[novembre 2004]


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