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Una notte blu cobalto

Pubblicato il 23 giugno 2010 da Edoardo Zaccagnini


Una notte blu cobalto

Una notte blu cobalto torna in modo insolito su un tema molto caro al giovane cinema italiano: quello della confusione che attanaglia i ragazzi nostrani in questo primo scorcio di nuovo millennio. Individui soli, fermi, ancora giovani, e pure carini, almeno al cinema, ma silenziosi davanti al presente. Confusi, mammoni, svogliati, frustrati, sensibili, impossibilitati, sognatori nel bel mezzo di una crisi personale, forse irrisolvibile. Facce ancora pulite e corpi ancora sodi, che passano dentro la pellicola nel tentativo distratto e qualche volta disperato di uscirne formati. Già visto, già sentito, e solo raramente amato. Ma se trafficato è il percorso, e se affollata è la meta di questo esordio senza Rai e senza Medusa, insolito è il mezzo con cui viaggiamo dentro il tema di questo piccolissimo film, che parla un’altra volta di solitudine, di difficoltà nel diventare adulti, di una precarietà generale e generazionale, esistenziale e sentimentale prima ed oltre che professionale. Se da questo punto di vista nell’opera c’è roba conosciuta, e persino risaputa, tanto da rimbalzare sulla nostra pelle provocandoci fastidio, perchè ci obbliga a impattare su silenzi e sguardi depressi, su incomunicabilità giovanili che saranno pure realistiche, ma che al cinema annoiano parecchio, a meno che a girarle non sia un genio della macchina da presa, e delle storie che con questa si possono raccontare, dal punto di vista dello stile narrativo, la proposta indipendentissima dell’esordiente Gangemi ci sorprende, perchè è quella della favola notturna, buia e brillante assieme, della commedia nera e magica, avvolta in inquadrature, situazioni e colori suggestivi. Il rischio va premiato, specialmente quando si corre senza caderci dentro e farsi male, e farlo pure agli spettatori, e allora il gioco a cui ci invita Gamgemi lo accettiamo, perchè si mostra nel complesso originale, e perchè è parecchio sostenuto dal piacere che ci dà la vista di una città poco familiare al cinema, e qui accarezzata, spiata ed omaggiata con cura e sentimento: Catania, bravissima co-protagonista dell’opera, sensuale e generosa assieme, animata da personaggi bizzarri e da figure stralunate. Spruzzate di vita all’improvviso, voci della città che nella notte si manifestano come innocui fantasmi, anime che per qualche istante, un minuto, nemmeno, si raccontano al protagonista del film, un Corrado Fortuna imbambolato e visionario. Se la città avvolge l’operina e si fa strumento utilizzato a mestiere, dando una grossa mano al giovane ed esordiente autore, gli schizzi umani incontrati dal protagonista sono curiosi ma non sufficientemente strutturati per risultare gustosi. L’unico a convincere, non solo per la sua grande bravura specifica, è il gestore del locale incarnato da un interessante Alessandro Haber, potente nell’interpretare in chiave western parole dalla scarsa importanza, delizioso nel creare un contrasto divertente tra forma e contenuto. In breve la trama di questo film amico dei festival e vittima del sistema distributivo italiano: un ragazzotto si è mollato con la tipa, più determinata di lui nel cercare di realizzarsi. Egli la pensa, la cerca, la sogna, mentre la sua vita si ferma e i suoi amici lo invitano a darsi una svegliata. Che non arriva, così come gli esami non vengono dati e gli impegni presi non mantenuti. Ma nella notte che dà il titolo al film, una pizzeria che consegna i suoi prodotti a domicilio, appare davanti agli occhi del ragazzo. L’accordo è preso, saranno lui e la sua vespa a portare le pizze negli angoli più nascosti della città. E da lì comincia questo viaggio tra sogno e realtà verso scoperte che rimarranno impresse nella memoria del giovane, e che alla lunga gli saranno determinanti. Qualche atmosfera, qualche trovata, idee ed energia a basso costo ma spese con coraggio. Un cast di volti famosetti, (recitano nel film anche Regina Orioli e Valentina Carnelutti), insomma un insieme di ingredienti tesi ad insaporire una vicenda di per sè gracile e non costruita con sufficiente genialità per essere annoverata tra le sorprese più liete dell’anno che sta per finire. Ma c’è una certa personalità e a ventisette anni (quelli del regista), ci può essere ancora molto da imparare, e c’è tutto il tempo per affinare le armi e lavorare sugli aspetti positivi di questo piccolo esordio, che comunque non mancano.


Regia: Daniele Gangemi; Sceneggiatura: Daniele Gangemi, Carla Marcialis; Fotografia: Michele D’Attanasio; Montaggio: Paola Freddi; Musica: Giuliano Sangiorgi; Produzione: Grazia Rendo per Orchidea; Interpreti: Alessandro Haber, Corrado Fortuna, Regina Orioli, Vincenzo Crivello, Valentina Carnelutti; Paese: Italia; Anno: 2008; durata: 80’; Formato: 35mm - colore


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