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Veline

Pubblicato il 23 luglio 2002 da Alessandro Izzi


Veline

Il programma Veline nasce quasi per caso, senza che vi fosse alla base una precisa idea organizzativa, una mente che ne elaborasse la struttura e ne decisse i tempi ed i modi di realizzazione. Si tratta di uno di quei prodotti che non sono stati studiati a tavolino dagli autori, ma che sono sorti sul campo e si sono sviluppati in maniera quasi autonoma seguendo un concorso di circostanze che, visto a posteriori, assume le caratteristiche dell’evento. Il merito della riuscita dell’iniziativa non sta, quindi, nelle menti ideative, quanto, piuttosto, nella capacità che esse hanno dimostrato di saper cavalcare gli eventi e di saper sfruttare il momento positivo lanciando quello che ha tutte le caratteristiche di un evento di costume di proporzioni pressochè colossali. L’origine di tutto è da ricercarsi già a tre anni fa quando, in occasione dei provini indetti per selezionare le veline che avrebbero dovuto affiancare i conduttori di Striscia la notizia, si presentarono in ben 2000 candidate. La prospettiva che veniva sventolata loro davanti era, a pensarci, quanto mai allettante: per poter, finalmente, apparire sulla piatta superfice del piccolo schermo, infatti, non era richiesto nessun requisito indispensabile se non una discreta bella presenza e un minimo di grinta e voglia di sfondare; non c’erano, inoltre, conditio sine qua non (abilità come ballo, danza, o semplicemente dizione) che potessero limitare il numero di adesioni, né si richiedevano referenze o altre esperienze nel mondo dello spettacolo. Poco importava che tutto il lavoro richiesto si limitasse ad un paio di stacchetti (durata trenta secondi) musicali da ballare (difficoltà ridottissima, comunque) e a qualche battuta pronunciata qui e là, perché, in fin dei conti il lavoro della velina è quello di essere un corpo in mostra. Era chiaro, però, dato l’alto numero di adesioni ai provini, che il posto di velina poteva diventare qualcosa di molto ambito e, forse, proprio in vista di questo fatto, le più recenti edizioni di Striscia la notizia avevano cercato di allargare lo spazio di queste figuranti. Si trattava di dare ai corpi esposti una qualche forma di generica umanità: non di dotarle di una storia, un carattere, delle emozioni ben precise (si badi), ma liberarle dal peso imbarazzante di essere solo curve (e si ricordi le primissime veline venivano già da scivoli molto arcuati ed erano riprese rigorosamente dal basso) e dotarle di un sorriso aperto, della capacità di essere incapaci a far qualsiasi cosa che le rendesse simpatiche. Esse, in altre parole, hanno assunto un maggior grado di visibilità e hanno acquisito un maggiore livello di importanza ai fini dello stesso programma: gli spettatori (come i conduttori) hanno cominciato a chiamarle per nome. Già questo sarebbe bastato per far sì che, appena indetta una nuova selezione per il ruolo di veline nella trasmissione, il numero delle partecipanti aumentasse vertiginosamente, ma qualcosa è interventuto a modificare in meglio le carte in tavola. Nel frattempo, infatti, sono sbarcati e approdati al successo televisivo programmi, come Il Grande Fratello e Saranno famosi, che hanno dimostrato alle platee come si possa tenere banco semplicemente mettendosi davanti ad un nutrito gruppo di macchine da presa. Simili trasmissioni hanno dimostrato come la famigerata battuta di Andy Wharol secondo la quale presto o tardi ciascuno avrà diritto ad i propri quindici minuti di celebrità sia, oggi, tristemente datata. Le aspiranti veline accorse alle selezioni (e parliamo di quasi 10000 candidate) sembrano perfettamente consapevoli che la TV brucia sempre più velocemente i tempi di consumo delle immagini e delle presenze sullo schermo. Tutte quante hanno avuto la possibilità di assistere ai programmi in cui Taricone si lamenta di come la TV fagociti i corpi delle persone per trasformarle in intrattenimento da prima serata. Esse sanno bene che non saranno davvero famose, diventando (Dio voglia) veline. Come sanno che, dovesse verificarsi il miracolo, esso non aprirà certo loro le strade del dorato successo. La televisione non regala quindici minuti di celebrità (non più ormai), ma dà la possibilità di apparire. Che sia per cinque minuti o per un’intera stagione ha poca importanza perché una volta scomparsi dalla programmazione si è immediatamente rimpiazzati sia sullo schermo televisivo, sia nel cuore mutevole degli spettatori. Le ragazze che si susseguono sullo schermo/passarella del programma (che altro non è che un’audizione data in TV: perfetto prototipo di una trasmissione che non costa nulla e piace a tutti) e che si limitano a farsi malamente prendere in giro, con sagacia, dal presentatore per, poi, tentare uno stacchetto di ballo (che spesso è uno sgraziato dimenarsi), certo, aspirano al posto di velina, ma sanno già che quel poco che hanno fatto in quello stesso provino ha già dato loro quello cui in ultimo aspirano: l’apparizione televisiva. La generazione di aspiranti veline non è neanche lontanamente paragonabile a quel gruppo di disperati che, all’inizio del neorealismo, sperarono, per qualche tempo, di poter sfondare al cinema visto che gli attori venivano presi in quella strada dove tuttora vivevano. Le nuove dive televisive hanno il disincanto di una generazione che non crede fino in fondo nel fatato mando della televisione, che ne conoscono (fosse anche per averlo letto sui giornali, perché certo Ginger e Fred di Fellini non l’hanno visto) tutta la volgarità che la sostanzia, ma, nonostante ciò, accettano tutto in quella che potrebbe sembrare una nuova forma di prostituzione: cercano di (s)vendere la propria immagine in vista, non di un rapporto duraturo, ma di una vera e propria “(s)vel(t)ina”. Con quel sorriso candido (che tanto piace agli spettatori di Striscia) che sembra voler dire che, in fin dei conti, se al pubblico piace e se loro sono consenzienti... che male c’è?

Programma: Veline; condotto da: Teo Mammuccari; In onda: da venerdì a sabato alle 20:40 su Canale 5

[Luglio 2002]


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