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Una vita migliore

Pubblicato il 3 dicembre 2007 da Gaetano Maiorino


Una vita migliore

Pochi soldi e tanta voglia di fare; qualche idea presa da grandi classici (La conversazione) e da omaggi ai grandi classici (Blow out); la voglia di mettersi in gioco nel mondo dello spettacolo così come vogliono fare i suoi personaggi. Fabio del Greco sceglie di percorrere la strada del low budget per la sua opera prima, Una vita migliore, storia di Andrea Casadei, investigatore privato che lavora sulle intercettazioni audio. Regista, sceneggiatore, attore, Del Greco decide insieme alla Monitore Film e alla Cooperativa Cinema Nuovi Orizzonti di restare “Lontano dalle logiche di assistenzialismo dell’industria cinematografica, della grande distribuzione, dai monopoli televisivi” e di girare una storia in cui la misteriosa scomparsa di un amico di Andrea innesca una serie di crisi che il protagonista si troverà a fronteggiare, per aver nascosto una cimice nel posto sbagliato. Il film è completamente girato in una Roma buia, avvolta da una nuvola cupa piena di cattivi presagi e di un oscuro futuro, una nube che è un po’ il simbolo della condizione esistenziale del protagonista. Andrea infatti è confuso, non riesce a individuare il senso che vuole per la sua vita, né riesce a controllare gli eventi che accadono attorno a lui, più che altro si lascia travolgere, arriva sempre con un minuto di ritardo su tutto. Il tentativo di trovare se stesso attraverso la vita degli altri passa attraverso microfoni e microspie, attraverso le chiacchiere, i pianti, le gioie e le trame illecite che man mano si rivelano alle sue orecchie attente e curiose. Andrea Casadei però non è Harry Caul e la differenza si vede decisamente.

Quello che è stato presentato come un noir che scava nel torbido mondo dello spettacolo resta buono solo nelle intenzioni iniziali. C’è da ricordare sempre la questione low budget, ma la consapevolezza di trovarsi di fronte a un film fatto in casa con pochi soldi e tanta passione non basta a giustificare la scrittura misera e l’approssimazione nella recitazione. Il finale consolatorio, poi, tutto è fuorché accettabile per un noir. Le perle di saggezza dispensate dal vecchio professore un po’ rimbambito di Andrea, sono forzature eccessive per il film che tenta di portare alla luce una morale troppo scontata e decisamente fuori tono.
Le sequenze migliori restano quelle delle strade di Roma. Gli spostamenti dei protagonisti sono filmati con ottima tecnica e rendono bene il senso di isolamento che tutti i personaggi avvertono nella metropoli capitolina, tutti fermi ai bordi del mondo senza possibilità di entrarvi, tutti sempre ai margini dei loro sogni. Sono le migliori proprio perchè spesso non è necessario dire tutto per far capire tutto, il senso arriva anche tramite altri canali. Purtroppo questi momenti buoni sono pochi perché Del Greco sceglie di dare voce a ogni pensiero, di spiegare ogni passaggio psicologico, togliendo allo spettatore il gusto di interagire con le immagini, di comprendere autonomanente e questa pigrizia indotta, causa inevitabilmente la noia. Un meccanismo che è una costante della produzione di fiction televisiva consolatoria e semplice, un meccanismo che l’indipendenza produttiva e la creatività di un’opera prima dovrebbero fuggire, proprio per concentrare l’attenzione di chi guarda sul messaggio, sulle tematiche, sulle scelte tecniche, su quegli accorgimenti che differenziandosi dalla proposta abituale, riescono a rendere unico e interessante un prodotto che qualitativamente parte già (almeno economicamente) svantaggiato.


(Una vita migliore); Regia, soggetto e sceneggiatura: Fabio del Greco; fotografia: Giorgio Bianchi Cagliesi; montaggio: Fabio del Greco; musiche: Stefano Agnini; scenografia: Pierluigi Marfe; costumi: Angela Belmonte; interpreti: Fabio del Greco (Andrea Casadei), Chiara Pavoni (Marina); produzione: Monitore Film e Cooperativa Cinema Nuovi Orizzonti; origine: Italia 2006; durata: 87’ ; web info: www.monitorefilm.com


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