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Velone

Pubblicato il 28 giugno 2003 da Alessandro Izzi


Velone

La televisione, possiamo affermarlo ormai con una certa sicurezza, soffre di una specie di congenito cancro degenerativo che attacca, con erculei tentacoli e cieca pertinacia, ogni barlume di idea fino a ridurlo ad una pallida larva di se stesso. Risultato? Una ridda sconsolante di trasmissioni di atroce futilità che hanno il solo scopo di offrirsi come parentesi ideali ad incorniciare l’unica cosa che può ancora dimostrare un minimo segno d’intelligenza in tanto triste panorama: gli spot pubblicitari. Lo si vede bene sulle lunghe distanze, quando si cerca di mettere a confronto i prodotti della televisione italiana di appena una trentina di anni fa (quando era ricca di idee, in pieno fermento culturale e con la volontà di fornire davvero un servizio socialmente utile) con quella trionfante oggi (supertelequiz, Maria e Maurizio, Buona Domenica ecc.). Lo si vede altrettanto chiaramente quando si osserva, con occhio lucido di pianto, la terribile china vorticante verso il basso su cui scivola la televisione nazionale (e diciamolo una volta per tutte: la RAI è in caduta libera non solo perché non riesce a stare dietro, a livello di ascolti, alle ben più competitive reti Mediaset, ma anche e soprattutto perché non riesce a proporsi come valida e reale alternativa al dilagante mercinomio della cultura). Ma lo si vede, con lapalissiana evidenza nel momento in cui si confronta la striscia preserale estiva di Canale 5 dell’anno scorso con quella di quest’anno. Se l’anno scorso potevamo assistere (stomaco permettendo, perché la cosa non era certo per palati deboli!) alle improbabili acrobazie di un gruppo di aspiranti veline di fronte all’arguto sarcasmo (sempre beneducato nella sua finta maleducazione) di un sedicente presentatore meglio noto ai più con il nome di Teo Mammuccari, quest’anno possiamo, per contro, assistere alle ancor più improbabili acrobazie (danzerecce e canore) di un gruppo di scanzonate e divertite pensionate che non chiedono di meglio che essere nominate le Velone dell’estate. La formula spettacolare è virtualmente la stessa. Il presentatore è concretamente lo stesso. A cambiare, rispetto alla passata edizione, è, in effetti, solo l’età delle concorrenti (over 65 anni) che deve essere stata definita dopo un accurato studio di marketing che ha coinvolto le menti più geniali del pianeta. Esaurita ormai l’ondata del fenomeno Veline che fu campione di ascolti nella passata annata, gli autori sono, certamente, partiti da una considerazione che già da sola è una grande conquista e che, cioè, non si può certo ripetere una stessa cosa ogni anno, ma consapevoli, d’altro canto, che squadra che vince non si cambia, si sono trovati nella difficile situazione di dover variare la ricetta quel tanto che bastava per farla sembrare più esotica pur conservando lo stesso sapore. La valutazione mediatica è stata spietata. Ci si è prima di tutto interrogati su quali fossero state le cause reali del successo straordinario (e, in fondo, inaspettato, almeno nelle proporzioni) della passata edizione del programma, e si è giunti alla conclusione che l’elemento fondamentale non doveva essere stato tanto il sesso sottinteso (eufemismo: spiattellato in faccia in maniera così radicale che se ne è accorto anche Muccino) in un gruppo di ragazze messe in vetrina per la gioia dell’italico maschio, poiché questo, in fondo, è stato solo accidentale. Il motivo del successo doveva essere stato, invece, proprio nella dimensione di vetrina della trasmissione, nella sua capacità di donare per davvero uno spazio entro cui semplicemente esserci. Per questo il modello della Veline propagandato dalla stessa Striscia la notizia non era quello di ragazze di inarrivabile bellezza e incredibile abilità nel ballare e nel cantare (cosa che avrebbe castrato chiunque non si chiamasse Carla Fracci), ma quello di fanciulle della porta accanto, semplici ed un po’ volitive, ma in cui ciascuno può riconoscersi. Il meccanismo inconscio cui volevano arrivare gli autori della trasmissione era una semplice considerazione: “se la mia vicina di casa è potuta arrivare a tanto... perché non potrei anche io?” e luci e telecamere erano solo la ciliegina sulla torta di una semplice piccola magnificazione egoica. Arrivati a questa luminosa certezza non restava che chiedersi a quale gruppo sociale rivolgersi per una nuova edizione del programma. Casalinghe? No, non per ora almeno e, comunque, non in estate (loro del resto hanno già programmi come La prova del cuoco). Bambine? No meglio evitare, si potrebbe, dopo Veline, pensare che in Mediaset si sia una manica di pedofili. L’anno prossimo magari. Nonnette? Si! Eccola qui l’idea geniale. Perché le signore di una certa età (in una società come quella italiana in cui la lunghezza della vita cresce e le nascite diminuiscono) fanno tanta tenerezza e danno tanta fiducia se si pensa che sono arrivate così vispe ed arzille alla soglia dei capelli tinti (ex bianchi). Aggiungete un paio di battute sagaci (di Mammuccari e del Gabibbo. Difficile confonderli, il secondo è quello vestito di rosso) ed eccovi consegnato un successo televisivo. Direte voi: ma questi sono i segni dei tempi che cambiano! Questo è moralismo da quattro soldi che non tiene conto del mutare di costume e società. Sarà, ma la televisione inglese (tanto per dirne una) appare, vista da fuori, un tantino più vitale di quella italiana (e costume e società cambieranno anche lì) e persino quella americana da cui tanto rubiamo, tra Ok il prezzo è giusto e Chi vuol esser milionario, riesce a tirar fuori qualche serie di tendenza che non sia, per questo, banale e qualche programma di cultura e vera informazione. Fatto sta che mentre scriviamo una nonnetta abilissima ha già fatto vincere a Canale 5 una serata, i TG hanno cominciato a parlare del programma ed un’altra estate sembra dirsi davvero cominciata.

[giugno 2003]


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