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Roma 2015 - Ville-Marie

Pubblicato il 21 ottobre 2015 da Stefano Colagiovanni

VOTO:

Roma 2015 - Ville-Marie

La mamma è sempre la mamma. Amorevole, protettiva, timorosa. E in Ville-Marie, le due donne-madri protagoniste incarnano allo stesso tempo tutte e tre queste qualità.

Unico e speciale è il rapporto che lega una madre a suo figlio, un filo di lana che, spesso, tende ad aggrovigliarsi con facilità, difficile da districare. Occorre impegno e attenzione e dedizione per crescere un figlio, e non esiste compito più difficoltoso per una madre. Ne è consapevole l’attrice Sophie Bernard (Monica Bellucci), che per tre anni ha vissuto lontano dal figlio Thomas (Aliocha Schneider), studente di architettura; ma Sophie ha un impegno con l’ex compagno e regista Pierre Pascal (Patrick Hivon), quello di girare un film sulla sua vita, un regalo per Thomas: la risposta alla domanda che tanto ha desiderato conoscere. Presto, le vite di Sophie e Thomas si incroceranno con quella dell’infermiera Marie (Pascale Bussieres), sfociando in un confronto tra madri e figli molto più profondo di quanto i protagonisti potessero preventivare.

Le intenzioni del regista Guy Edoin sono chiare come il sole: costruire un dramma pesante come un macigno, inscenando la quotidianità e le sua terrificante imprevedibilità. Nessun elemento incastonato nella storia regala un sorriso o secerne felicità, il lavoro richiede enormi responsabilità e affatica il corpo e la mente, nessuno dei protagonisti riesce ad amare o a ricevere amore, perfino un’elegante cena di compleanno finisce col concludersi in modo negativo, anzi pessimo, tragico spartiacque per l’esistenza/convivenza di Sophie e suo figlio Thomas. Il mondo che Edoin tratteggia è brutale, di difficile comprensione, dispersivo, così angusto che Sophie capisce che dovrà affidarsi al cinema e alla finzione per spiegare la realtà dei fatti a Thomas, sfruttando il lato di sé nel quale appare più sincera, in grado di esternare i propri sentimenti: quello dell’attrice. E su questo aspetto scivola imperdonabilmente Ville-Marie; se Edoin non si fosse lasciato prendere la mano, eccedendo nella rappresentazione di almeno un paio di sequenze finali in cui abbondano patetismo e ricerca di un dolore troppo a lungo ostentato, l’intera opera avrebbe acquisito maggior spessore, quel tocco personale e allegorico già accennato nelle sequenze iniziali, sfruttando gli altri personaggi di rilievo, mantenendo una maggiore leggerezza che avrebbe reso meno compassata la risoluzione finale.

Discorso inverso va riservato alla seconda protagonista-madre, Marie: personaggio-veicolo sfruttato per spingere Sophie verso un cambiamento intellettuale, viene accantonato frettolosamente, così da lasciare uno strappo, un vuoto incolmabile nella sceneggiatura; se non altro, Edoin illude lo spettatore sul ruolo-chiave di Marie nell’intero arco narrativo, sia per il quantitativo di spazio a lei stessa dedicato, sia privandolo di un denoument personale accurato e maggiormente sviluppato.

L’ultima nota dolente risponde al nome di Monica Bellucci: non ci si riesce ad accettare la sua interpretazione di Sophie, gonfiata e quasi alla ricerca della performance della vita, appare per vari tratti distaccata dalla realtà della fiction, come imbambolata dalla sua stessa figura d’attrice. Come una persistente caricatura di se stessa (ne è un lampante esempio la scena in cui canta Can’t help falling in love di Elvis, durante la cena per il compleanno di Thomas).


CAST & CREDITS

(Ville-Marie); Regia: Guy Edoin; sceneggiatura: Guy Edoin, Jean-Simon Desrochers; fotografia: Serge Desrosiers; montaggio: Yvann Thibaudeau; musica: Olivier Alary , Johannes Malfatti; interpreti: Monica Bellucci, Aliocha Schneider, Pascale Bussières, Patrick Hivon, Louis Champagne; origine: Francia; 2015; durata: 101’; Proposta di voto: 3


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