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Battiato dixit

Pubblicato il 20 maggio 2003 da Alessandro Borri


Battiato dixit

Il passaggio al cinema Non è stato un mio desiderio, sono stato spinto a questo passo. Ma grazie ai miei collaboratori non ho trovato difficoltà. Non ho seguito le regole cinematografiche dove la tecnica è sempre al servizio del racconto: non amo la cronologia, la drammaturgia costruita intorno ai personaggi, lavoro con altre scansioni, più ritmiche e musicali. Quanto alle ispirazioni, ho digerito tutto quello che c’era da digerire, ma non ho dei “miti”. Anche se mi piace un regista non gli prenderei mai qualcosa quando faccio il mio film.

L’autobiografismo Il pericolo è quello di cadere nello psicologismo greve. Non ho conosciuto nessun pigmalione come quello interpretato da Gabriele Ferzetti. Ho vissuto un’infanzia stupenda, tribale, di cui sono contento. Ma il film va visto come tale. Sono ambienti che ho conosciuto, perché non farei mai un film su qualcosa che non conosco, ma sono al tempo stesso falsati. Insomma non è un film autobiografico.

Il “cavaliere inesistente” (Manlio Sgalambro) Il protagonista è un “cavaliere inesistente” perché è come trasparente, in modo che non opacizzi il resto, non sia d’ostacolo al film nel suo complesso. È come un’introduzione alle cose che si svolgono intorno a lui.

Il sopranista Le voci innaturali degli uomini hanno qualcosa di trascendente. È la possibilità di un femminile come espressione pura. Ma in Italia c’è ancora una mentalità “gladiatoria”. Infatti il sopranista finisce a fare il cameriere a Milano.

Il Battisti rifiutato La scena nella casa discografica è un divertissment. Nel descrivere il discografico alle prese con l’errore prendo in giro la pretesa di avere sempre il modello giusto per il successo e riprodurlo all’infinito. Questo è ridicolo perché in agguato c’è sempre il capriccio primigenio, insondabile del pubblico. C’è molto divertimento anche nel mostrare l’ambiente modaiolo delle gallerie d’arte degli anni Sessanta, l’ambiente della sperimentazione milanese, o nel mettere Maurizio Arcieri o Alberto Radius oggi e fargli fare la parte di loro da giovani.

La musica nel cinema O la musica c’è in modo prepotente, come l’ho voluta in Perduto amor, o è meglio che non ci sia.

Arte e spiritualità Per me è un rapporto determinante. Quando scrivo qualcosa ho la necessità impellente di inserire elementi metafisici.

Beethoven Fare cinema è come avere una macchina del tempo. L’idea di fare un film sugli ultimi giorni di vita di Beethoven nasce da questo. Devo documentarmi molto per descrivere convincentemente l’ambiente. Con una buona intuizione però non mi dispiacerebbe riuscire ad andare nell’Ottocento.

[maggio 2003]


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