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Conferenza stampa di La maledizione del coniglio mannaro

Pubblicato il 2 marzo 2006 da Andrea Di Lorenzo


Conferenza stampa di La maledizione del coniglio mannaro

Come vanno le vendite dei DVD nel Regno Unito?

Benissimo. Si parla di cifre da capogiro: da quando il DVD del film è stato messo in vendita lunedì (20 febbraio, ndr) nella più grande catena di supermercati inglese, Tesco, se ne sono vendute 6000 copie solo nei primi 10 minuti!

Sappiamo che il programma della Aardman prevede dei film in 3D, volevo chiedere se il successo di Wallace e Gromit può portarci a sperare in un sequel. E poi una domanda riguardo alle citazioni nel film, in particolare quella di King Kong: ci può raccontare come è nata l’idea di trasformare Wallace in King Kong, personaggio che ultimamente Peter Jackson ha portato alla ribalta?

Decisamente pensare ad un sequel, data la quantità di lavoro che questo primo lungometraggio ha comportato, ci sono voluti 5 anni, mette una certa ansia. Però è anche vero che ormai Wallace e Gromit producono le idee quasi da soli e poi sono la mia famiglia, di cui sono estremamente orgoglioso: quando li vedo sulle copertine dei giornali non posso che sentirmi fiero del successo che stanno ottenendo.
Passando alla seconda parte della domanda... In realtà quando abbiamo iniziato a girare questo film, non ero a conoscenza del progetto di Peter Jackson. La nostra idea era quella di fare riferimento ai grandi film dell’horror americano, quindi abbiamo pensato ad un coniglio mannaro piuttosto che ad un lupo mannaro e, di conseguenza, questo ci ha portato a pensare ai grandi mostri di Hollywood ed è stato inevitabile pensare a King Kong, anche perché era il mio film preferito da ragazzo.

Questa volta vediamo che nel duo Wallace e Gromit entra per la prima volta una donna con una grossa importanza, facendo perdere alla coppia quelle connotazioni particolari che aveva, del resto il cane era un po’ un surrogato di una moglie. Qual è stata la genesi di questo terzo personaggio e quali le difficoltà? Era già un’idea della Aardman oppure è intervenuta la Dreamworks che ha, diciamo, imposto un personaggio femminile? Ci saranno altri personaggi femminili?

Penso che abbia ragione: Gromit è un po’ una moglie per Wallace. Tant’è vero che per me è sempre difficile pensare di chiudere qualsiasi storia con un qualcosa che non sia la coppia Wallace e Gromit. Perché in realtà sono sposati, quindi gira e rigira la storia deve finire sempre su di loro. Per rispondere alla seconda domanda: assolutamente no. L’idea è mia e di Steve Box, la Dreamworks non ha imposto nulla da nessun punto di vista. Lady Tottington è nata a seguito del nostro far riferimento ai film dell’orrore di Hollywood, perché laddove c’è un lupo mannaro c’è sempre un’eroina così come la loro storia d’amore dal finale tragico. Ma non vado oltre per non svelare il finale del film. Ci sono state anche altre presenze femminili nei film precedenti, tant’è che è difficile dire se questi personaggi si riproporranno, mi piace cominciare sempre da capo, quindi forse ci saranno personaggi nuovi.

Sapendo che la sceneggiatura è stata scritta in due anni, volevo sapere se avete seguito pedissequamente ciò che avete scritto o se qualcosa è nato improvvisando durante i test pre-filmici.

Rispondo prima alla seconda parte della domanda. C’è molto spazio per l’improvvisazione perché questo tipo di animazione è molto fresca, spontanea ha un che di non programmato, di non pianificato. Prendiamo il modello e lo mettiamo davanti alla telecamera assieme all’animatore, il quale agisce come un attore nel momento della recitazione di una scena. E’ una recitazione da vivere. Ecco perché l’animatore molto spesso è così bravo da essere anch’esso un attore.
Passando alla prima parte della domanda... Noi cerchiamo di capire esattamente cosa abbiamo in mente, in genere abbiamo delle idee ben definite, sappiamo perfettamente ciò che vogliamo ed ecco perché poi usiamo le telecamere e noi stessi per rappresentare quello che vogliamo raggiungere: non perché alla fine la realizzazione dell’animazione sia una copia conforme di quello che abbiamo realizzato, ma semplicemente può essere uno strumento per facilitare l’animatore, in quanto può fare capire quali sono i punti salienti di quella scena e anche il ritmo, se accelerare o rallentare. Diciamo che è un elemento di supporto all’animazione.

