Black 47

C’era una volta in Irlanda, si potrebbe dire, nell’Irlanda misera e disgraziata, povera e affamata del 1847. È quello l’anno nero cui fa riferimento il titolo del film, il più buio della storia del paese. È l’anno della grande carestia, dei raccolti di patate andati a male per il gelo. La popolazione era annichilita dalla fame e dalle malattie: nel giro di in pochi anni morì un quarto degli abitanti e altrettanti furono costretti a emigrare. I colonizzatori inglesi non ebbero la minima comprensione per lo stato di calamità eccezionale, continuarono ad imporre le proprie regole come se nulla fosse, sequestrando le scorte di grano per inviarle nella madrepatria e trattando gli indigeni da esseri inferiori neppure capaci di parlare la lingua inglese come si deve.
Su questo sfondo storico-sociale, ben ricostruito con attenzione ai particolari, in un paesaggio spettrale in cui il cielo è sempre plumbeo e tutto sembra avvolto nella foschia, si svolge la trama della pellicola di Lance Daly, regista di Dublino, noto tra l’altro per i due lungometraggi Kisses (2008) e The Good Doctor (2010). Protagonista della vicenda è Martin Feeney (interpretato da James Frecheville), soldato irlandese che dopo aver combatto per la corona inglese in Afghanistan fa ritorno in patria con la speranza di trasferirsi in America insieme con la propria famiglia, madre, fratello e nipoti. Ma il paese che trova è ben diverso da quello che immaginava e anche i suoi parenti sono caduti vittime dell’indigenza e della ferocia degli inglesi. Da qui ha inizio la sua vendetta, una rivalsa cruenta e impietosa che a poco a poco coinvolge tutti i simboli della dominazione britannica: il giudice che ha fatto impiccare il fratello, l’esattore delle imposte che non ha avuto nessuna pietà della madre portandole via tutti i risparmi, i soldati che di volta si mettono sulla sua strada.
Contro Feeney si apre una vera e propria caccia all’uomo da parte della polizia inglese locale. E qui entra in gioco l’altro protagonista del film: Hannah (Hugo Weaving), soldato inglese anch’egli reduce dall’Afghanistan, dove ha conosciuto Feeney e verso il quale ha sentimenti di rispetto e amicizia. A lui, divenuto cacciatore di taglie, viene affidato il compito di trovare il disertore. L’incontro-scontro tra i due eroi solitari e violenti è il vero cuore della pellicola. Ben presto si capisce che inseguitore e inseguito sono fatti della stessa pasta: due caratteri troppo simili per combattersi davvero e che alla fine, in nome della comune esperienza di guerra e nonostante le differenti nazionalità, senza quasi volerlo si scoprono alleati.
Il film ha senz’altro il merito di illustrare «una pagina poco conosciuta della storia irlandese ed europea, su cui finora non erano mai stati realizzati film», come ha rivendicato orgogliosamente il regista nella conferenza stampa seguita alla premiere del film nel corso del festival di Berlino. Inoltre rappresenta un sacrosanto atto d’accusa retrospettivo contro la violenza sadica e la barbarie del colonialismo inglese che trattava gli irlandesi come razza inferiore, come animali da addomesticare e sfruttare e perfino da convertire in cambio di una zuppa calda. Ma sul piano formale ha qualche pecca di troppo: si configura come una classica “revenge-story” che segue un copione narrativo da film western. Tale scelta rischia di essere semplicistica e banalizzante, oltre ad adattarsi poco alla realtà storica dell’Irlanda di metà ’800. Sopra le righe appaiono le incessanti sparatorie stile cowboy, gli inseguimenti a cavallo, le case incendiate, le prove di forza alla Rambo del disertore Feeney (capace di far fuori da solo decine di guardie ora col suo machete afgano, ora con le pallottole del suo fucile). E troppo scolastica è la costruzione del personaggio di Feeney col suo carattere solitario e taciturno, la sua dimensione di eroe solitario e senza speranza, trasformato in una macchina per uccidere dalle disgrazie della vita e dalla disillusione che la situazione possa migliorare.
(Black 47); Regia: Lance Daly; sceneggiatura: Lance Daly, PJ Dillon, Pierce Ryan, Eugene O’Brien, Lance Daly; fotografia: Declan Quinn; montaggio: John Walters, Julian Ulrichs; musica: Brian Byrne; costumi: Magdalena Labuz; interpreti: Hugo Weaving, James Frecheville, Stephen Rea, Freddie Fox, barry Keoghan, Moe Dunford, Sarah Greene, Jim Broadbent, produzione: Fastnet Films (Dublino, Irlanda), Luxembourg Film Fund; distribuzione: Altitude Film Sales (Londra, UK); origine: Irlanda; durata: 96’
