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Boris sans Béatrice (Concorso)

Pubblicato il 12 febbraio 2016 da Gherardo Ugolini

VOTO:

Boris sans Béatrice (Concorso)

Denis Côté, regista canadese del Québec, più volte premiato al festival di Locarno, è diventato un habitué anche della Berlinale. Tre anni fa presentò in concorso il film Vic+Flo ont vu un ours (Vic e Flo hanno visto un orso), stravagante e discutibile thriller lesbo con cui riuscì a vincere l’Alfred-Bauer-Preis, un premio speciale destinato a pellicole che aprono nuove prospettive nell’ambito della cinematografia. Nell’edizione in corso del festival berlinese Coté ha presentato un film abbastanza diverso, ma per certi tratti affine al precedente. Anche in questo caso prevale certamente l’atmosfera thriller, ma incanalata in un tentativo di scavo psicologico per mettere a nudo le colpe e le frustrazioni del protagonista.
Siamo nel Quebec, regione francofona del Canada, e tutta la vicenda ruota attorno a Boris Malinovsky (James Hyndman), uomo di mezza età ricco e potente che conduce un’azienda con assoluto distacco e cinica indifferenza nei confronti dei suoi sottoposti e ama rintanarsi appena possibile nella solitaria villa in collina, appartata tra prati e boschi rigogliosi. Che il regista ci voglia mettere sotto gli occhi un personaggio decisamente antipatico e tracotante è del tutto evidente. Bastano poche scene per inquadrare la personalità di Boris: quando in un negozio di alta moda maschile, dove ha appena comprato delle costose camicie, tratta a pesci in faccia la zelante commessa che vorrebbe strappare al facoltoso cliente qualche dato personale per il marketing; e quando si rivolge con boria e strafottenza al tribunale per chiedere che le autorità pubbliche si decidano ad asfaltare la strada che porta sulla collina della sua villa (nonostante non sia una priorità del piano urbanistico). Un uomo di successo, dunque, che ha raggiunto tutti i suoi obiettivi, sicuro di sé fino all’arroganza, la cui decostruzione è avviata dall’improvvisa e misteriosa malattia della moglie Béatrice (Simone Élise-Gerard), ministro in carica del governo canadese. Depressione, dicono i medici che non sanno comprendere le cause del malessere né tantomeno curarlo. Brevi sequenze con immagini sfuocate evocano la Bèatrice sorridente e solare dei tempi migliori. Ma la realtà presente, il malessere psicologico che la divora, l’hanno trasformata in una donna apatica e scollegata dalla vita, costretta a passare le giornate a fissare il vuoto immobile nella propria stanza. Come può vivere Boris senza la sua amata Bèatrice? La sofferenza dell’uomo traspare da ogni suo gesto, ma le emozioni sono occultate dietro una spessa coltre di razionalismo e cinismo. E presto Boris si concede la distrazione di una relazione con un’altra donna, Helga (Dounia Sichov), senza disdegnare le attenzioni della giovane Klara (Isolda Dychauk) ingaggiata come domestica. La necessità di far fronte alla cura di Béatrice, per la quale si interessa direttamente anche il premier del governo canadese (Bruce LaBruce) che rivorrebbe la propria collaboratrice in salute come prima, costituisce per Boris una pressione soverchiante da cui non riesce a liberarsi.
L’impostazione del soggetto poteva dar luogo a un dramma psicologico avvincente e non banale. Ma Denis Côté non si è accontentato di tale risultato ed ha inserito nel puzzle una serie di ulteriori tasselli mistico-mitologici che complicano inutilmente la trama e che mal si collegano l’uno con l’altro nell’insieme. È il caso del misterioso personaggio che improvvisamente appare dal nulla, probabile incarnazione del senso di colpa, che accusa Boris di essere il vero responsabile della depressione di Béatrice con successiva esortazione a redimersi dagli errori. Ancor più forzati i riferimenti alla tragedia greca che nelle intenzioni del regista vorrebbe fungere da paradigma ermeneutico per la svolta del film. Sintomatica a tal fine è la lunga scena del riconoscimento di Elettra e Oreste, recitata in costume da due amici della figlia di Boris, autentico punto di svolta per il protagonista. Da lì ha inizio un cauto e difficoltoso riavvicinamento alla figlia (refrattaria all’autorità e alla morale paterne), all’anziana madre ed anche alla moglie sofferente.


CAST & CREDITS

(Boris sans Béatrice); Regia e sceneggiatura: Denis Côté; fotografia: Jessica lee gagné; montaggio: Nicolas Roy; musica: Ghislain Poirier; interpreti: James Hyndma, Simone-Elise Girard, Denis Lavant, Isolda Dychauk, Dounia Sichov, Laetitia Isambert-Denis, Bruce La Bruce, Louise Laprade; produzione: Metafilms Montreal, Canada; origine: Canada, 2016


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