Lei ha già vinto tre Oscar, però che emozione ha nel concorrere questa volta con due grandi registi come Tim Burton e Hayao Miyazaki? Inoltre, è possibile una lettura ecologia del film? In particolare colpisce molto la frase del reverendo quando ipotizza una specie di maledizione che sia caduta su di loro per aver gonfiato questi ortaggi. C’è un riferimento agli OGM?

Per rispondere alla sua domanda sugli Oscar... Chiaramente sono molto emozionato, contento, anche per la semplice nomination e sono estremamente conscio di dover affrontare due grandi esponenti dell’animazione come Miyazaki e Burton, che tra l’altro ammiro molto, mi piacciono molto i loro film. Cosa posso dire, fino al momento in cui non si aprirà la busta sarò un fascio di nervi! Ormai manca pochissimo ma sto esercitando il sorriso alla Wallace perché non si sa mai. Non si possono fare previsioni, però ripeto, sono già felicissimo di essere stato nominato. Per quanto riguarda invece i messaggi ambientalisti o contro-OGM, sia io che Steve Box, per scelta, abbiamo pensato venisse prima il divertimento rispetto al fare del film un veicolo di messaggi così importanti come quelli su OGM o ambiente ecc. Però certamente possono esserci delle brevi citazioni, sottili, come ad esempio la scelta di non mettere mai armi in mano ai buoni, perché secondo noi non è necessario risolvere i problemi con le armi. Però questi sono soli dei piccoli riferimenti, il film è soprattutto volto ad intrattenere.
Per concludere proprio questa seconda domanda, è giusto dire che qui Gromit ha imparato una lezione, perché ha capito che non si possono, non è giusto, cambiare le persone: sta cercando di manipolare Wallace per la sua salute, cerca di proporgli cose più leggere rispetto al formaggio, ma così come nel caso del coniglio mannaro, non è giusto manipolare le persone.

Come mai pur avendo dato a Gromit sembianze antropomorfe ha deciso di non farlo parlare? E a chi si è ispirato per Wallace e la sua passione per il formaggio?

Ovviamente, come saprete, questi personaggi sono nati nel corso della mia tesi di laurea al college, al National Film and Television School di Londra. C’erano anche delle motivazioni economiche: dovevo assolutamente iniziare con un solo personaggio e avevo creato questo personaggio un po’ eccentrico di inventore che ha voglia di andare sulla luna e si stava costruendo un razzo in cantina. Ma dovevo dargli un assistente. Ci sono ancora dei miei disegni con il primo prototipo di assistente, che era un gatto. Poi mi sono reso conto che per quanto riguardava la manualità per la creazione del modello, in realtà era più semplice creare un cane, perché ha orecchie grandi, il naso tondo, quindi da un punto di vista realizzativo creava meno problemi: e così è nato Gromit. Effettivamente lo avevo disegnato con una bocca ed avevo anche registrato una prima voce di un certo tipo che poteva essere adatta ad un cane. Ma poi mi sono reso conto, nel fare un prima ripresa, di quanto fosse difficile per me manipolare la bocca del cane, quanto sforzo ci volesse, e allora in quel momento ho visto che la sua espressività veniva potenziata molto se si concentrava tutto nella parte delle sopracciglia e della fronte. Togliendoli la parola in realtà nasceva Gromit a 360 gradi: più introverso sicuramente, ma anche più intelligente e più sensibile di Wallace. Si sono invertiti i ruoli. Per quanto riguarda invece la passione sviscerata che Wallace ha per il formaggio, beh, dovevo trovare una ragione per spedirlo sulla Luna e come noi tutti sappiamo la Luna è fatta di formaggio!

