Conferenza stampa: Abel Ferrara. Roma, Casa del Cinema, 16/11/2005

L’incontro-dibattito si rivela da un lato molto interessante per quanto riguarda l’approfondimento della figura di Maria Maddalena, dall’altro invece troppo improntato su una visione esclusivamente religiosa del film di Ferrara, quando invece Mary offre anche altri spunti di riflessione. Non solo. Tutte le domande poste al regista vertono in qualche modo sugli aspetti intellettualistici dell’interpretazione di Vangeli apocrifi o di altri scritti a carattere religioso. Abel Ferrara invece dimostra di vedere le cose in maniera molto meno razionale, stupendo i partecipanti alla conferenza stampa (e irritando anche qualcuno), con risposte evasive, o addirittura citando brani di Bob Dylan o raccontando aneddoti. Quella del cineasta newyorkese è una personalità bizzarra, mistica e tossica allo stesso tempo, ma soprattutto sincera. Ne sono dimostrazione le sue parole: “Io ho fatto il film, ognuno può vederlo come vuole e farne ciò che vuole, il film è di chi lo vede”, rispondendo in questo modo a chi gli aveva chiesto perché avesse scritto un film come Mary che, seppur coerente con la sua filmografia, è un’opera molto più diretta nella sua manifestazione di spiritualità.
Il dibattito si svolge con l’intento di analizzare le funzioni dei tre personaggi principali di Mary. Mariella Perroni, teologa, approfondisce la figura di Maria di Magdala (più che quella di Mary-Marie), portando avanti l’idea che, per quanto riguarda lo studio delle fondamenta storiche delle figure religiose, non si dovrebbe far riferimento solamente ai quattro Vangeli del Nuovo Testamento, ma anche ai Vangeli gnostici, che mostrano grandi differenze rispetto ai primi, soprattutto per quanto riguarda il numero dei discepoli di Gesù e la presenza di donne tra di essi (tra cui la Maddalena appunto). La studiosa insiste sul fatto che lo studio della religione cristiano-cattolica dovrebbe essere più aperto rispetto a certe fonti, allontanandosi dalla unilateralità degli studi effettuati sui Vangeli riconosciuti, e ponendosi contro Jean Yves Leloup, teologo presente nella trasmissione televisiva condotta da Ted (Forest Whitaker), che dipingeva Maria di Magdala esclusivamente come la peccatrice che ha lavato i piedi a Gesù. Del film analizza invece la figura di Gesù e degli insegnamenti da lui trasmessi alla Maddalena; così come la santa, l’attrice interpretata dalla Binoche, cerca di ricominciare tutto daccapo per recuperare gli errori compiuti durante la sua vita. La strada ricomincia da Gerusalemme.
Federico Pontiggia, critico cinematografico ed autore di Abel Ferrara - Il cattivo tenente, è stato chiamato in causa per analizzare la figura del regista Tony (Matthew Modine). Il giornalista vede in Mary un ‘ritorno alla Passione’ come in Il cattivo tenente, in questo caso tripartita tra i tre personaggi, nonché un ritorno al sistema del ‘film nel film’, come già era accaduto in Snake Eyes. Il regista Tony Childress, in cui s’individuano i tratti dello stesso Ferrara, rappresenta non solo la presa di posizione nei confronti di una rivalutazione della figura della Maddalena tramite il suo film This is my blood, ma anche una sorta di incondizionato misticismo, da vedere in modo del tutto emozionale, e non razionale.
Il giornalista e saggista Armando Torno, che si è occupato dell’analisi della figura di Ted, nota, nel personaggio interpretato da Whitaker, la rappresentazione delle contraddizioni dell’animo umano: l’uomo è un presentatore televisivo, quindi un comunicatore, ma non riesce a comunicare con Dio. Accennando all’idea di Basilide, profeta gnostico, per cui Dio non esiste come lo immaginiamo, Torno vede la comunicazione come una forma di conoscenza, per cui, non potendo in realtà conoscere Dio, non è possibile neanche comunicare con Lui. Se invece lo si fa col cuore e con la fede (come Ted nel finale del film dunque), la comunicazione diventa possibile.
Di fronte alle analisi dei personaggi e delle situazioni di Mary, Abel Ferrara sorride spaesato, ritenendo di non essere in grado di dire le cose meglio di loro. Racconta che molti anni prima anche lui aveva proiettato un suo lavoro in una sala vuota, perché i produttori, evidentemente disgustati, erano usciti poco dopo l’inizio del film. Riguardo agli interventi appena citati non sa che dire e risponde: “Mi piacerebbe essere come Pasolini o Antonioni che avevano il controllo dei personaggi”, sostenendo inoltre che il personaggio prende vita non solo dal regista, ma da tutta la troupe, dallo spettatore stesso. in definitiva Ferrara non risponde praticamente a nessuna domanda che gli viene posta, preferendo lasciare che la sua intima spiritualità non venga ricercata tramite domande troppo intellettuali, ma piuttosto tramite la capacità di emozionarsi davanti al film. Mary riflette Abel Ferrara dunque: è un’opera sincera, mistica, ma non esclusivamente per ‘religiosi’, come questo incontro-dibattito ci ha invece dato ad intendere.
