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We are who we are (Miniserie) - Teste di Serie

Pubblicato il 3 novembre 2020 da Stefano Colagiovanni
VOTO:


We are who we are (Miniserie) - Teste di Serie

QUI E ORA

Luca Guadagnino possiede un potere speciale: quello di spingerci a osservare i dettagli sotto una luce differente, pulsante; e sublimare i piccoli gesti come atti indispensabili per la nostra sopravvivenza quotidiana. E nel suo esordio sul piccolo schermo, ce lo dice già dal titolo: We are who we are. Siamo ciò che siamo. E noi, per primi, dobbiamo accettarlo. Punto. Semplice, no? Macché! Nulla di più difficile.

Ed ecco come la miniserie targata HBO ideata dal regista di Chiamami col tuo nome e del remake dell’“argenteriano” Suspiria, deflagra in un viscerale romanzo di formazione corale, in cui gli spiriti danzanti e irrequieiti dell’istrionico Fraser (un Jack Dylan Grazer inafferrabile, in perfetto equilibrio tra eruzioni slapstick e muti monologhi introspettivi condotti con lo sguardo di chi coltiva dentro di sè un gran talento) e dei nuovi amici conosciuti nel campo militare di Chioggia, si scontrano, si fondono e si scindono in un vortice di emziooni sfrenate, dubbi esistenziali e gioie passeggere.

In fase di scrittura, Guadagnino è impeccabile nel presentare un microcosmo sfaccettato ed eterogeneo, in cui ogni personaggio in gioco “non è quello che sembra”, non perché nasconde segreti indicibili, ma perché, prima di tutto, mente a se stesso: mente sulla propria identità, sulle intenzioni, mente sulla rappresentazione che il mondo esterno – quello giudicante – ha di ognuno di loro. Ecco, dunque, che nel mezzo di un ambiente assuefatto a canoni imposti da codici di comportamento narcotizzanti, l’arrivo di Fraser ha lo stesso effetto di un ciclone colorato in piena estate. Fraser è il vento del cambiamento, la forza incontrollabile della crescita generazionale; Fraser è l’elemento di rottura quasi alieno che manda in confusione una galassia conosciuta, spingendola alla deriva e, di conseguenza, alla (ri)scoperta di sé.
Ma Guadagnino non fa del suo protagonista un eroe dallo stile eccentrico e accattivante: al contrario, Fraser è colui che più si trova in difficoltà, alle prese con la responsabilità di instaurare nuovi rapporti con persone che non conosce – e per di più, in alcuni casi, quasi ostili -, costantemente sotto il giudizio di chi lo considera solo un ragazzetto strambo, deciso a scavare in profondità dentro di sé per comprendersi, per capire cosa davvero rappresenta l’adolescenza per un americano talentuoso, affascinante e un pò snob. Ed è questa la parte più difficile...
Eppure Fraser non si lascia ammansire dalla sua nuova situazione, anzi, la sua stella splende così intensamente da folgorare il creato di Guadagnino, semplicemente rimanendo se stesso.

Ecco, allora, come il biondo adolescente diventa un magnete per la macchina da presa, che si distacca solo per curarne gli effetti sulle esistenze altrui; l’alieno non è Fraser, ma coloro che non hanno ancora capito chi sono, coloro che ancora non accettano e coloro che rifiutano entrambi gli aspetti per paura di cambiare. Ma la vita è un continuo mutamento – sta lì la morte del soldato Craig - ed è solo accettando questa unica verità che impariamo a crescere. Perché si, siamo chi siamo, ma la vera sfida sta nell’accettarlo.

Grazie a una messa in scena sempre sobria e tinteggiata da toni pastello e slavati, che aumentano quell’atmosfera di indecifrabile e persistente euforia adolescenziale, la regia di Guadagnino tocca volentieri vette di poetica cinematografica: travolgente e incantevole l’intero episodio del matrimonio in festa; dolce e curiosa ogni volta che Caitlin (essenziale prova d’attrice per Jordan Kristine Seamòn) fronteggia il mondo ostinatamente contrario; sicura e audace nel mostrarci il volto della disperazione, nel lasciare che i suoi “figli” si confrontino con il peso di un destino beffardo e ineluttabile.
Il cinema di Guadagno è cinema che è nutrimento per l’anima; è un carosello di gioie, sorprese e delusioni che sembrano appartenere a un mondo altro, ma mai così intimamente nostro e We are who we are è la nuova, struggente opera di un autore che ha capito quanto meravigliosa e incontenibile è la natura umana.

Ma quello di We are who we are non è soltanto un invito ad accettarci per quel che siamo; è, al contempo, un manifesto della libertà, un tentativo senza manomissioni di condurci verso il superamento di ogni pregiudizio, di ogni barriera mentale, affinché ognuno accetti il riflesso della propria natura e agisca, mostrandolo al mondo e, per i più fortunati, condividendo questo vitale processo di svelamento del vero insieme a qualcuno di speciale. Come Fraser e Caitlin, che dopo una lunga traversata tra flutti in tempesta, sembrano essere finalmente sbarcati sulla loro isola felice. Finché vorranno prendere di nuovo il mare; o alzarsi ancora in volo, verso nuovi orizzonti finora nascosti perfino ai loro occhi.


(We are who we are); genere: drammatico; showrunner: Luca Guadagnino; stagioni: 1 (miniserie); episodi miniserie: 8; interpreti principali: Chloë Sevigny, Jack Dylan Grazer, Alice Braga, Jordan Kristine Seamón, Spence Moore II, Scott Mescudi, Faith Alabi, Francesca Scorsese, Ben Taylor, Corey Knight, Tom Mercier; produzione: The Apartment, Wildside, Small Forward, Sky Studios; network: HBO (USA, 14 settembre - 2 novembre 2020), Sky Atlantic (Italia, 9 ottobre - 30 ottobre 2020); origine: U.S.A., 2020; durata: 60’; episodio cult: Episode 4 - Right here, right now #4, Episode 7 - Right here, right now #7 (Episodio 4 - Qui e ora IV, Episodio 7 - Qui e ora VII)


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