Si parla di Galline in Fuga come di un film più facile, soprattutto perché i personaggi erano totalmente nuovi, quindi non dovevano rivaleggiare con un immaginario del pubblico già forte. C’era il rischio di spettacolarizzare un po’ troppo. Per allungare un’avventura che di solito dura 30-35 minuti in maniera di arrivare a quasi 90’ ci vuole davvero un grande equilibrio. Ho la sensazione che abbiate dovuto parlare molto tra produttori e realizzatori per raggiungere il giusto ritmo.

Certo, l’osservazione che lei fa sul fatto di affrontare un lungometraggio con personaggi già noti rispetto a Galline in fuga, dove i personaggi erano del tutto nuovi, è giusta. Abbiamo anche imparato molto da quel film, tanto da poter arrivare a questo lungometraggio con una chiara visione di come avremmo potuto fare questo film e certi di voler mantenere lo spirito del corto pur affrontando la realizzazione di un lungo. E’ anche vero che lavorando con uno studio di Hollywood, si sarebbero potute manifestare delle difficoltà nella visione e nello sviluppo della realizzazione del film. Ma, fortunatamente, esistevano già tre film precedenti che avevano spianato la strada, facendo capire a Geoffrey Katzenberg che tipo di prodotto aveva davanti e devo dire che si è rivelato rispettoso ed ammirato di quello che sarebbe stato il prodotto finale. Ci sono state delle tensioni, ma ciò è normale in ogni produzione, ma devo dire che la Dreamworks ci ha lascito grande libertà. Sia Steve Box che io insieme agli altri sceneggiatori, abbiamo scritto la storia con la volontà chiara di mantenere lo spirito dei precedenti, mantenendo l’eccentricità ed il modo divertente di vedere la storia. Chiaro, il nostro sforzo è stato anche quello di essere molto vigili, perché ripeto, non c’è stata la volontà d’imporre alcunché da parte della Dreamworks, però le persone a volta sono abituate a lavorare con un certo tipo di formule: quando loro ci hanno fatto anche delle critiche costruttive, le abbiamo accettate, mantenendo la nostra vigilanza molto alta perché potevano anche essere pericolose, facendoci cadere in una formula che non era la nostra, ma solo questo.

Ho notato che nel film c’è ancora il gusto di incutere paura allo spettatore. Ad un intervistatore, incontrato dopo Una rasatura accurata, lei ha detto che aveva piacere nel partire da un pezzo di plastilina inanimato e arrivare sullo schermo per provocare delle forti emozioni. Potrebbe commentare questo processo?

Il fatto che abbia frequentato la scuola di cinema chiaramente, mi ha dato la possibilità di conoscere la storia del cinema mondiale e questo ha lasciato in me dei riferimenti ai grandi del cinema presenti e passati. Ad esempio amo molto Hitchcock. Ma quello che tengo a dire è che usando questo tipo di mezzo, la plastilina, mi sento a metà tra un cartoon ed un film normale con attori veri perché in questo caso abbiamo le luci, un direttore della fotografia e gli animatori sono quasi essi stessi degli attori, perché per realizzare un singolo movimento del modello devono lavorare con le mani, devono manipolarlo, danno un’impronta personale al personaggio. E’ un mezzo molto emotivo, cinematico. Altrettanto vale per l’uso della musica. Julian Nott ne I pantaloni sbagliati ha fatto un lavoro straordinario e tutto questo ci consente di dare maggiore peso all’interpretazione della storia da parte di questi personaggi.

Volevo sapere se ci poteva dire qualcosa a proposito della tecnica a doppio fotogramma che usate alla Aardman. Ed a proposito dei rapporti con la Dreamworks: avete firmato un contratto per cinque lungometraggi. Viste le sorti recenti della Dreamworks volevo sapere se è stato rispettato e se si faranno gli altri tre film previsti.

