X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Compliance

Pubblicato il 24 novembre 2012 da Giovanna Branca

VOTO:

Compliance

Letteralmente compliance vuol dire conformità. Conformità alla legge, in particolar modo. Ma nel caso del titolo del film di Craig Zobel è un termine che evoca tutta una serie di significati molto ambigui. Il conformismo ad esempio, ma anche l’ottusità, il servilismo e la mancanza di empatia umana di fronte al potere costituito (o a ciò che si pensa essere tale). L’incapacità di agire secondo coscienza: la banalità del male. Tratto da una storia vera, Compliance è interamente ambientato in un fast food dell’Ohio, o meglio si svolge quasi del tutto in uno stanzino nel retro del locale, in cui viene segregata la giovanissima cassiera Becky dopo essere stata accusata di furto. La protagonista del film è la manager Sandra, che riceve la chiamata di un uomo che dichiara di essere un agente di polizia e di aver ricevuto una denuncia a carico di Becky da parte di una signora che sostiene di essere stata derubata. L’ “agente” Daniels resterà al telefono con Sandra, e con vari altri impiegati del fast food, per tutta la durata del film. Allo spettatore sarà (auspicabilmente) presto chiaro che questo poliziotto non è che un impostore; chiede a coloro con cui parla di perquisire i possedimenti della ragazza, di spogliarla: tutta una serie di pratiche che violano palesemente ogni suo diritto, per giunta senza mai palesarsi adducendo scuse ridicole.
Il punto della storia infatti è proprio questo: osservare sino a che punto delle persone – compresa la vittima stessa - per timore della legge e della compromissione del proprio quieto vivere, siano incapaci di accorgersi di abomini assolutamente lampanti. Il problema, però, è che si tratta di una storia vera, e anzi un disclaimer alla fine del film ci informa che ci sono stati una trentina di casi simili negli Stati Uniti.
Craig Zobel riesce a costruire una tensione crescente che rende benissimo la sua storia terribile e “ridicola”: quasi tutta raccontata per primi piani e veloci stacchi di montaggio su particolari, che accrescono la claustrofobia ed il senso soffocante di angoscia che monta fino a che l’uomo all’altro capo del filo riuscirà a far giungere il suo “scherzo” alla degenerazione più totale. Senza che nessuno dei suoi complici inconsapevoli, ma altrettanto colpevoli, sia in grado di fermarlo(o veramente intenzionato a farlo), mentre sarebbe bastato pochissimo, quasi nulla, come dimostrerà infine l’ultimo dei personaggi coinvolti nella telefonata.
Alla fine del film in molti sospirano sconsolati: “americani…”. Ma resta da vedere che cosa succederebbe qui da noi in simili condizioni.


CAST & CREDITS

(Compliance) Regia e sceneggiatura: Craig Zobel; fotografia: Adam Stone; montaggio: Jane Rizzo; musica: Heater McIntosh; scenografia: Matthew Munn; interpreti: Ann Dowd (Sandra), Dreama Walker (Becky), Pat Healy (agente Daniels), Bill Camp (Van); produzione: Bad Cop Film Production; origine: Stati Uniti; durata: 90’.


Enregistrer au format PDF