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The haunting of Bly Manor (Stagione 2) - Teste di Serie

Pubblicato il 19 ottobre 2020 da Stefano Colagiovanni
VOTO:


The haunting of Bly Manor (Stagione 2) - Teste di Serie

VITE INTERROTTE

Tutti noi abbiamo almeno una storia da raccontare. E, a volte, accade che la storia - o la vita - di qualcun altro si avvicini così tanto a noi, da costringerci a diventarne parte.

È quanto accade in The haunting of Bly Manor, seconda stagione della serie antologica ideata, scritta e diretta da Mark Flanagan per Netflix: quando la giovane Dani (interpretata da una splendente Victoria Pedretti) raggiunge Bly per “entrare a far parte della famiglia Wingrave” come istitutrice dei fratellini Miles e Flora (superlative le performance dei giovani Benjamin Evan Ainsworth e Amelia Bea Smith), veniamo introdotti in un ambiente solo apparentemente sereno e pacato, perché le vicende della famiglia Wingrave nascondono capitoli di un passato amaro e fuorviante.

Ma tutta la storia narrata in questa nuova stagione della serie The haunting è, spesso, fuorviante, a cominciare dal folto background dal quale spuntano fuori le figure spettrali di giovani donne, madri e amanti, che coincidono, ovviamente, con l’elemento orrorifico scelto da Flanagan.
Ma quella di Bly Manor non è, a ragion del vero, una storia che mira esclusivamente a spaventarci. Dietro le tragiche morti di esistenze incompiute, soffocate dal dolore per non avere più il modo o il tempo materiale per confrontarsi con ciò che si ha o ciò che si sta perdendo, restano personaggi vividi e, a loro modo, irrequieti, costretti a vivere il dramma di una quotidianità insoddisfacente.
Così Flanagan mette in scena una campagna londinese dai toni pastellati, in cui prevalgono colori autunnali e un’atmosfera sospesa, quasi fiabesca. Gli elementi per un horror introspettivo ci sono tutti: un maniero – quello il pezzo forte della serie -, personaggi che scivolano lungo i corridoi del maniero di Bly come ombre dubbiose, echi di passati violenti e perfino una casa delle bambole. Ma se Bly Manor riesce a instillare una quiete perturbante, grazie a una regia dilatata quasi all’eccesso, lasciando scoperto quel nervo pronto a saltare alla più piccola a (im)prevista apparizione spettrale, il gran lavoro di Flanagn assume ampiezza e il giusto respiro grazie alla scelta di posticipare lo svelamento dell’arcano “movente del maniero”, seguendo di pari passo i progressi narrativi dei personaggi. E non c’è verità più attraente di una scoperta tanto attesa, quanto anche minimamente intuita.

Allo stesso tempo, Flanagan si inoltra in un labirinto di vite e morti, al centro del quale ci sono i corpi passionali e i desideri ardenti di genitori e amanti; ruoli che si intersecano e pongono l’accento sulla mortalità dell’uomo, sull’impossibilità di condividere amore e riceverne per tutto il tempo che si vuole. Così, nella seconda stagione di The haunting, il tempo torna al centro di tutto, insostituibile e spietato demiurgo della caducità umana, che mette in risalto e in contrasto affetti che sono, a loro modo, liberi dalla prigionia stessa del tempo, perché in grado di spingere la vita – e il corpo mortale – oltre la morte. Ma il tempo che ognuno di noi ha a sua disposizione in vita, ci dice Flanagan, è tutto ciò che conta: al termine delle nostre esistenze, esistono solo rimorso e fredda attesa, mentre il calore svanisce e, con se, forse, anche i ricordi.
Non c’è da aver paura di mostri o fantasmi in Bly Manor – almeno, non interamente -, ma della nostra condizione di fragili creature con tanti legami da curare e poco tempo a nostra disposizione. Indipendentemente dalle nostre scelte, giuste o sbagliate che siano.

Grazie a un montaggio che diventa man mano sempre più sincopato, Flanagan riesce con maestria a tessere un arazzo stratificato, inducendoci verso un lungo percorso di analisi del profilmico, che vale anche per noi stessi. Bly Manor è un pregevole racconto introspettivo che tenta con successo di valorizzare l’importanza degli affetti e la necessità di coltivarne; un dramma collettivo, che riesce a sfruttare i pochi ma sufficienti elementi orrorifici per alimentare e, a suo modo, rendere ancor più spettacolare e crudele l’imprevedibilità della nostra quotidianità. Perchè al cuore non si comanda. Anche la morte lo sa.


(The haunting of Bly Manor); genere: drammatico, horror; showrunner: Mike Flanagan; stagioni: 2/antologica (in attesa di rinnovo); episodi seconda stagione: 9; interpreti principali: Victoria Pedretti, Oliver Jackson-Cohen, Amelia Eve, T’Nia Miller, Rahul Kohli, Tahirah Sharif, Amelia Bea Smith, Benjamin Evan Ainsworth, Henry Thomas, Kate Siegel, Catherine Parker; produzione: Amblin Television, Paramount Television, Intrepid Pictures; network: Netflix (9 ottobre 2020); origine: U.S.A., 2020; durata: 60’ per episodio; episodio cult: 2x08 - The Romance of certain old clothes (2x08 - La romanzesca storia di certi vecchi vestiti)


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