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Conferenza stampa di Dieci con Abbas Kiarostami

Pubblicato il 19 novembre 2002 da Alessandro Borri


Conferenza stampa di Dieci con Abbas Kiarostami

Com’è stata la genesi del film?

Era deciso dall’inizio che l’unica location sarebbe stata l’automobile, ma non che ci fossero solo due inquadrature. Dopo la prima sequenza ho provato a spostare la macchina ma non ho trovato altre inquadrature funzionali. La forma è nata dal film. La storia invece inizialmente era diversa. Era su un’analista che trova lo studio chiuso coi sigilli perché una sua paziente l’ha denunciata considerandola la causa del suo divorzio. Quando arrivano i pazienti decide di riceverli in macchina. Il problema era che l’analista nelle sedute non parla, ne sarebbe risultata una serie di monologhi.

Ha scelto l’universo femminile per raccontare i cambiamenti della società iraniana o per mostrare come le donne siano vittime di una cultura oscurantista?

Le donne sono state sempre presenti nei miei film. Qui parlano più di se stesse. Non c’è un rapporto diretto con la società iraniana odierna: queste tipologie di donne le vedo a Teheran da sempre. Ma non penso siano esperienze limitate all’Iran. L’unica differenza con la donna occidentale è il foulard in testa.

Il film è incentrato sul rapporto tra madre e figlio.

Il rapporto non si limita a quello genitoriale. Il bambino parla anche per gli uomini assenti. Di solito non do mai una sceneggiatura agli attori che uso, sempre non professionisti. Gli dico l’argomento e gli lascio il tempo per svilupparlo. Molte delle cose che dicono sono farina del loro sacco, ecco il segreto della naturalezza. Nelle scene tra madre e figlio nessuno dei due sapeva cosa avrebbe detto l’altro, ho fatto le prove separatamente per dare questa continua sensazione di sorpresa reciproca.

Un altro tema del film è quello della fede.

Nella mia vita ho visto che in condizioni difficili la fede ha un ruolo molto importante. Per esempio negli ultimi anni due miei amici registi hanno saputo di avere il cancro. Nessuno dei due era religioso, ma si sono incontrati da un guaritore che dice di togliere il male col tocco delle mani, e si sono abbracciati. Spesso persone non religiose in momenti particolari invocano Dio.

Perché la prostituta e la donna anziana non vengono inquadrate?

Ho provato a contattare vere prostitute, erano tutte contente di interpretare se stesse, basta che non le facessi vedere in faccia. Alla fine ho scelto una non prostituta, le cui uniche esperienze sessuali erano quelle col marito. Il risultato è stato molto buono, ma anche lei non voleva farsi vedere. Per rispettare la simmetria, non ho mostrato neanche la donna religiosa.

Com’è stato il lavoro con la camera digitale?

La macchina digitale mi dà un senso di libertà illimitata. Il film sarebbe stato impossibile da realizzare senza. La troupe è ridotta al minimo, e gli attori molto più rilassati. La scena iniziale è stata girata in quattro giorni, sempre di martedì, perché erano i giorni in cui il bambino andava veramente in piscina. La lavorazione è durata quasi tre mesi, e gli attori erano liberi di decidere quando volevano girare. Tutte le regole classiche del cinema saltano, non c’è più il regista nella sua accezione classica, né il produttore. Bisogna solo stabilire delle regole, e poi vedere cosa succede davanti alla videocamera. Si fa un viaggio insieme, e si scopre la meta via via. D’ora in poi tutti i film che non riesco a realizzare in pellicola li farò in digitale. Adesso per esempio sto lavorando su piccoli film di 20-30 minuti dove racconto una storia in un unico piano sequenza. Ultimamente faccio soprattutto fotografie, non ho voglia di raccontare dei fatti: come nella fotografia, lo spettatore deve metterci del suo, per completare il quadro.

Si pone mai il problema del pubblico?

Quando lavoro non posso pensare al pubblico. Close-up, per esempio, non ha avuto un grande incasso in Iran, ma quando è stato trasmesso in TV fu un successo. Dieci potrà conquistare un pubblico che va al cinema senza aspettative, con la mente pulita: avrà un numero di spettatori a misura di se stesso. A Cannes è stato presentato lo stesso giorno di un altro film in digitale, Guerre stellari. Hanno calcolato che è costato quanto 10 fotogrammi di quello, e quindi anche se avrà un milionesimo del suo successo, andrà bene.

In Iran il film è uscito?

No. Mi hanno proposto di tagliarne mezz’ora: la parte della prostituta, quella della ragazza rasata, i momenti dove il bambino usa un linguaggio forte verso la madre. Alla fine non sarebbe più stato Dieci, ma Sei.

Quali sono i suoi rapporti con le produzioni europee che la finanziano?

Faccio i miei film in totale autonomia. Quando finisco mi affido per la distribuzione all’Europa. Per quanto riguarda il cinema europeo, per la maggior parte mi sembra una caricatura di quello hollywoodiano. Ci sono singole personalità come Moretti o Anghelopulos, che realizzano un cinema indipendente, ovvero non dipendente dal capitale, che hanno il coraggio di sperimentare senza pensare alla massa del pubblico. L’influenza del denaro è tale che da aver bloccato la sperimentazione nel cinema, rispetto alle altre arti.

[novembre 2002]


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