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Victory Day

Pubblicato il 19 febbraio 2018 da Matteo Galli

VOTO:

Victory Day

Il film che Sergei Loznitsa presenta a Berlino nella sezione “Forum”, intitolato Den’ Pobedy in russo e in inglese Victory Day si svolge tutto al memorial berlinese di Treptower Park (costruito fra il 1946 e il 1949), uno dei luoghi più auratici della capitale tedesca in cui si ricorda e si celebra il sacrificio dei soldati sovietici nella battaglia di Berlino: 7000 di loro sono qui materialmente sepolti, in uno splendido contesto inquadrato da due bandiere stilizzate di granito, le sculture di due soldati in ginocchio, lastre di pietra, sedici sarcofagi che simboleggiano le sedici repubbliche sovietiche con bassorilievi ed epigrafi in tedesco e in russo (le frasi sono in larga parte di Stalin), e infine, in fondo al viale, un’imponente statua di 12 metri e 70 tonnellate che raffigura il soldato liberatore. Il Giorno della Vittoria di cui al titolo è il 9 maggio, dove dal 1995 in avanti ogni anno qui convengono migliaia di persone, cittadini di origine russa o sovietica residenti a Berlino, ma anche molti turisti dalla Germania e dai paesi dell’ex URSS. Il documentario potrebbe essere comodamente visto come una ideale continuazione di Austerlitz, il grande film presentato l’anno scorso a Venezia. Anche qui, come nel film girato a Sachsenhausen la macchina da presa viene piazzata, rigorosamente immobile, in uno spazio aperto, in mezzo alla gente in un lieu de memoire che a ben vedere certifica proprio il contrario, l’obliterazione del passato, la standardizzazione della percezione, la massificazione delle immagini prodotte da cellulari e tablet, rispetto alla cui volatilità le immagini implacabili e impeccabili, statiche e rigorose di Loznitsa mirano all’esatto contrario, sembra cioè che vogliano obbligare finalmente a vedere tramite la persistenza, ciò che il cittadino, turista medio non è più in grado di fare, assorbito com’è dalla propria vita, dalle proprie relazioni e dalle proprie irrinunciabili appendici tecnologiche (in Austerlitz si dava, come si ricorderà, anche molto spazio alle audioguide). In realtà, però, questo film presenta maggiori margini di ambiguità rispetto al precedente perché non è chiaro fino in fondo se l’assunto sia davvero il medesimo - de-realizzazione della percezione, luogo di memoria che si trasforma in distratta ritualizzazione pop senza l’acquisizione di una vera consapevolezza storica – o se invece, anche in grazia di una oggettiva maggior gaiezza dei convenuti la celebrazione mantenga una sua nobile umanità, una sua credibilità emotiva, certamente non senza che questo rischi qua e là di slittare verso una certa, seppur non livorosa e aggressiva, nostalgia per il buon tempo antico dell’Unione Sovietica. Questa è la sensazione che inducono le bandiere, i gadget e i capi di vestiario riferiti alle ex-repubbliche, i numerosissimi canti popolari, cantati e suonati da complessini improvvisati, i cui testi inneggiano all’unione ancora indivisa, fino ad arrivare a song più recenti e più pop come la canzone Sdelan v SSSR (Born in the USSR) di Oleg Gazmanov, che alcune ragazze (all’epoca in cui l’URSS esisteva ancora loro non erano ancora nate) ballano e cantano spensierate. Ricorrendo a un numero di inquadrature incomparabilmente superiore rispetto ad Austerlitz, Loznitsa alterna altresì le scene che esprimono gaiezza e appartenenza a numerosi primi piani dei rilievi dei sarcofagi che celebrano l’eroismo e il sacrificio dei soldati sovietici. Un ulteriore controcanto, anche questo capace di produrre ambiguità, è costituito in alcuni passaggi in cui un gruppuscolo di tedeschi non più giovanissimi ammoniscono i convenuti sul carattere esornativo e ingannevole della democrazia tedesca e sul fascismo ancora dominante, quasi a voler significare che la stessa – certamente: qua e là paranoica – vigilanza sarebbe auspicabile in merito alla Russia attuale, sorta di democrazia di facciata. Insomma Victory Day è, se possibile, ancora più interessante e dialettico del film che lo ha preceduto.


CAST & CREDITS

(Den’ Pobedy). Regia: Sergei Loznitsa; sceneggiatura: Sergei Loznitsa; fotografia: Sergei Loznitsa, Diego Garcia, Jesse Mazuch; montaggio: Danielius Kokanauskis; sound design: Vladimir Golovnitski produzione: Imperativ Film, Berlin; origine: Germania 2018; durata: 94’.


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