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Conferenza stampa de I lunedì al sole

Pubblicato il 20 marzo 2003 da Alessandro Borri


Conferenza stampa de I lunedì al sole

Quando sono state girate le scene degli scontri di piazza all’inizio del film? Fernando León de Aranoa: Sono scene reali, girate in Betacam tre anni prima del film. Sviluppando il progetto abbiamo passato varie settimane coi lavoratori navali di Gijon, che si erano asserragliati nei cantieri per il licenziamento di 90 loro compagni. La cosa importante fu assistere alle assemblee dei lavoratori, dove discutevano del futuro, del lavoro, delle forme di resistenza, del concetto collettivo di lavoro, temi che si ritrovano nel personaggio di Santa.

Lei è nato in un anno cruciale, il 1968. Quanto è importante oggi riportare al cinema le tematiche sociali? León de Aranoa: A parte i film, ho fatto anche documentari sulla guerra in Bosnia e sul movimento zapatista in Messico. L’interesse per me è sempre quello di stare nella realtà, imparare qualcosa per il mio interesse personale e raccontare storie a partire da questo. Quanto al filone del cinema sociale che si è sviluppato in Europa negli ultimi anni, forse è andato a occupare uno spazio che la politica di sinistra non ha coperto negli ultimi anni.

Il film è basato sulle piccole cose della vita dei protagonisti, senza eventi rilevanti. È stato concepito così dal principio? León de Aranoa: No, originariamente dovevamo parlare di un episodio realmente avvenuto, in cui un gruppo di lavoratori ha sequestrato un traghetto coi suoi passeggeri. Mentre scrivevamo è come se i personaggi si fossero impossessati del film. Man mano il sequestro è slittato, ed è rimasta la presentazione dei personaggi come se il primo atto fosse diventato il film. Volevo che la storia fosse trasparente, destrutturata, lenta come la vita di queste persone. Un altro ritmo non sarebbe stato coerente.

I personaggi sono però isolati dal sindacato, dalla vita politica. León de Aranoa: Sono passati tre anni dai licenziamenti, dalle lotte, solo in una scena Santa parla del passato. Volevo raccontare la vita di tutti i giorni, quella della sopravvivenza, dove i nemici sono il dubbio, la disperazione. Ho cercato di mantenere un certo livello di astrazione, in modo che la storia fosse universale, e ho messo il discorso ideologico in secondo piano, concentrandomi sulle emozioni dei personaggi.

Al centro della narrazione c’è un gruppo di tre amici, come nel suo film precedente, Barrio. Perché è così legato a questa struttura? León de Aranoa: Il mio primo film, Familia, è una storia corale. Qui ci sono le storie dei 5-6 personaggi che si riuniscono al bar, ma effettivamente il gruppo centrale, quello che seguiamo con più attenzione, è composto di tre persone, Santa, José e Lino, forse perché 3 è un numero giusto per rappresentare i rapporti d’amicizia, il cameratismo ma anche le differenze, i contrasti. Adesso però sto lavorando a una sceneggiatura con due personaggi principali.

I lavoratori che hanno ispirato il film lo hanno visto? León de Aranoa: Abbiamo fatto una proiezione a Gijon, cui hanno partecipato un migliaio di lavoratori, che ci hanno raccontato di vivere situazioni simili a quella del film. La reazione è stata molto bella, si sono rispecchiati nel film, e per me e Javier è stata la cosa più bella.

Come si è schierato il mondo del cinema in Spagna nei confronti della guerra? León de Aranoa: Durante la serata dei Goja in cui il film è stato premiato, molti registi e attori hanno detto no alla guerra, e questo ha suscitato reazioni aggressive da parte dei mezzi di comunicazione e del governo. Il messaggio è stato amplificato, e si è parlato molto del tema, fino alla grande manifestazione del 15 febbraio e a un’altra che si è svolta il 15 marzo a Madrid, dove c’è stata una folta rappresentanza di gente del cinema.

Bardem, come ha preparato i movimenti, la gestualità particolare del personaggio? Javier Bardem: Fernando è un grande sceneggiatore, costruisce perfettamente i suoi personaggi fin dall’inizio, e all’attore resta poco da fare. Io ho aggiunto l’aspetto fisico, la gestualità è una parte del lavoro che mi diverte molto. Ho visto i filmati di Fernando sui lavoratori, poi ho smesso di fumare e sono di conseguenza ingrassato come un maiale.

Quanto c’è di lei in Santa? Bardem: Non mi vengono proposte molte sceneggiature su questi temi, forse perché pochi sono i registi che possono conciliare rispetto per i personaggi e spettacolo. Per quanto riguarda il personaggio, io sono fortunato perché ho un ritmo di lavoro costante, ma l’80-90 per cento degli attori sono spesso disoccupati. Anch’io comunque ho vissuto questa situazione, e la conosco abbastanza bene da ritrarla con cognizione di causa.

A che punto ritiene sia la sua carriera, dopo la candidatura all’Oscar? Bardem: Voglio essere orgoglioso del mio lavoro. La fama, il denaro vanno bene, ma non mi ossessionano. Ho ricevuto molte offerte dagli USA, dopo la nomination, ma nessuna poteva stare a pari rispetto a quella di Fernando. Penso che questo film sia il migliore che ho fatto.

[marzo 2003]


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