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ULTIMA PALLOTTOLA

Pubblicato il 19 febbraio 2003 da Alessandro Borri


ULTIMA PALLOTTOLA

Dato che ormai l’horror italiano è morto e sepolto, e l’unico sopravvissuto rimasto a vagare nel deserto come Vincent Price per l’EUR in L’ultimo uomo sulla terra è Darione Argento, il più talentuoso epigono del maestro - Michele Soavi - dopo quattro film si è adattato all’ormai imperante dominio della fiction televisiva. Eccolo contribuire alla rinascita via piccolo schermo di un altro genere che segnò indelebilmente i nostri anni ’70 per poi spegnersi con la tragica dipartita del grande cinema popolare italiano (comico e commedia esclusi, va da se): quello che una volta si chiamava spregiativamente poliziottesco. Soavi nelle sue fiction (a parte la parentesi mistica del Francesco con Raul Bova) si è sempre ispirato a personaggi e fatti di cronaca la cui bruciante attualità non si è ancora raffreddata: dalle vicende del carabiniere Ultimo all’allucinante vicenda della Uno bianca fino al caso di Donato Bilancia, l’omicida seriale che portò il terrore nei treni liguri, nel caso di Ultima pallottola. Quest’ultimo tema (molto manipolato, ovviamente), gli consente di innestare sulle storie di polizia tanto in voga di questi tempi (santi e polizia, dappertutto: chissà perché...) le sue radici inestirpabili. Così le efficacissime scene di suspense ferroviaria si possono leggere come un dovuto omaggio all’Argento di Non ho sonno. E in tutta la struttura di caccia all’uomo è sottesa una solida conoscenza dell’ampia letteratura filmica sui serial killer, e non solo (quando si entra nel mondo delle bische, qualche richiamo a Casinò è inevitabile). Con la consueta, elegante visionarietà, Soavi conferisce all’impianto linguistico del suo sceneggiato una densità piuttosto rara per i piatti standard televisivi, tramite una complessa partitura di dolorosi flashback e brevi ralenti, sovrimpressioni evocative e montaggio serratissimo, non dimenticando di sfruttare la magia architettonica di Genova, tra le città italiane più telegeniche e meno sfruttate. Se dobbiamo indicare qualche difetto in un prodotto più che rispettabile, è soprattutto in certe convenzionalità troppo insistite a livello di scrittura (l’improbabile rapporto tra il capitano anti-mostro e il magistrato interpretato da Fabrizia Sacchi, ad esempio), e in un generalmente poco convinto apporto attoriale: se Carlo Cecchi interpreta alla grande, come sempre, Carlo Cecchi, Scarpati, Sacchi e Catania sembrano tutti un po’ sfasati, costretti dalla velocità dei ritmi da tv play a un’approssimazione a tratti fastidiosa.

[febbraio 2003]

Cast & credits:

regia: Michele Soavi; interpreti: Giulio Scarpati, Carlo Cecchi, Fabrizia Sacchi, Antonio Catania; origine: Italia 2003; trasmissione: Canale 5, 24-25 febbraio 2003.


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