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Venezia 72 - 11 minutes - Concorso

Pubblicato il 11 settembre 2015 da Giampiero Francesca

VOTO:

Venezia 72 - 11 minutes - Concorso

Undici minuti, seicentossessanta secondi. Un lasso di tempo brevissimo, una manciata di pixel nel quadro di una vita. Eppure, nell’incertezza del nostro destino, nell’indeterminazione del nostro essere, anche attimi apparentemente insignificanti possono diventare uno snodo cruciale delle nostre esistenze. È questo il gioco messo in scena da Jerzy Skolimowski in 11 Minutes, prova d’autore di grande efficacia formale, ma quasi totalmente privo di profondità di sguardo. Lo scherzo di destini rappresentato dal grande autore polacco manca infatti della necessaria profondità per trasformare una semplice, per quanto ottima, messa in scena in un’opera compiuta.

Lo si capisce subito, lo si percepisce immediatamente. Bastano poche sequenze di 11 Minutes per sgombrare il campo da ogni velleità intellettuale, da ogni ambizione d’arte per lasciare il campo ad un puro (e anche freddo) divertimento. Un divertimento fatto di una sottile elatente tensione che prelude, come in un classico action movie, al divampare dell’azione. Un ordigno ad innesco lento, che come in un ingranaggio perfetto, si compone con scientifica perfezione, scena dopo scena, storia dopo storia. Si seguono così le vite, apparentemente banali di un produttore (o sedicente tale), un’aspirante attrice e suo marito geloso, di un ex-galeotto e di suo figlio e ancora, di un gruppo di suore, di un giovane ragazza e del suo cane, certi che prima o poi, in un modo o nell’altro, la bomba esploderà. È una sicurezza che tiene viva la tensione, alimentata con sapienza da Skolimowski, e fa scivolare in secondo piano le vite dei personaggi in scena. Cosa facciano, cosa li abbia portati lì, in fondo finanche chi siano davvero poco importa. Ciò che conta è che siano una parte di questo diabolico ingranaggio, un tassello senza il quale nulla andrebbe come deve andare. Come burattini nelle mani del mastro così queste figurine senza profondità, senza psicologia, si muovono sulla scena, arrivando lì dove devono essere, lì dove il pubblico si aspetti che arrivino.

Jerzy Skolimowski mischia, con abilità, formati e punti di vista, raccontando così, con ritmo serrato, storie e personaggi quasi inutili. È infatti solo la sua grande abilità a mantenere (re)attivo, attratto da questa tensione latente la cui forza risiede, appunto, nella forma del film. Sin dalle prime inquadrature, una serie di riprese realizzate con webcam, smartphone e computer, il regista dimostra la sua volontà di aggredire l’attenzione dello spettatore grazie alla forza delle immagini più che dalla profondità della narrazione. In questo interessante gioco di forma non c’è dunque quasi spazio per l’analisi piscologica di chi è in scena, come se le vite degli ignari protagonisti e quelle di un cane (spettatore privilegiato di ciò che accade all’interno del film) fossero identiche, dello steso spessore. Così, senza neanche voler cercare un senso che vada oltre la rappresentazione filmica, si può godere di uno spettacolo di azioni e azione, della mano di un maestro della macchina da presa, di un’ora e mezzo di sano genere.


CAST & CREDITS

(11 minut); Regia e sceneggiatura: Jerzy Skolimowski ; fotografia: Mikolaj Lebkowski; montaggio: Agnieszka Glinska; interpreti:Richard Dormer, Paulina Chapko, Wojciech Mecwaldowski, Dawid Ogrodnik, Andrzej Chyra; produzione: Skopia Film; origine:Polonia, Irlanda 2015; durata: 81’


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