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The handmaid’s tale (Stagione 3) - Teste di Serie

Pubblicato il 21 agosto 2019 da Stefano Colagiovanni
VOTO:


The handmaid's tale (Stagione 3) - Teste di Serie

«Li osserveremo, gli uomini. Li studieremo. Li nutriremo. Li asseconderemo. Potremmo renderli forti o deboli. Li conosceremo sotto ogni aspetto. Conosceremo i loro peggiori incubi. E con un pò di pratica è questo che diventeremo: incubi. E un giorno, quando saremo pronte, verremo a prendervi».
(June)

Il sacro fuoco della rivoluzione

Dopo due rocciose stagioni, durante le quali ci é stato presentato quell’inferno in terra chiamato Gilead, scatta l’ora della vera rivoluzione in casa The handmaid’s tale. La terza stagione della serie distopica ideata per il piccolo schermo da Bruce Miller e ispirata ai romanzi di Margaret Atwood é più June-centrica che mai, pensata e sviluppata per dare risalto e spessore all’indispensabile – e doveroso – cambiamento psicologico ed emotivo della sua sfrontata e coraggiosa protagonista: sempre più ai ferri corti con i coniugi Waterford, June (Elisabeth Moss, ancora sugli scudi, sempre più attrice di elevatissime capacità) viene affidata a un nuovo comandante, Joseph Lawrence (Bradley Whitford, a tratti serafico, ma ambiguo e tormentato), che già era stato indispensabile per la fuga verso il Canada di Emily/Diglen (Alexis Bledel); nella nuova casa, June stringe un legame particolare con i suoi nuovi padroni, ma il percorso che é costretta a compiere la riguarda intimamente, un’impervia e schizofrenica trasformazione nella leader – a tratti imprevedibile – destinata a guidare la ribellione delle donne prigioniere a Gilead, per distruggere la nazione-prigione dall’interno.

Episodio dopo episodio, la terza stagione di The handmaid’s tale svela i piani di Miller, nemmeno tanto velati: spingere June verso un cambiamento così radicale, fino a mettere in discussione perfino la sua indole di gentile e cauta leader. Non c’è più spazio per futili speranze in questa terza stagione, né per tergiversare in attesa che qualcosa cambi, come per miracolo; June capisce che per smantellare la mortifera giostra di Gilead, é necessario accantonare l’altruismo gratuito e la pacatezza, quindi mentire per assecondare, sussurrare per illudere, uccidere per salvarsi. Così come il governo canadese si rivelerà spietato e doppiogiochista con i coniugi Waterford, June non avrà pietà per i suoi aguzzini: questo cambiamento radicale, spronato da una serie quasi infinita di primissimi piani a fine episodio di una June machiavellica e bramosa di furiosa vendetta, rappresenta la salvezza stessa della serie, altresì destinata ad ancorarsi contro secche già calcate, col rischio di riproporre una sequela di situazioni già masticate, digerite e assimilate.

The handmaid’s tale resta uno dei prodotti migliori sulla piazza seriale negli ultimi anni, sia per la partecipazione di un cast più che capace di restituire le brutture e le atmosfere nichiliste di un contesto brutale e, a suo modo, selvaggio, sia per le minute, ma urticanti somiglianze con gli accadimenti di cronaca che, dal caso Weinstein in poi, fino alla nascita del movimento femminista #MeeToo, hanno occupato senza sosta la nostra quotidianità; chiaramente ciò che si vede in The handmaid’s tale si spinge eccessivamente più in là e mai ci apparterrà, ma la dovizia e l’alta qualità che la contraddistingue hanno in un certo senso amplificato la ricezione da parte dello spettatore. Ecco perché, in questa terza stagione più che mai, era necessario smuovere le acque, quantomeno mettere in scena un cambiamento drastico: ben venga che sia June a beneficiarne per prima, così come, a conti fatti, risulta efficace la scelta di puntare i riflettori sul comandante Lawrence, autentico personaggio spartiacque, mattoncino fragile alla base della casa-Gilead, destinato a sgretolarsi, contribuendo alla caduta del regime assassino.

Non era semplice accrescere ritmi e tempistiche narrative, così come non era scontato ritrovarsi di fronte a una situazione quasi completamente capovolta: Miller costruisce la migliore stagione della serie osando senza sfociare nel surreale, colpendo con precisione il ferro caldo della rivoluzione, coronando il suo gioiello con un pizzico di indispensabile e doverosa follia: June dichiara guerra aperta agli uomini e alle azioni malvagie da loro compiute, ma come si rapporterà con coloro - chiaramente di sesso maschile - che la aspettano o lottano per la caduta di Gilead. Leader solitaria di un racconto – ora si – di annichilente formazione, June e il suo prossimo futuro sono tutto da scrivere e scoprire; The handmaid’s tale, dal canto suo, ha dimostrato di sapersi evolvere con lucidità e brillantezza. Con la speranza che riesca a deflagrare in un’eruzione di mefistofelico e smagliante tripudio di ribellione. Come si addice alle grandi rivoluzioni.


(The handmaid’s tale); genere: drammatico; showrunner: Bruce Miller; stagioni: 3 (rinnovata); episodi terza stagione: 13; interpreti: Elisabeth Moss, Joseph Fiennes, Yvonne Strahovski, Alexis Bledel, Madeline Brewer, Ann Dowd, O. T. Fagbenle, Max Minghella, Samira Wiley, Amanda Brugel, Bradley Whitford, Elizabeth Reaser, Christopher Meloni, Sam Jaeger; produzione: MGM Television, Gilead Productions; network: Hulu (U.S.A., 5 giugno-14 agosto 2019), TimVision (Italia, 6 giugno-14 agosto 2019); origine: U.S.A., 2019; durata: 60’ per episodio; episodio cult terza stagione: 3x12 - Sacrifice (3x12 - Sacrificio)


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