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The eye 2

Pubblicato il 4 aprile 2005 da Armando Chianese


The eye 2

Grazie a Nakata (non alla Dreamworks) è oramai conclamato il successo di un nuovo filone horror tutto asiatico. Sono oramai sdoganati ufficialmente, senza chiamare per forza in causa il nume tutelare tarantiniano, i nuovi horror - drammatici provenienti dal sol levante. A volte e per fortuna senza passare per la tediosa pratica del remake. E’ questo ciò che in italia è successo ai due capitoli di The Eye, l’ultimo dei quali è stato distribuito poche settimane fa riscuotendo alla chetichella un buon risultato di pubblico. The Eye 2 dei fratelli tailandesi Dannie e Oxide Pang è ancora una volta una storia di famiglie e di vite spezzate, uno sguardo veloce sotto il sudario della morte che inevitabilmente avvolge i destini degli sventurati personaggi. Con paranormale sempre in agguato dietro gli angoli, nelle stanze vuote e buie, la giovane protagonista di questo film si ritrova quasi morta per amore, scampando un suicidio, ma incinta di un pericoloso essere che in qualche modo le è entrato durante la degenza all’ospedale nella vagina. C’è qualcosa di meno originale? Siamo lontani anni luce dagli obbrobri passati sui nostri schermi come The Phone o alle occasioni mancate come The Call. Con i Pang si cerca di entrare fondamentalmente in territori inesplorati dove a monte di tanto sensazionalismo, andando oltre il thrilling e gli effetti speciali, ci rimane la struttura di un dramma che non è proprio di second’ordine. Il cinema asiatico non sarà troppo entusiasmante sulla lunga distanza, ma è sicuramente solido e prima o poi i suoi autori riusciranno nella grande impresa: a disintegrare anche quello spocchioso generalizzare che tipico più di certi critici che degli spettatori, riuscendo a fare ben distinguere le nazioni d’origine di ogni singola pellicola. Bisognerebbe di certo, però, discernere ciò che gravita attorno ad un’importazione piuttosto che attribuire tutti i meriti all’onda del successo dei remake. Qualcuno inizia a stancarsi di film in cui c’è in solito spettro in camicia da notte e lunghi capelli neri, di bambini dai tratti mostruosi o di telefoni in linea con l’aldilà. Assolutamente la carica metafisica tutta orientale non si deve disperdere con le sequenze parallele da thriller psicologico, non si deve contaminare lasciandosi andare ad un reverenziale omaggio/citazione ai must occidentali del terrore. La commistione tra culture non giova a chi si trova a girare un film con una produzione attenta a non scontentare un pubblico plagiato da anni ed anni di teen horror in stile “tardo Wes Craven”. Le due sequenza iniziali dei The Ring made in Usa somigliano, con buona pace di quella timida ma perfetta dell’originale nipponico Ringu, alquanto a quella celebre del primo Scream. La grande scommessa del cinema asiatico sarà quella di rinnovarsi proprio adesso che si è accaparrato un suo personale pubblico, forse nel segno proprio di Nakata, dei rifacimenti di suoi successi come Dark Water. Americani permettendo. Sperando che a noi, amanti del cinema puro senza filtri culturali e censura, ci sia concesso di vedere gli originali almeno per l’home video o distribuiti nelle nostre sale da un coraggioso distributore che però non infarcisca, come fa stupidamente la Eagle, i trailer di inutili paragoni con altre pellicole o pesanti dichiarazioni di effimere testate.

[aprile 2005]

Regia: Danny e Oxide Pang. Sceneggiatura: Jo Jo Yuet-chun Hui, Lawrence Cheng. Montaggio: Danny e Oxide Pang. Interpreti: Eugenia Yuan, Oi Shu, Jesdaporn Pholdee. Produzione: Peter Chan, Danny Pang, Jo Jo Yuet-chun Hui, Lawrence Cheng, Nonzee Nimibut

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