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Ultimo. L’infiltrato

Pubblicato il 28 febbraio 2004 da Alessandro Izzi


Ultimo. L'infiltrato

Se l’Italia era patria di Santi, artisti e naviganti, la televisione italiana sembra non riuscire ad essere altro che patria di Fiction (comiche), polizieschi e Reality shows. E un poliziesco è questo ennessimo episodio della serie Ultimo (qui con l’esplicativo sottotitolo di L’infiltrato) sempre prodotto dalla premiata (d’ascolti) ditta Raoul Bova- Michele Soavi qui felicemente riunita nel fin troppo palese desiderio di doppiare il successo dei precedenti episodi. Certo non ci troviamo dalle parti del giallo garbato ed etnico di Montalbano, ma la Sicilia che fa da sfondo alla vicenda è la stessa, identico il sole impietoso che scava nelle pietre del passato arabo-greco-romano, molto simili la parlata e il mutismo dell’omertà. Ma se con Camilleri siamo dalle parti di Girgenti ed echi di Pirandello ingentiliscono il ritratto di un’isola fiera ed aspra come i suoi limoni, con Soavi veniamo incanalati più dalle parti di quel tratto di strada che unisce Capaci a Palermo: un frammento di isola tristemente famoso per i suoi delitti, i suoi attentati e le sue morti che ancora oggi ci fanno da monito. La distanza che separa Montalbano da Ultimo, in effetti, è come il lungo passo che separa la letteratura dalla cronaca, il romanzo dall’articolo di giornale con tutti i rischi e i pericoli che conseguono alla scelta di compiere un passo del genere. Laddove Camilleri gioca con i caratteri per produrre intriganti giochi delle parti, Soavi gioca invece di stereotipi con l’intenzione di attingere da un immaginario che, formatosi sulle colonne dei giornali ha trovato proprio nella televisione il suo veicolo principale. Il talentuoso regista (noto per non banali esordi horror) recupera, infatti, a piene mani tutti gli archetipi di cui abbisogna per comporre il suo racconto da certa cronaca di costume che è stata, col tempo, abbondantemente elevata al rango di leggenda proprio dal piccolo schermo dei TG e delle varie puntate di La piovra di cui Ultimo altro non è che una propaggine estrema. Fortunatamente Soavi è un autore notevolmente visionario, tutto intriso di un’iconografia ricca ed estremamente variegata, per cui anche se, da un punto di vista puramente narrativo, accetta di soggiacere ad un copione che si sostanzia tutto di situazioni già viste e di un impianto drammaturgico estremamente deteriore, l’abilità nella composizione dell’immagine (indiscutibile) riesce il più delle volte ad elevare il materiale donandogli una patente di dignità. Nei primi episodi la moltiplicazione dei punti di vista (le soggettive delle varie telecamere che riprendevano il racconto), l’uso ingegnoso di diversi sistemi di ripresa (infrarossi, telecamere a circuito chiuso in bianco e nero ecc.) pur se motivati diegeticamente dalla presenza delle tante microspie che i poliziotti disseminavano un po’ ovunque, permettevano, comunque, al racconto di subire un processo di scomposizione interessante ed originale. Purtroppo quest’ultima puntata (che si apre significativamente con la morte di Ombra: l’artefice delle mille telecamerine protagoniste occulte del racconto) parte da un principio di messa in scena del tutto differente. Completamente legato allo sguardo del suo indiscusso protagonista (un monocorde Raoul Bova), il film rinuncia definitivamente a quel decentramento che gli poteva derivare dalla moltiplicazione degli angoli di ripresa con conseguente impoverimento dell’impianto visivo legato, qui, ad una necessaria impressione di realtà. Privato delle possibilità di un discorso più visionario il regista è costretto a pagare il pesante tributo di un racconto abbastanza insulso reso digeribile solo da un’ormai consolidata padronanza del mezzo. Soavi sa generare tensione narrativa, sa raccontare e, qua e là, non rinuncia a comporre qualche splendida inquadratura, ma reso schiavo delle minime ambizioni della sceneggiatura, finisce per appiattirsi alle regole delle più basse convenzioni televisive. Ne viene fuori un prodotto dignitoso, ma anche il desolante spettacolo di un talento sprecato.

(Ultimo, l’infiltrato); Regia: Michele Soavi; sceneggiatura: Massimo Bavastro, Leonardo Fasoli, Michele Soavi, Carlo Bonet; fotografia: Giovanni Mammolotti; montaggio: Anna Napoli; musiche: Ennio e Andrea Morricone; interpreti: Raoul Bova, Tony Sperandeo, Marcello Mazzarella, Francesco Benigno; produzione: Taodue film

messa in onda: lunedì 9 e martedì 10 febbraio 2004; Rete: Canale 5; orario: 21:00

[febbraio 2004]


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