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The OA (Stagione 2) - Teste di Serie

Pubblicato il 20 aprile 2019 da Stefano Colagiovanni
VOTO:


The OA (Stagione 2) - Teste di Serie

Altri mondi, stesse vite

Il conturbante e controverso finale della prima stagione di The OA ci aveva lasciato con il fiato sospeso e il naso all’insù: una fuga rocambolesca, un attentato in un liceo di provincia sventato grazie all’intervento più mistico che tempistico di Prairie (Brit Marling) e dei suoi amici, un salto nell’ignoto, chissà dove, chissà quando. Insieme all’emozione di avere davanti agli occhi una serie in grado di poter avvalorare e sviluppare con accuratezza un sottotesto drammatico, messo in scena con una perturbante veste sovrannaturale, ideale per caricare lo show con elementi presi in prestito dalla fantascienza (le altre dimensioni, la telepatia, studi scientifici estremi) e dal thriller psicologico (il tutto passa attraverso un rapimento, sviscerato con un rapporto tra carceriere e prigioniero a tratti ambiguo), quindi dal mistery.

Brit Marling e Zal Batmanglij, i due showrunner della serie targata Netflix, hanno dimostrato di possedere una vena creativa florida e ficcante nel corso della tessitura della prima stagione, anche se, per colpa di un finale eccessivamente sovraccarico di spunti contraddittori, messi lì per confondere volontariamente le esperienze diegetiche e degli spettatori, la prima stagione di The OA ha lasciato dietro di sé alcuni strascichi narrativi. La seconda stagione ne soffre a sua volta, come se fosse in debito nel dover procurare uno sconvolgimento sensoriale dello spettatore nello scioglimento dovuto di fine stagione.

Bene, il salto dimensionale di Prairie è stato davvero compiuto e ora la ragazza si ritrova nel corpo di una coetanea Nina Azarova – che lei stessa asseriva di essere, prima di venire adottata dai genitori americani -, cresciuta nella sua vita di figlia di una potente famiglia mafiosa russa; Nina/Prairie si imbatte nel detective privato Karim Washingotn (Kingsley Ben-Adir), alla ricerca di una ragazza scomparsa e caduta vittima di un gioco virtuale misterioso, progettato come una sorta di caccia al tesoro a tratti indecifrabile. Mentre “dall’altra parte”, Steve (Patrick Gibson) e gli altri componenti della cerchia di Prairie si mettono in viaggio alla ricerca dell’amica scomparsa, in un processo di continua crescita e conoscenza di loro stessi, oppressi da un persistente dubbio sulla veridicità delle parole della stessa Prairie. Nel frattempo Nina/Prairie entra in contatto con la versione “alterata” di Hap (Jason Isaac), che ha memoria del loro passato, e con l’amato Homer (Emory Cohen), ora conosciuto soltanto come il dottor Roberts, alle dipendenze del dottor “Hap” Percy.

Mettendo da parte sotterfugi e metafore, Brit Marling e Zal Batmanglij svelano l’arcano che inglobava la figura della loro protagonista, accreditando a questa seconda stagione di The OA l’etichetta di genere: lo show è un prodotto di pura fantascienza, essendo Prairie una medium, capace di entrare in contatto con la Natura stessa; quindi ci sarà spazio per altri misteri, per stralci di narrazione di formazione e per sottotrame in cui la detection necessita del coinvolgimento dello spettatore per poter rendere ancora più immersiva e soddisfacente la partecipazione alla visione.

Gli showrunner sono abili a ribaltare la struttura narrativa sviluppata nel corso della prima stagione: stavolta è Prairie che insegue il suo carceriere, stavolta sono Steve e i ragazzi che inseguono la loro amica scomparsa, stavolta è l’azione a condurre verso la catarsi. Ma il gioco articolato conduce ancora una volta verso un finale sregolato e narcisista: i protagonisti si immergono in un nuovo salto, che sfocia in un teatrino metacinematografico, con i personaggi costretti a giocare il ruolo degli attori che danno loro voce e corpo; di nuovo al punto di partenza, il finale della seconda stagione di The OA riesce a vanificare parzialmente quanto di coinvolgente costruito nel corso di questi nuovi otto episodi, ancor più liberi di quella carica emotiva trattenuta, prima di deflagrare in pathos, che riesce sempre a rallentare un po’ lo svolgimento.

Volendo osare, non si tratta di un caso di scrittura circolare – che può sortire effetti più che positivi, se impostata in accezione diegetica, come accaduto per la terza stagione di Twin Peaks [I] [II], per citare un esempio di scrittura inarrivabile -, ma un’autentica rimasticazione di quanto visto al tramonto della prima stagione, quasi a volerne richiamare – soprattutto nello spettatore – quel senso di meraviglia e attesa, purtroppo già proposto e, quindi, ampiamente abusato.

Dove vuol portarci The OA? Perché provare a confondere di nuovo le idee, anziché immergersi completamente nella meraviglia della scoperta? Certo, si può e si deve ancora trattenre il fiato, con la speranza che il prossimo – plausibile – capitolo dello show non si riveli un estenuante salto nel vuoto…


(The OA); genere: fantascienza, mistery, thriller; showrunner: Brit Marling, Zal Batmanglij; stagioni: 2 (in attesa di rinnovo); episodi seconda stagione: 8; interpreti: Brit Marling, Emory Cohen, Scott Wilson, Phyllis Smith, Alice Krige, Patrick Gibson, Brendan Meyer, Brandon Perea, Ian Alexander, Jason Isaacs, Will Brill, Sharon Van Etten, Paz Vega, Chloe Levine, Kingsley Ben-Adir; produzione: Plan B Entertainment, Anonymous Content; network: Netflix (U.S.A., 22 marzo 2019), Netflix (Italia, 22 marzo 2019); origine: U.S.A., 2019; durata: 60’ per episodio; episodio cult seconda stagione: 2x05 - The medium & the engineer (2x05 - La medium e l’ingegnere)


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