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Valzer

Pubblicato il 25 maggio 2009 da Gaetano Maiorino


Valzer

Danzano fluttuando sullo schermo. Viaggiano su binari stabiliti eppure imprevedibili. Nascono dall’ombra, si mischiano tra loro, si alternano, si scontrano, si sostituiscono, scompaiono, ritornano. I personaggi di Valzer, l’ultimo affascinante film di Salvatore Maira, sembrano giocare con lo schermo magico del cinema. Ingabbiati in una struttura che volontariamente si compone di un unico pianosequenza, novanta minuti senza stacchi di montaggio, non risentono assolutamente delle costrizioni, delle regole preordinate, dei rigorosi tempi di recitazione, di ingresso in scena, della sincronia che a volte (ma non stavolta) può essere rischiosa forzatura.
Assunta lavora in un albergo di lusso. Una sua collega e amica, Lucia, ha lasciato lo stesso lavoro da anni per tentare la carriera nel mondo dello spettacolo, senza dire nulla al padre, in carcere in Argentina. Per anni Assunta si sostituisce a Lucia e, fingendosi lei, mantiene i contatti con il padre. Decine e decine di lettere che tengono in vita le speranze dell’uomo il quale, una volta libero, si reca all’albergo per incontrare finalmente la figlia, ma trova soltanto Assunta che non può più mentirgli. Lo shock è forte, il confronto tra i due è intenso. Intanto in una suite dello stesso hotel, i manager del calcio nazionale cercano di trarre profitto da uno scandalo appena scoppiato (riferimento chiarissimo alla vicenda calciopoli) mostrando il proprio lato più cinico e arrivista. Un’ora e mezza di ininterrotto cammino, con la macchina da presa sempre in movimento. Tecnica audace e sopraffina quella di Maira, che riesce a creare il giusto ritmo con la materia fluida del tempo. Senza fermarsi un secondo, alterna in maniera magistrale le due trame: i protagonisti di questa storia intima, struggente, si sfiorano e si incrociano con i capi dello sport nazionale, demoni del denaro, del profitto e del potere, rappresentanti di una intera società, non solo simulacri dei recenti fatti di cronaca calcistico/giudiziaria.

Una settimana di prove senza macchina da presa, una settimana di prove con la macchina da presa e una settimana di riprese. Un tempo tutto sommato breve per la realizzazione di un piccolo gioiello del nuovo cinema italiano, vincitore di due premi internazionali, a Tokyo e a Venezia, sperimentale ma non eccessivo, innovativo, perfetto sia nell’organizzazione che nella realizzazione.
Maira mette al proprio servizio la macchina da presa, la piega, la fa girare su se stessa come appunto in un valzer, la modella e allo stesso tempo plasma il suo racconto: un equilibrio senza precedenti. Virtuosi i passaggi dal colore al bianco e nero, furbi e ingegnosi quelli dalla musica extradiegetica a diegetica con l’orchestra che entra e esce di scena, ma soprattutto geniale il flashback che racconta la storia della protagonista, con una falsa transazione realizzata portando un personaggio (quello del passato) dall’ombra alla luce, mentre un altro (quello del presente) esce di scena nella stessa inquadratura.
Prodotto nel 2007, passato per numerosi festival internazionali e scelto tra i rappresentanti del cinema italiano in America alla rassegna Open Roads nel 2008, finalmente Valzer arriva nelle sale. Sarebbe stato un peccato sprecare l’occasione di distribuire e mostrare al pubblico una pellicola talmente interessante sia a livello artistico che tecnico, una vera opera d’arte.


(Valzer); Regia: Salvatore Maira; soggetto esceneggiatura: Salvatore Maira fotografia: Maurizio Calvesi; musiche: Nicola Campogrande; scenografia: Seanne Grasso; costumi: Cristina Audisio; interpreti: Valeria Solarino (Assunta), Maurizio Micheli (Padre di Lucia); Marina Rocco (Lucia); produzione: Home Production; distribuzione: Rai Trade; origine: Italia 2007; durata: 90’.


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