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The leftovers (seconda stagione) - Teste di Serie

Pubblicato il 20 dicembre 2015 da Stefano Colagiovanni
VOTO:


The leftovers (seconda stagione) - Teste di Serie

Non dev’essere affatto facile per uno come Damon Lindelof adagiarsi sugli allori. Ritrovarsi, di punto in bianco, a essere elogiato, tanto quanto bistrattato, per aver contribuito a creare una pietra miliare della serializzazione televisiva moderna come Lost (fatavene una ragione, perchè al di là dei gusti, è impensabile sottovalutare l’impatto che Lost ha avuto nella cultura pop dell’ultimo decennio), ha reso Damon Lindelof un autore amato e odiato dalle masse, a volte perfino temuto, ma dotato di un coraggio che lo spinge a passeggiare lungo ripidi sentieri, verso vette solo immaginate, col rischio di precipitare nell’abisso al minimo passo falso. E solo per questo, andrebbe premiato.

Rilanciatosi nel 2014 con la prima stagione di The leftovers, scritta a quattro mani con Tom Perrotta (autore del romanzo da cui si ispira), il coraggio di Lindelof è stato premiato con una seconda stagione, costretto dalla produzione a seguire dettami ben precisi: mandare avanti un intreccio criptico e soggetto a diversi livelli di interpretazione (la trama dispiegata durante la prima stagione ricopre interamente gli eventi narrati nel romanzo di Perrotta, così per la seconda stagione gli eventi riprendono corso sfruttando idee originali) e cercare di non snaturare il prodotto, non privandolo di quell’essenza metafisica tanto cara a Lost, in grado di attirare i fan “in astinenza da isola”, senza però restare impanatati in una palude di surreale drammaticità e confusione.

Così riparte la seconda stagione di The leftovers, senza dispersivi salti temporali, alla ricerca di una dinamicità salvifica. Dopo aver chiuso i conti con Patti Levin (Ann Dowd), leader dei Colpevoli Sopravvissuti, Kevin Garvey (Justin Theroux) trasloca con la compagna Nora (Carrie Coon), sua figlia Jill (Margeret Qualley) e la neonata trovata abbandonata sul portico di casa, verso Jarden, in Texas. Folle di curiosi e impauriti migrano giorno dopo giorno verso questa cittadina, famosa per essere l’unica a non aver subito dipartite il 14 ottobre 2012, giorno in cui il 2% della popolazione mondiale sparì nel nulla, senza lasciare traccia. Anche il pastore Matt Jamison (Christopher Eccleston) e sua moglie Mary (Janel Moloney), ancora in stato vegetativo, giungono a Jarden, con la speranza che questo luogo sia fondamentale affinchè Mary stessa possa uscire dalla catatonia in cui versa. Ma per quanto possa far gridare al miracolo, il piccolo universo degli abitanti di Jarden dovrà far presto i conti con l’isteria di massa di chi resta confinato al di fuori, in un campo popolato da invasati e falsi profeti, desiderosi di entrare a ogni costo, e con l’incombente minaccia dell’arrivo dei Colpevoli Sopravvissuti, capeggiati da Meg Abbott (Liv Tyler), decisa a disintegrare la cupola di serenità che protegge Jarden, assieme all’ipocrisia e all’insensibilità sotto cui si nascondono i suoi abitanti.

Se la prima stagione aveva lasciato in eredità molti dubbi e una manciata di spiegazioni, sin dal primo approccio con questa seconda stagione, si capisce quanto Lindelof e Perrotta abbiano intenzione di fare sul serio: a partire dalla nuova sigla d’apertura (una carrellata di istantanee di persone “affiancate” da sagome vuote, accompagnate dalla gioviale voce della cantante folk Iris DeMent mentre canta Let the mistery be); un prologo quanto mai criptico, che ci riporta indietro nel tempo, in età preistorica, per assistere alla tragica morte di una donna delle caverne che, per salvare la vita a un neonato, muore uccisa dal veleno di un serpente; un cambio radicale d’ambientazione, a testimonianza della chiusura di un capitolo, assecondando l’esigenza di doverne aprire uno tutto nuovo.

E’ ancora una volta Kevin Garvey il motore che muove l’intera opera di Lindelof e Perrotta, personaggio in balìa di eventi incomprensibili: Patti Levin è morta, ma sembra aver trovato il modo di continuare a tormentare Kevin, una scheggia di coscienza impazzita che non da tregua all’ex capo della polizia di Mapleton, visione persistente di un mondo sul baratro della rovina, un demone esistenziale con il quale Kevin dovrà chiudere i conti per non cedere alla follia. Grazie a questo espediente narrativo, la tensione drammatica sgorga come acqua gelida dalla fonte, sommergendo il protagonista, spingendolo in fondo, verso un abisso di deliri e allucinazioni. Una scelta pertinente con la crescita introspettiva del personaggio, mascherato da antieroe, in realtà vittima, come tutti i comprimari, del caos e di un generale sentore di depressione.
Una battaglia interiore a cui Kevin non può sottrarsi, che viene alimentata come benzina su fuoco dalla minaccia dei Colpevoli Supravvissuti che, in questa seconda stagione, trascendono il macchiettistico ruolo di “disturbatori” impersonato nel corso della prima stagione, acquisendo un ruolo chiave nel dispiegamento della trama, seppure ambiguo: sono davvero loro i “cattivi”, o le loro azioni trovano giustificazione nel tentativo di sradicare l’ipocrisia, l’arroganza e l’insensibilità dall’animo di una comunità che non ha conosciuto il dolore causato dalle misteriose dipartite? E’ lampante l’intento di Lindelof e Perrotta di sviare dalla mera rappresentazione fittizia, costruendo uno show che, ancorato a quegli elementi di mistero e vacuità che trasportano lo spettatore all’interno di un piccolo universo dove metafisica, religione e dramma esistenziale combaciano alla perfezione, si veste di una modernità quasi sacrale.

Ne traggono giovamento tutti i personaggi (alcuni decisamente sopra le righe, primo su tutti il buon Matt Jamison, interpretato da uno straordinario Christopher Eccleston), legati gli uni agli altri da atteggiamenti di indifferenza, amore, odio, invidia, speranza e disillusione. Compagni o rivali, vengono condotti verso un finale apparentemente risolutivo (lo show è stato confermato per una terza e ultima stagione), ma al contempo aperto ed enigmatico: probabilmente, il miglior finale possibile per questa seconda stagione.
Ora non resta che trovare la giusta cuadratura del cerchio. In Lindelof e Perrotta va riposta piena fiducia. Perchè anche se dovesse concludersi in sole tre stagioni, The leftovers potrà non eguagliare la sublimazione catartica raggiunta da Lost, ma è già pronta per essere considerata un’opera cult.


(The leftovers); genere: mistery, drammatico ; sceneggiatura: Damon Lindelof, Tom Perrotta; stagioni: 2 (in corso); episodi seconda stagione: 10; interpreti: Justin Theroux, Carrie Coon, Christopher Eccleston, Amy Brenneman, Margeret Qualley, Ann Dowd, Chris Zylka, Janel Maloney, Kevin Carroll, Regina King, Jasmin Savoy Brown, Jovan Adepo; musica: Max Richter; produzione: Warner Bros., White Rabbit, Film 44; network: HBO (U.S.A., 4 ottobre-6 dicembre 2015), Sky Atlantic (Italia, 27 ottobre-15 dicembre 2015); origine: U.S.A., 2014-2015; durata: 60’ per episodio; episodio cult seconda stagione: 2x08 – Assassino internazionale (International assassin)


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