X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Viscontiana

Pubblicato il 23 aprile 2002 da Alessandro Izzi


Viscontiana

La ricostruzione del teatro viscontiano è opera affascinante e complessa giacché, di nessuna delle messe in scena teatrali o delle realizzazione operistiche, è rimasta qualche registrazione. Sono rimasti i bozzetti di scena, le indicazioni di regia (come sempre estremamente minuziose) e, ovviamente i ricordi delle persone che vi hanno preso parte (vuoi come organizzatori e realizzatori, vuoi come semplice pubblico), ma, purtroppo, niente di più. Strano destino per l’opera di un regista come Visconti, che, nel corso della sua pluriennale e multiforme carriera, ha letteralmente rivoluzionato il teatro italiano del dopoguerra, fosse esso prosa o melodramma. Il pregevole saggio di Fedele D’Amico che apre il volume in questione (che, in verità, era già apparso nel 1978, in occasione di una mostra dedicata al teatro viscontiano) ci dà un’immagine abbastanza compiuta di un regista lirico sufficientemente coraggioso da sfidare le convenzioni del tempo, imponendo, al proprio pubblico, sia inusuali scelte del repertorio, sia una vera e propria rivoluzione formale nel rapporto musica/messa in scena. Al sempre amatissimo Verdi, infatti, egli seppe affiancare opere dimenticate del ‘700 (Spontini, Mozart o il quasi ottocentesco Cherubini), ma anche opere dell’avanguardia contemporanea (Mannino, ma anche, nel versante del balletto, Henze). Sorprende scoprire, in un autore celebre soprattutto per la cura maniacale dei dettagli scenografici, un’attenzione incredibile per i valori e i significati della partitura musicale. Nella sua concezione teatrale, infatti, ogni dettaglio dell’organizzazione spettacolare della messa in scena era, sempre o comunque, subordinato alla musica e ai suoi contenuti. La posizione della regia viscontiana (e qui, in fondo, sta la sua carica rivoluzionaria) è sempre ancillare nei confronti di quella del compositore che resta, in fondo, il vero autore dell’opera in questione, ma si rivela sempre anche rispettosa delle esigenze sceniche della stessa orchestra e del suo direttore che non sono banalmente relegati nella fossa orchestrale, né ridotti al rango di puro e semplice accompagnamento per gli attori in scena. Anche dai cantanti Visconti pretende sempre una recitazione di stampo quasi verista, con un’attenzione al dettaglio psicologico che invano cercheremmo nelle messe in scena di registi contemporanei (ma anche successivi). Il volume ci offre, di questa attività, un ritratto esaustivo, soprattutto mediante un apparato fotografico ricco e funzionale, ma anche attraverso le schede descrittive (10 spettacoli) che la curatrice ricava dai programmi di sala. Il libro, in effetti, vale più per le immagini che non per i testi che, in ultimo, finiscono per aggiungere poco di nuovo ad un aspetto meno noto (e di cui ci farebbe piacere apprendere, finalmente, qualcosa di originale) e meno studiato di un’opera, come quella viscontiana, molto più complessa di quanto non appaia a prima vista.

Autore: Caterina D’Amico de Carvalho (a cura di); Titolo: VISCONTIANA. LUCHINO VISCONTI E IL MELODRAMMA VERDIANO; Editore: Mazzotta, Milano 2002; pagg. 143, 30,99 euro

[Aprile 2002]


Enregistrer au format PDF