Per quanto attiene al contratto, hai ragione, ci sono già molti progetti, tra cui un film che s’intitola Flushed away: uscirà a dicembre di quest’anno ed è una storia di topi che vivono nelle fogne di Londra. Sarà il nostro primo film in animazione al computer perché, chiaramente, avendo grandi quantità d’acqua, la CG era la soluzione più immediata. Specifico però che io non ho nulla a che vedere con questo film. Fra l’altro questo film di Wallace e Gromit è al di fuori di questo contratto firmato con la Dreamworks perché si tratta di questi personaggi. Invece per la domanda che si riferiva alla tecnologia... Certamente il coniglio mannaro potevamo realizzarlo benissimo anche in CG però, proprio perché si voleva mantenere questo legame con i grandi film hollywoodiani come King Kong, è sembrato più giusto andare ad usare la tecnologia tradizionale, perché andava ad aggiungere spessore ed anche un po’ d’atmosfera vintage al film. Naturalmente anche questa tecnica è tutta una questione di gusto, perché se si usa il passo uno è chiaro che il movimento risulta più fluido, mentre col passo due c’è il rischio che il movimento sia più a scatti. Devo dire, però, che preferisco il passo due perché è più economico.

Non le sembra interessante che gli unici due film prodotti in stop motion in Inghilterra siano stati candidati agli Oscar? Una curiosità riguardo agli Oscar: quando gli studi della Aardman sono andati a fuoco, cosa è successo ai tre Oscar che ha vinto, li avete ritrovati?

Gli Oscar sono salvi, il fuoco ha colpito solo il magazzino non gli Studios. Sono invece andati persi molti scenari e storyboard di Wallace e Gromit e di Galline in fuga. Gli studios comunque si sono salvati.
Effettivamente è piuttosto confortante che i candidati abbiano usato l’animazione tradizionale, questo però non vuol dire che non sia valida anche quella computerizzata, la rispetto molto, mi sono piaciuti molti Gli incredibili e sono un grande fan della Pixar. E’ chiaro che ci sia spazio per tutti quando si parla di prodotti di qualità.
Ho partecipato di recente alla premiazione dell’industria dell’animazione ad Hollywood ed ho notato che sembra esserci un grande apprezzamento per l’animazione tradizionale rispetto a quella computerizzata, anche se sappiamo che ci sono molti film di animazione computerizzata in produzione.

Questi personaggi possono diventare delle icone e rappresentano in un qualche modo la nostra condizione umana?

Promuovendo il film in giro per il mondo mi sono accorto che effettivamente sono diventati delle icone inglesi: sembrano così tipicamente britannici. Io non avevo pensato a ciò, non è una cosa ragionata. Però è vero che questo tipo di animazione tradizionale in realtà consente di fare molta attenzione alla mimica facciale e alla gestualità e quindi attraverso questa attenzione riflettere quella che è la vita di tutti i giorni, attraverso i personaggi di tutti i giorni. Tra l’altro quando ero piccolo mia madre mi diceva sempre che ero un ragazzino che osservava molto con grande attenzione, ero molto silenzioso e timido ma disegnavo sempre, e questo portò mia madre a dirmi che ero estremamente attento a tutto ciò che mi circondavo. Ed è vero che questi film, in particolar modo i set, rappresentano un po’ quella che è la vita in Inghilterra: se vi ricordate ne I pantaloni sbagliati a un certo punto si parla del crollo degli immobili e si vedono comparire sui negozi tutti i cartelli di negozio in vendita, e questo rappresentava quello che era l’Inghilterra negli anni ’90.

E’ al lavoro su un nuovo progetto e se si, ce ne può parlare?

Al momento sto riposando, ne ho bisogno, è stato molto stancante ed impegnativo dirigere 250 persone, tra cui 30 animatori. Ognuno di loro doveva riprendere tre secondi di film al giorno, quindi immaginate la mole di lavoro. Ma è anche vero che amo pensare a nuove idee costantemente, relative a Wallace e Gromit o ad altri personaggi.
Attualmente sto valutando se è il caso di continuare sulla strada del lungometraggio oppure se sia meglio tornare a quella del cortometraggio, perché alcune idee si adattano meglio ad un corto piuttosto che ad un lungometraggio.


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