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Zivago

Pubblicato il 27 febbraio 2003 da Alessandro Izzi


Zivago

Grande coproduzione internazionale (E-Vision, Wgbh Boston e Granata Television), costata la non piccola cifra di undici milioni di euro (in parte spesi per un estenuante battage pubblicitario), la fiction televisiva che racconta la meravigliosa storia d’amore tra Yurij Zivago e Lara Guishar già narrata nelle splendide pagine del romanzo di Pasternak e già trasposta sugli schermi (ma quelli grandi, del cinema!) da un David Lean in quasi totale stato di grazia, non brilla, purtroppo, né per originalità, né per autentica passione. In effetti, l’opera, diretta da Giacomo Campiotti, aveva cercato, almeno nelle intenzioni, di porsi ambiziosamente la meta dichiarata di non essere un pallido remake televisivo del celebre capolavoro del già citato regista inglese, quanto piuttosto una nuova trasposizione delle celebri pagine del narratore russo, non a torto considerato l’ultimo esponente della tradizione Tolstojana aggiornata ai temi (il romanzo è del 1957) e ai modi della narrazione post proustiana e post joyciana. Se, infatti, come romanziere, Pasternak guarda al passato e alla grande epica del romanzo fiume ottocentesco, non da meno egli riesce spesso a trovare, tra le sue parole, anche le atmosfere avvolgenti e i tempi sospesi e memoriali della narrazione contemporanea avverando un’operazione di riammodernamento stilistico di cui si rivelerà incapace, come poeta, nella coeva produzione in versi (quella stessa che vedremo raffigurata nelle liriche che Zivago compone nel corso della fiction e che saranno sempre incredibilmente inattuali nel mondo delle provocazioni del cubofuturismo di vari Majakovski). Di tutto questo fermento stilistico, di questo strano connubio tra modernità e classicismo che fa del romanzo una sfinge di ben più ardua lettura di quanto non sembri a prima vista, Campiotti non sembra riuscire a cogliere il vero nerbo. Immergendo il racconto in una fotografia suggestiva (ne è artefice il premio Oscar Blasco Giurato) che racconta il tempo rivoluzionario con un taglio sapientemente evocativo (ma banale è l’idea di far cozzare le immagini della fiction con riprese da veri filmati d’epoca), il regista garantisce certo un racconto formalmente ineccepibile, ma abbastanza “di superficie”. L’unico elemento di apparente rottura con la vecchia fiction televisiva di carattere storico/letterario sembrerebbe risiedere tutto nelle ampiamente pubblicizzate scene di sesso che si vorrebbero più appassionate ed esplicite di quelle fin qui viste sul piccolo schermo. Ma è inutile dire quanto questa relativa novità, all’interno di un racconto che si adegua ben presto in una piatta illustrazione del romanzo da cui trae spunto, sia nient’altro che apparente: un inutile fuoco di paglia. Se apprezziamo l’estrema cura professionale nella confezione del prodotto (ottimo il lavoro sulle scenografie e sui costumi, profondamente debitori, comunque, del lavoro già compiuto da quel David Lean da cui Campiotti, a parole, sembrava volersi quanto più possibile allontanare) i pochi e sciatti dialoghi dello sceneggiatore Andrew Davies e certe scelte registiche (l’abuso degli specchi come artificio melodrammatico per rendere la complessità iniziale del personaggio di Lara, il ricorso a effetti stroboscopici alla Salvate il soldato Ryan nelle battaglie rivoluzionarie) lasciano per lo più perplessi. Il cast internazionale fa quel che può per sostenere il filo di un racconto che appare presto troppo lungo, ma Hans Metheson (già in Canone inverso, qui interpreta il personaggio eponimo) non riesce abbastanza credibile nel rendere la vecchiaia di Zivago mentre Keira Knightley (Lara) deve confrontarsi (uscendone sconfitta) con l’indelebile ricordo di Julie Christie. Un velo pietoso andrebbe steso sull’uniforme sfondo sonoro costituito dalle musiche di Ludovico Einaudi indecise tra il sapore cameristico (quasi quartettistico) di certi momenti e l’enfasi ultraromantica di alcuni slanci pianistici che, per il comun denominatore minimalista, ricordano troppo da vicino le Lezioni di piano di Nymaniana memoria. Girato in 12 settimane tra i suggestivi scenari della Slovacchia e della Repubblica Ceca, il film (che, in Inghilterra, è già andato con onda, diviso, con più intelligenza, in tre puntate invece delle nostre interminabili due) non è certo da annoverarsi tra i grandi capolavori indimenticabili della televisione italiana.

(Zivago); regia: Giacomo Campiotti; sceneggiatura: Andrew Davies; fotografia: Blasco Giurato; montaggio: Joe Walker; musica: Ludovico Einauidi; interpreti: Sam Neill, Hans Matheson, Keira Knightley, Kris Marshall, Daniele Liotti; produzione: E-Vision, Wgbh Boston e Granata Television

messa in onda: martedì 11 e mercoledì 12 febbraio 2003; rete: Canale 5; ore: 21:00

[febbraio 2003]


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