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VOD: Castillos de cartòn

Pubblicato il 20 settembre 2011 da Alessandro Izzi


VOD: Castillos de cartòn

Castillos de cartòn è un film tutto pervaso d’uno strano senso di trapasso. Anche l’Eros, che domina incontrastato nelle dinamiche di un triangolo amoroso che tenta di sopravvivere alle convenzioni sociali, al desiderio di famiglia e alle dolci contraddizioni della fine dell’adolescenza, si ammanta, sin dalle prime sequenze, d’un sapore luttuoso, dolente, presago di fine come l’aria di mare lo è di sale.
Castillos de cartòn canta la fine sin dall’inizio. Con la voce sommessa di chi sa, in fondo, che ogni cosa è destinata a trascolorare nel ricordo e che neanche chi ha molto vissuto, amato, sognato, riesce davvero ad essere immune dai rimpianti.
Storia di sentimenti e, quindi, necessariamente storia di cambiamento, di evoluzione, di trasformazione, l’opera di Salvador Garcia Ruiz trova i suoi momenti più ispirati proprio nella capacità di restituire il divenire del sentimento amoroso, il suo trascolorare in sfumature sempre diverse anche se chi lo prova, non solo perché artista, vorrebbe fissarlo in un attimo supremo e consegnarlo per sempre alle intemperie del mondo perché le sfidi come una statua di marmo.

Tre sono i protagonisti di questo film delicato e di difficile definizione. Tre lati di un triangolo amoroso, ma anche tre diverse concezioni del modo di essere artista e uomo.
Il primo è Jamie, il più ricco, ma anche, forse, il meno artisticamente dotato del trio. Schiavo del disegno, che sempre definisce i limiti del suo dipingere e quindi anche del suo guardare, il ragazzo è convinto che si possa rappresentare solo quel che si vede. L’atteggiamento sensuale, legato com’è alla percezione, si riflette anche nel suo modo di amare e di avvicinarsi all’altro che è appunto tattile e, a suo modo, razionale. È lui che si pone il problema di far sì che le cose funzionino. Motore primo di un gioco di affinità tra i tre che ha bisogno di un atto di volontà razionale per trasformarsi in situazione. Il tutto si riflette in una sessualità pratica, soddisfazione di un bisogno comune che è anche sentimento, ma non solo.
La seconda, Jose, pone il dubbio sulla razionalità dell’atto del vedere perché nessuno sguardo può mai essere latore di significati oggettivi e di dati assolutamente indiscutibili. Anche nel dipingere, tutto dipende da come si guarda, dall’emozione dello sguardo che contempla il Reale. Figura accogliente, la ragazza è l’angolo acuto del triangolo sentimentale, una posizione di confluenza che le deriva anche dalla sua femminilità che, però, è trattenuta, compressa dalla sua incapacità di lasciarsi andare definitivamente al sentimento. Se Jamie può essere il sensista del gruppo, Jose è l’impressionista, colei che percepisce il margine soggettivo dell’arte anche se non sa del tutto abbandonarsi ad esso. Tant’è che nel sesso lei è frigida. Il grido dell’orgasmo le resta sempre tra le labbra, per timidezza.
Infine c’è Marcos, il vero artista del trio. Per lui il disegno è solo il fardello da lasciarsi alle spalle, la griglia di cui fare a meno. Perché ogni dipinto è, in fondo autoritratto. Ma ritrarsi richiede autoconsapevolezza e questa tarda a venire se non scende a patti col bisogno dello sguardo degli altri che è necessario per giungere ad un’autodefinizione.
L’impotenza, scambiata all’inizio da Jamie per potenziale omosessualità, è la condizione che deve superare.

Sorta di sonata da camera, la pellicola è un vero e proprio trio in cui ogni strumento ha una sua individualità, ma tutto contribuisce al contrappunto e all’armonia dell’insieme. Film d’attori, oltre che di una regia discreta che ha il solo difetto, in certi momenti, di volersi sempre sottotono, Castillos de cartòn racconta un momento della vita cogliendone le segrete contraddizioni, con uno sguardo attentissimo a registrare ogni minimo soprassalto emotivo, ogni cambiamento, ogni baluginio d’egoismo come ogni minima espressione d’amore. Senza crudeltà, ma col tono di un compianto che commuove davvero.

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(id.); Regia: Salvador Garcia Ruiz; sceneggiatura: Enrique Urbizu; fotografia: Teo Delgado; montaggio: Berta Frìas; musica: Pascal Gaigne; interpreti: Adriana Ugarte, Nilo Mur, Biel Duràn, Papa Pedroche, Alfonso Torregrosa; produzione: Tornasol films, Castafiore films, agrupacion de cine 003, TVE, Canal + Espana; distribuzione: Atlantide Enterteinment; origine: Spagna, 2009; durata: 94’


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