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Tinta bruta

Pubblicato il 18 febbraio 2018 da Matteo Galli

VOTO:

Tinta bruta

Tinta bruta, il secondo lungometraggio della coppia di registi brasiliani Filipe Matzembacher e Marcio Reolon (poco più di 60 anni in due) è costruito in tre capitoli sul piano drammaturgico un po’ tirati per i capelli, che recano ciascuno il nome dei tre personaggi principali, due fratelli Luiza (primo capitolo) e Pedro (terzo capitolo), e il - dapprima -concorrente, poi amante di Pedro che si chiama Leo (secondo capitolo). Al di là della ripartizione, infatti, l’assoluto protagonista del film è Pedro, in arte GarotoNeon, che vuol dire “ragazzo neon”, i sottotitoli inglesi lo hanno ben ribattezzato con NeonBoy. Pedro è un ragazzo sui vent’anni con evidenti problemi di socializzazione, isolato del mondo e, apprendiamo in seguito, regolarmente bullizzato dai compagni di scuola. Una reazione inconsulta ed estrema all’ennesimo episodio di bullizzazione lo ha portato a fare i conti con la giustizia, tanto che è in attesa di processo. Vive con la sorella (che però ben presto si trasferirà altrove uscendo definitivamente di scena) al piano alto di un casermone-prigione, squallido e trasandato, a Porto Alegre, con finestroni che affacciano su casermoni altrettanto squallidi, per tutto il film lo spettatore è portato a pensare che Pedro, presto o tardi, finirà per buttarsi di sotto. L’unica occupazione di Pedro che di casa esce il meno possibile - la sorella, quando se ne va, si raccomanda di farlo almeno per cinque minuti al giorno e lui, per cortesia, lo fa, ma mette il cronometro al cellulare: 4:59, 4:58, 4:57 – è di stare al computer in chat rooms mostrandosi seminudo e cospargendosi il corpo di strisce di colore alla luce di un neon che lo rende luminescente, donde attrarne qualcuno in particolare e farsi pagare prestazioni individuali, vivacchiando così, senza una meta, senza un progetto vero. Scopre casualmente che qualcuno lo imita e decide di conoscerlo, si tratta di Leo, uomo dolce e affettuoso, con progetti e le idee chiare: la diffidenza/concorrenza si trasforma in qualcosa d’altro, online-performance in due, prima, e da lì qualcosa come amore. Ma poi, è la condanna di Pedro (fin da bambino abbandonato dai genitori), anche Leo se ne va e Pedro resta solo, con una conclusione, controversa, ma che qualche speranziella sembrerebbe darla. La macchina da presa sta molto addosso ai personaggi, soprattutto al volto e al corpo magro di Pedro, l’attore (Shico Menegat) che vagamente assomiglia al calciatore Cavani riesce molto bene ad esprimere ansia, spavalderia, fragilità e dolcezza. Le non molte ma significative riprese di Porto Alegre, che è poi la città dalla quale i due registi provengono, descrivono un luogo inospite e poco umano, fatto di vialoni e di periferie degradate che non aiutano certamente Pedro. Qua e là qualche taglio non avrebbe guastato, il film dura quasi due ore, sono pochi i personaggi delineati, in fondo solo Leo a parte Pedro, poche le situazioni che allargano lo spettro complessivo della vicenda, ma, nel complesso, il film riesce a tenere alta la tensione, a far percepire lo spettatore la violenza psicologica e sociale sempre latente.


CAST & CREDITS

(Tinta bruta). Regia: Filipe Matzembacher e Marcio Reolon; sceneggiatura: Filipe Matzembacher e Marcio Reolon; fotografia:Glauco Firpo; montaggio: Germano de Oliveira; interpreti: Shico Menegat (Pedro), Bruno Fernandes (Leo), Guega Peixoto (Luiza); produzione: Avante Films, Porto Alegre; origine: Brasile 2018; durata: 118’.


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