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Conferenza stampa di L’ultimo re di Scozia. Roma, 15/02/07

Pubblicato il 17 febbraio 2007 da Carlo Dutto


Conferenza stampa di L'ultimo re di Scozia. Roma, 15/02/07

Forest Whitaker giunge a Roma per presentare il suo ultimo film da protagonista, in cui interpreta magistralmente quell’ Ultimo Re di Scozia che fu il dittatore ugandese Idi Amin Dada. La conferenza stampa all’Hotel Eden si svolge serenamente, anche se aleggia l’Oscar sul capo dell’attore afroamericano. Impossibile non iniziare chiedendo lumi sulla tanto bramata statuetta.

La serata degli Oscar si avvicina...speranze?

Confido che sarà una bella serata da trascorrere con la mia famiglia e i miei amici. Certo, è sempre arduo vedersi riconoscere il proprio lavoro a livelli tanto alti. Tutti i miei colleghi candidati all’Oscar hanno affrontato interpretazioni forti e sofferte: Will Smith affrontando il dramma dei senzatetto, Di Caprio il traffico dei diamanti, O’Toole la vecchiaia e Ryan Gosling in Half Nelson un uomo un po’ distrutto dal tempo e dalle difficoltà. Prevedo una bella sfida!

Una sua eventuale vittoria agli Oscar potrebbe in qualche modo aiutare la scalata alla Casa Bianca del candidato democratico e afroamericano Barack Obama?

Non sono il primo ad aver aperto importanti canali politici. Se un leader afroamericano dovesse riuscire a diventare Presidente di certo non sarà grazie a me, ma a coloro che si sono battuti per la parità dei diritti umani nell’ultimo secolo. Sarebbe comunque importante una sua elezione non solo per la comunità afro, ma anche per le altre comunità che popolano gli Stati Uniti.

Come ha lavorato per diventare Amin?

Ho iniziato a prepararmi a Los Angeles, prendendo lezioni di lingua swahili, visionando una miriade di documentari, telegiornali dell’epoca e leggendo i suoi discorsi, anche quelli in altri dialetti, per cercare di capire il personaggio nel profondo. Giunto in Uganda ho quindi avuto lunghi colloqui con i suoi amici e conoscenti, con coloro che gli erano vicino durante la sua presidenza, provando così a comprendere la cultura di un paese comunque a me vicino, da afroamericano, e apprendendo particolarità del suo stile di vita. Ho reso questi elementi parte di me per entrare meglio nel personaggio.

Secondo una sua dichiarazione, ogni personaggio che lei ha interpretato l’ha cambiata in piccole cose. Il personaggio di Idi Amin l’ha cambiata?

Penso profondamente che ogni personaggio che interpreto mi ha in qualche modo influenzato. Ogni carattere è unico come unico è il proprio modo di affrontarlo. La fatica e l’entusiasmo che ho utilizzato per le ricerche su Amin hanno influito sul processo di costruzione e identificazione del personaggio, l’impegno si è rivolto molto non solo al livello tecnico-espressivo ma anche e soprattutto a quello emotivo. E questo mi influenza, che lo voglia o meno.

Cosa pensa del rapporto con la figura di Idi Amin da parte del popolo ugandese, ancora diviso tra sostenitori e detrattori?

Ciò che ancora divide così perentoriamente il popolo ugandese sulla figura di Amin Dada risiede nella sua evidente dualità come uomo e come politico. Da una parte infatti gli riconoscono il tentativo di cambiamento in Uganda, nella cacciata degli asiatici che allora controllavano l’80 percento dell’economia o nelle modifiche apportate alla Costituzione, che hanno permesso alla popolazione di vivere più libera. Altri lo considerano un tiranno, altri ancora un eroe. In sostanza Amin è stato l’unico leader africano a cacciare gli occidentali e a propugnare il motto del possiamo farcela da soli. D’altro canto la seconda pelle di Amin è quella del dittatore sanguinario che ha ucciso e incarcerato la sua stessa gente.

Rispetto a ciò che ha conosciuto e interpretato, come definirebbe lei stesso Amin?

Amin era prima di tutto un soldato. Tutte le sue azioni sono state alimentate da questa sua natura militaresca. I nemici, una volta eletto presidente li ha dovuti trovare da soli, tra i suoi oppositori. Amin era pervaso da una sorta di ingenuità che all’inizio l’ha fatto muovere in assoluta buona fede, senza considerare le conseguenze a lungo termine delle sue azioni. Col passar del tempo le sue decisioni hanno forgiato l’economia e quello che è oggi l’Uganda, ma Amin è stato soprattutto un dittatore sanguinario che ha sulla coscienza la morte di 300mila persone. Un tratto che accomuna molti dittatori, uniti da un carisma unico e da una doppiezza sanguinaria. Amin era riuscito a ingannare il mondo, a partire dagli organi di stampa: basti pensare al giornalista inglese Snow, che aveva già intervistato Amin varie volte e lo seguiva ovunque. Lo stesso giornalista mi ha confessato di avere l’angoscia per non aver mai scritto delle atrocità che Amin commetteva sotto i suoi occhi, per quanto fosse fascinato dal suo carisma.

La recensione di The last king of Scotland


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