The One Man Beatles - Cercando Emitt Rhodes - Roma 2009 - Extra

A cavallo tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta Emitt Rhodes era un giovane cantautore con tutte le credenziali per avere successo nel panorama musicale americano. Bello e talentuoso, dalla voce incredibilmente somigliante a quella del baronetto Paul Mc Cartney, Rhodes sembrava l’anello di congiunzione tra le melodie british dei Beatles e i folk singer alla James Taylor e Joni Mitchell.
Eppure, Emitt Rhodes è scomparso. Una dipartita improvvisa dalla scena musicale che da una parte l’ha destinato all’oblio delle future generazioni e dall’altra alla mitologia costruita attorno alla sua figura, che ha visto fiorire numerose leggende urbane relative alla sua vita privata (c’è chi giura “è diventato un gelataio”) fino alla negazione della sua reale esistenza artistica: una teoria diffusa lo voleva nome di fantasia sotto il quale far uscire gli inediti beatlesiani (tesi di certo affascinante ma fallace: citare il nome dei Beatles avrebbe garantito assai più vendite dal punto di vista commerciale).
Cosimo Messeri, accompagnato dal suo giovane produttore Edoardo Scarantino, dopo essere rimasto folgorato dalle sonorità dello sconosciuto songwriter si è documentato scoprendo questa insolita e affascinante figura d’artista e ha deciso di mettersi sulle sue tracce, ricostruendo la parabola artistica ed esistenziale di un autore quanto mai apprezzabile, ingiustamente condannato a un oblio mediatico.
L’incipit di The One Man Beatles – Cercando Emitt Rhodes può però lasciare perplessi, soprattutto se si ha presente un furbetto documentario di qualche anno fa, Stanley and us, diario di bordo londinese di un gruppetto di cinefili sulle orme di Stanley Kubrick, di ben poca sostanza.
I primi momenti del documentario di Cosimo Messeri rievocano quelle atmosfere per poi, fortunatamente, metterle presto da parte. The One Man Beatles evita abilmente, infatti, certe trappole del documentario contemporaneo che mette in scena più l’intervistatore del soggetto da sviscerare, e lo fa in virtù di un’adesione prima di tutto emotiva al tema trattato.
La quest condotta da questo duo di giovani filmmaker italiani alla ricerca del cantautore scomparso dalle scene lascia subito spazio alla figura di Rhodes che emerge come un personaggio estremamente ricco, vettore attraverso cui tracciare non solo un ritratto musicale, ma in grado di offrire uno spaccato sui tanti volti dell’America, paese così eterogeneo da rendere quasi impossibile il parlarne in termini unitari. Infatti, il percorso esistenziale di Rhodes è una perfetta “storia americana”: la sua emblematicità è tale da lasciar avvicinare la realtà alla finzione, il documentario al film a soggetto.
L’uomo vero Emitt Rhodes appare come un possibile alter ego del singolare protagonista del My son My son What Have Ye Done herzoghiano, personaggio incompreso rintanato nella villetta di fronte a quella materna; di un un Dude Lebowski, ultracinquantenne imbolsito, considerato un loser dal Sistema – è la prima cosa che dice di sé: sono povero – auto confinato nel suo garage a produrre musica per sé e pochi amici eletti, le cui uniche sortite nel mondo esterno sembrano essere quelle alla tavola calda di Decatur, la cittadina dell’Illinois dove è nato e ancora vive.
Ma gli alter ego si moltiplicano, da quello di Orson Welles della musica – incapace di scendere a patti con l’industria, e rinunciando all’arte di massa – a quello di un altro gigantesco personaggio della scorsa stagione, il wrestler dell’omonimo film, interpretato dal ritrovato Mickey Rourke, che affronta la poetica del loser su un doppio piano, diegetico e metanarrativo, in cui la figura dell’interprete si rispecchia nella storia vissuta dal suo personaggio, offrendo il vibrante ritratto umano di un revenant carico di vitalità repressa e in ciò stesso brutalmente malinconico.
The One Man Beatles sprigiona a tratti la stessa profonda malinconia del film di Aronofsky, affondando negli sguardi adombrati di stanchezza di Rhodes, nel racconto tronco della sua avventura musicale, nostalgico come tutte le cose che “potevano essere e non sono state”.
Accostando le dichiarazioni dello stesso protagonista alla ricostruzione del suo percorso umano e artistico, dagli esordi decisamente beatlesiani con i Merry-Go-Round ai lavori solisti, attraverso le dichiarazioni di amici, ex collaboratori, fan di lusso – tra cui le scosciatissime Bangles, che di un brano di Rhodes hanno anche realizzato una cover – Cosimo Messeri riesce a penetrare la cortina di ferro che Emitt Rhodes ha costruito attorno a sé in questi anni di silenzio assoluto e a far parlare una delle voci inascoltate non solo del panorama musicale, ma anche di quell’America sepolta nella sua provincia, impenetrabile dall’universo mediatico, cinematografico e televisivo.
Regia e soggetto: Cosimo Messeri; fotografia: Roberto Meddi; montaggio: Cristiano Travaglioli; musica: Emitt Rhodes; produttori: Edoardo Scarantino, Angelo Barbagallo, Carlo Mazzacurati, Tony Blass, Janis Ashley;origine: Italia, 2009; durata: 52’
