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Chiamatemi Francesco (Conferenza Stampa)

Pubblicato il 30 novembre 2015 da Annalaura Imperiali


Chiamatemi Francesco (Conferenza Stampa)

Roma, 26 Novembre 2015. Di tante cose che si possono pensare assistendo alla conferenza stampa di un film sull’attuale Papa Fracesco, una colpisce e diverte in modo particolare: abbiamo cercato di sapere tutto su Bergoglio, anche come fa colazione la mattina… Lo sapete? In piedi, con una banana!.

Daniele Luchetti, regista dell’opera e primo a prendere la parola, esordisce con un ringraziamento di dovere a tutta la troupe, gran parte della quale è presente per sostenere la conferenza stampa stessa, che l’ha appoggiato con forza e con fiducia nel portare avanti un progetto così difficile. L’idea del film, spiega sempre Luchetti, nasce nel momento in cui quest’ultimo chiama il produttore Pietro Valsecchi (TaoDue Film) il quale, complice una certa follia che deve sempre avere la figura di chi produce, decide di comune accordo col regista di recarsi in viaggio a Buenos Aires in cerca di persone che abbiano conosciuto l’attuale papa. Dopo tanti incontri, di cui alcuni poco produttivi, spesso con gente che aveva visto Bergoglio sì e no una volta sola in tutta la propria vita, e alcuni più utili, con gente che, invece, l’aveva conosciuto meglio e più da vicino, Luchetti si sentiva comunque insoddisfatto per la vaghezza del personaggio ancora non ben delineato di fronte al suo sguardo di regista. Come poi spesso accade nella vita, un’informazione precisa ha contribuito a rovesciare questa lunga situazione di stallo: quando a Luchetti è stato detto che Jorge è stato un uomo per tutta la vita preoccupato, il regista di Chiamatemi Francesco è come se, illuminato da questa chiave di volta, abbia trovato il punto di forza dell’espressività, del tipo di carisma, della postura e del carattere da dare al suo Bergoglio.

Ciò che di sicuro gli è stato progressivamente più chiaro è il senso della profonda vocazione del nostro attuale papa: portare se stesso nel punto di massima utilità per gli altri è, secondo Luchetti, l’elemento più bello da descrivere e più ammirevole da sentire di Jorge Bergoglio. Chiamatemi Francesco risulta, dunque, un film che Luchetti non solo ha ritenuto necessario, ma anche e soprattutto di cui si è veramente innamorato. Per portare avanti e fino in fondo il progetto, inoltre, il regista si è distanziato per un periodo di circa un anno e mezzo dalla continua lettura/visione di notizie sul papa, in quanto qualunque informazione passata dai media sarebbe potuta diventare motivo d’ansia e di condizionamento. Certamente si può dire una cosa: se Luchetti era partito non credente prima di fare questo film, adesso, se non altro e a dimostrazione della potenza della Fede del Papa, crede molto nella gente che crede. La seduzione sentita nei confronti del lavoro dei preti di strada sul campo l’ha reso un uomo, oltre che un regista, più maturo e consapevole.

Due notevoli attori sudamericani hanno avuto l’onere e l’onore di interpretare Bergoglio nel corso del film: l’argentino Rodrigo de la Serna si è calato nei panni del gesuita argentino tra i suoi venticinque e i suoi sessanta anni circa; il cileno Sergio Hernández, invece, ha vestito i panni dello stesso uomo di Chiesa nella fase dell’età più avanzata, quella in cui il suo nome è finito per trionfare, sotto la volta mozzafiato della michelangiolesca Cappella Sistina, nel conclave dello scorso 2013. Entrambi hanno fatto presente, in maniera del tutto comprensibile, la preoccupazione e al contempo la sfida sentita avvicinandosi ad una figura pubblica, globalmente primaria e fortemente mitizzata come quella di Papa Francesco. Nella volontà di Luchetti, infatti, così come nella risposta interpretativa dei due attori protagonisti, c’era scritto a caratteri cubitali il desiderio di non farne un santino e di inquadrarlo, piuttosto, non solo con la sua carica spirituale ma anche con tutta la sua passionale umanità, nella vera storia dell’Argentina all’epoca dei suoi anni di piombo: quella, nuda e cruda, dei desaparecidos sotto il regime della giunta militare guidata dal temibile dittatore Jorge Rafael Videla tra il 1976 e il periodo immediatamente precedente al 1983, anno della restaurazione della democrazia nel paese di Bergoglio dopo la buia fase del “terrorismo di stato.

Lo scopo generalizzato, dunque, non è mai stato quello di fare un film “da turisti” o un film “per insegnare agli argentini la loro stessa storia”, quanto piuttosto quello di fare un film che mostrasse “l’inferno” a cui Jorge era stato abituato e contro cui ha cercato di lottare, sporcandosi le mani fin dalla sua giovinezza. Nonostante ciò Chiamatemi Francesco, primo film su un papa vivente, non ha attinto, come ha precisato Luchetti, da una ricerca storiografica pregressa, quanto piuttosto dalle testimonianze emotive delle persone incontrate lungo il cammino di preparazione al film stesso. Persone che, in un modo o nell’altro, hanno fatto parte della vita di Bergoglio.

Passando la parola finale all’apparato produttivo del film, Valsecchi ha fatto presente un dato importante: fare un film senza interlocutore, visto che né il Vaticano né il papa in persona sono intervenuti in merito a Chiamatemi Francesco, lascia in apnea; da una parte dà quel senso di brivido dell’attesa del prodotto finale (giudicato, peraltro, come un film “buono e veritiero” da parte di un membro ecclesiastico del Vaticano; lo stato della Chiesa, infatti, ha accreditato il film) e dall’altra dà quel senso di forte preoccupazione di fronte alla possibilità di commettere qualsiasi tipo di errore.

Il distributore della Medusa Film, venuto in rappresentanza sempre del gruppo Mediaset, ha detto che Chiamatemi Francesco sta per essere venduto a quaranta paesi nel mondo e uscirà, solo in Italia, con quasi 700 copie. Ha concluso parlando di un budget da 15.000.000 di dollari e spiegando che il film - una cui seconda e significativa anteprima, voluta dal papa per gli ultimi e i poveri, avrà luogo presso la Sala Nervi del Vaticano martedì 1 dicembre, prima dell’uscita ufficiale in sala prevista per giovedì 3 dicembre - vedrà anche una successiva versione televisiva composta da quattro puntate di cinquanta minuti l’una, che arriveranno sul piccolo schermo tra circa un anno e mezzo.


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