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Roma 2015 - The whispering star

Pubblicato il 17 ottobre 2015 da Stefano Colagiovanni


Roma 2015 - The whispering star

In che modo un essere umano si distingue da un robot, un androide o più semplicemente da un entità artificiale? Secondo il regista giapponese Sion Sono, la soluzione più elementare non può che essere una sola: la memoria. The whispering star, presentato alla decima edizione della Festa del Cinema di Roma, illustra con piglio autoriale questa divergenza: la pellicola di Sono è un’autentica elegia alla memoria umana, un viaggio tra le stelle e le galassie, fisiche e spirituali, mondi lontani concepiti come metafore di due punti di vista completamente differenti ma, non per questo, non compatibili e non sovrapponibili, come quelli degli uomini e dei robot.

Il viaggio interstellare dell’androide Yoko Suzuki (Megumi Kagurazaka) la conduce verso pianeti popolati da sparuti esseri umani sopravvissuti alle disgrazie perpetrate per loro colpe sull’amata Terra (Fukushima docet); Yoko è un fattorino, impegnato nella consegna di pacchi dal contenuto a prima vista misero e insignificante (un cappello, una farfalla, un frammento di pellicola, dei vestiti anonimi…), ma questi oggetti sono impregnati di un valore simbolico, che li rende unici e insostituibili: rappresentano stralci di memoria, di vita vissuta dei loro proprietari, ninnoli abbandonati sulla Terra devastata. Yoko affronta con naturalezza i viaggi per cui è stata programmata, ma non con indifferenza: trascorre il tempo sulla nave spaziale pulendo, preparando il tè, vestendosi ogni giorno, contando i giorni stessi che paiono trascorrere tutti allo stesso modo e sono questi atteggiamenti che la spingono ad assomigliare inverosimilmente a un essere umano. Ma Yoko è un androide e per quanto possa sforzarsi per emulare gesti, abitudini o inclinazioni di un essere umano, non sarà mai in grado di sostituirne uno nell’infinito mosaico dell’universo fisico, per una ragione semplicissima: la memoria, come i sentimenti, non possono essere ricreati artificialmente, sono unici, come ogni essere vivente resta unico nel suo genere.

Il racconto fantascientifico di Sion Sono, interamente presentato in bianco e nero (tranne che per un breve scorcio in un campo quasi totale), rifugio stilistico sfruttato per circoscrivere l’essenza artificiale e il punto di vista del protagonista androide, struttura la narrazione attraverso il lento e ripetitivo alternarsi di giorni, settimane e anni, offrendo differenti chiavi di lettura: da un lato viene messo in risalto il rapporto tra Yoko, personaggio creato in modo speculare nei confronti del genere umano che tenta come può di emulare e surclassare quest’ultimo, e il computer di bordo, 6-7 MAH Em, macchina più elementare, ma non per questo immune dagli effetti debilitanti del trascorrere del tempo (a livello prettamente umorale), che pare sforzarsi di intrattenere un rapporto paritario con il suo “simile” compagno di viaggio, ma limitato nel comprendere la complessità emotiva che Yoko tenta di emulare; dall’altro lato, non si può restare indifferenti alle difficoltà e all’incapacità (iniziale) di Yoko di comprendere del tutto i procedimenti cognitivi propri degli esseri umani, individui sia autolesionisti, sia dotati di un corpo emotivo instabile e stravagante (perché, si chiede l’androide, gli uomini preferiscono attendere anni per ricevere in consegna un pacco, quando potrebbero usufruire del teletrasporto fruibile in ogni abitazione?); infine, la struttura narrativa del film si regge sul modello-metafora del viaggio come espressione di spostamento/mutamento ed evoluzione spirituale.

Sion Sono si pone l’obiettivo (riuscendoci a pieno) di rallentare il dispiegamento narrativo, quasi del tutto privo di climax, per rendere “tangibile”, concreta, l’attesa che il viaggio comporta, sia dal punto di visto degli umani, sia da quello dell’androide Yoko. Il motivo è semplice e rappresenta soprattutto il fine ultimo della pellicola, il suo fulcro simbolico: sono le piccole cose a fare la differenza, i dettagli, quelli che per gli altri appaiono insignificanti, ma per chi ne sa assaporare il gusto diventano imprescindibili, anche a distanza di anni, anche a milioni di chilometri di distanza; sono questi dettagli a costituire le fondamenta della nostra memoria. Bisogna saper aspettare e, alla fine, ricordare e grazie al ricordo provare amore, stupore, tristezza. La memoria e i ricordi ci rendono quelli che siamo. Esseri umani. Nonostante gli errori che gli uomini sono in grado di commettere (e colpevolmente ripetere), perfino le macchine avvertiranno il bisogno di emulare la straordinaria imperfezione e l’imprevedibilità dell’animo umano.


CAST & CREDITS

(The whispering star); Regia: Sion Sono; sceneggiatura: Sion Sono; fotografia: Hideo Yamamoto; montaggio: Takeshi Shimizu; musica: Hajime Komiya; interpreti: Megumi Kagurazaka, Kenji Endo, Yuto Ikeda, Kouko Mori; origine: Giappone, 2015; durata: 100’; Proposta di voto: 4


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