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The end of the f***ing world (Stagione 2) - Teste di Serie

Pubblicato il 12 novembre 2019 da Stefano Colagiovanni
VOTO:


The end of the f***ing world (Stagione 2) - Teste di Serie

«Come si zittisce il dolore?»
«Non lo so...»

(discorso tra Bonnie e Alyssa)

La stagione degli amori spezzati

A quanto sembra, per James e Alyssa la fine del mondo non è ancora sopraggiunta. Per lo meno, non quella della loro storia, che grazie a una seconda stagione meno schizofrenica e sfrenata della precedente, trova (forse) il doveroso compimento di questa dolce e travagliata storia d’amore.

A The end of the f***ing world, serie british ideata per il piccolo schermo da Jonathan Entwhistle, tratta dal graphic novel di Charles Forsman, il merito di aver spiazzato le aspettative dello spettatore, che già si prefiggeva una nuova, scombussolata commediola per adolescenti: tutt’altro, la serie distribuita in Italia da Netflix ha assunto nel giro di una manciata di episodi l’aplomb da road-movie generazionale, breve ma intenso romanzo di formazione intimista e drammatico, mascherato da teen-comedy solo grazie a spiccate venature di black humor. Il dramma appartiene ai due protagonisti, il novello psicotico James (Alex Lawther) e la distaccata e lunatica Alyssa (Jessica Berden, eccelsa nel tumulto espressivo di un’interpretazione così minimalista da risultare ipnotica), giovani senza presente, senza futuro e senza più uno straccio di sogno nel cassetto, aggrappati unicamente alla volontà di fuggire via, più lontano possibile, dal mondo che conoscono fin troppo bene e al quale non si sono mai sentiti legati; dopo un finale criptico, in cui si era temuto per le sorti dell’”eroico” James, braccato dalla polizia, in questa seconda stagione ritroviamo Alyssa sperduta in una misera comunità boschiva, assieme alla madre, intenta a costruirsi una nuova vita, lontano dal suo folle amore, mentre James, dopo una lunga degenza, assiste alla morte del padre e si convince a rintracciare l’amata perduta. Peccato che tra i due interferisca un terzo incomodo, la monolitica Bonnie (Naomi Ackie), ragazzona stralunata e molto simile ai due protagonisti, sopraggiunta come una furia divina per vendicare la morte del “fidanzato” professore Clive Koch (Jonathan Aris), ucciso dai due fuggitivi nel corso della prima stagione.

Se nel primo corso di episodi, The end of the f***ing world si era elevata per un marcato sentimento rivoluzionario nella sua concezione di serie anti-conformista, in special modo per il tema trattato, pur sempre delicato, nonostante la vistosa iniezione di humor, in questa seconda stagione il ruolo di James e Alyssa si deposita su una struttura narrativa maggiormente schematica, più attinente al thriller, a causa della presenza incombente e minacciosa di Bonnie: avevamo conosciuto i due giovani in fuga, arrabbiati e confusi sia con loro stessi che con il mondo esterno, ma semplicemente in balìa degli eventi, mentre ora sono costretti a fare i conti con il passato recente (l’omicidio del professor Koch), contrapponendosi a un avversario reale e ben discernibile, e questo assetto narrativo impedisce ulteriori eruzioni anarchiche della storia (almeno fino a ora), permettendo, però, allo showrunner di focalizzarsi sull’evoluzione intersoggettiva dei suoi protagonisti.

Difatti, Entwhistle e lo sceneggiatore Charlie Covell operano per sineddoche, rovesciando James e Alyssa in un contesto matrimoniale – la ragazza resta vestita con un abito da sposa per quasi tutti gli otto episodi, mentre James sembra un novello sposino in giacca e cravatta, entrambi recintati nell’abitacolo della macchina di lui o in una camera d’albergo e sempre intenti a punzecchiarsi a vicenda – non più assuefatti dal folle desiderio di fuggire dalle rispettive realtà, ma desiderosi di mitigare i malumori emotivi sorti principalmente a causa della rinnovata lontananza.
E Bonnie è il personaggio-strumento che occorre a Entwhistle e Covell e ai due protagonisti per comprendere quanto abbiano davvero bisogno l’una dell’altro: sotto l’epidermide di una sceneggiatura sempre asciutta, brillante e chiara, la forza di The end of the f***ing world sta proprio nella potenza generatrice dei personaggi messi in scena, ambigui e difettosi per natura, ma così empatici e coraggiosi in ogni loro scelta – giusta o sbagliata che sia – da risultare incredibilmente affascinanti.

La seconda stagione si chiude con un finale molto meno aperto rispetto a quello visto sul crepuscolo della precedente, rosicchiando quasi all’osso, come detto, quel fascino anarchico e intraprendente a cui la serie ci aveva abituato e sul quale è stata tessuta. Ma The end of the f***ing world resta un prodotto convincente ed entusiasmante come un amore appena sbocciato.


(The end of the f***ing world); genere: drammatico; showrunner: Jonathan Entwistle; regia: Jonathan Entwistle, Lucy Tcherniak; sceneggiatura: Charlie Covell; stagioni: 2 (in attesa); episodi seconda stagione: 8; interpreti: Jessica Barden, Alex Lawther, Jonathan Aris, Naomi Ackie, Josh Dylan, Steve Oram; produzione: Clerkenwell Films, Dominic Buchanan Productions; network: Channel 4 (Regno Unito, 4 novembre 2019), Netflix (Italia, 5 novembre 2019); origine: Regno Unito, 2019; durata: 20’-30’ per episodio; episodio cult seconda stagione: 2x07 - Episode 7 (2x07 - Episodio 7)


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