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Conferenza Stampa Drive

Pubblicato il 29 settembre 2011 da Giovanna Branca


Conferenza Stampa Drive

Quando al Festival di Cannes ho visto Drive non ho perso un minuto. L’ho comprato immediatamente”. E non solo Fulvio Lucisano l’ha comprato, ma da venerdì 30 settembre lo distribuisce in tutta Italia in ben 300 copie.

A presentare il film è presente il regista, Nicolas Winding Refn, già autore di Bronson, Valhalla Rising e la trilogia di Pusher.

Vedendo Drive sembra che lei abbia a casa l’opera omnia di Melville. Gosling nel suo film riesce ad essere un samurai come non se ne vedevano da tempo.

Sono un grande ammiratore di Melville, ho tutti i suoi film. La sua è una mitologia americana con una sensibilità europea. Quando Murnau venne negli Stati Uniti negli anni Venti fu il primo a realizzare questi film poetici. Il cinema è al suo meglio quando sposa il filmmaking hollywoodiano con quello europeo. Quando si parla di violenza, ad esempio, non c’è nessuno migliore degli italiani nel realizzare film violenti. Molta dell’ispirazione per questo film mi è venuta però dai racconti fantastici dei fratelli Grimm: li stavo leggendo a mia figlia e sono rimasto affascinato dalla loro struttura, dal loro inizio puro e dallo svolgimento cupo. Ma infine la morale ha la meglio ed il cattivo è sconfitto. L’inizio di Drive è incentrato sull’illusione dell’amore, sull’idea dell’amore senza complicazioni. Quindi serve l’incursione di una violenza che sia molto grafica per sconvolgere tutto ciò. E’ iperrealismo, come tutto il cinema: è l’essenza del cinema. Fare film è un atto di violenza, come tutta l’arte. Non sono violento: se qualcuno mi picchiasse potrei morire; ma sono un regista feticista, faccio film su cosa mi piacerebbe vedere, come mi piacerebbe essere, sul mondo come lo vedo io, ciò che mi eccita sessualmente.

A che italiani faceva riferimento parlando di violenza?

Credo ovviamente che il cinema d’azione sia figlio di Hollywood, ma gli italiani lo hanno reso poetico, surreale e bellissimo allo stesso tempo. Sono cresciuto a New York, e mia madre e il mio patrigno mi facevano vedere cinema europeo non violento. Erano degli hippy: per loro tutto ciò che era americano e violento era fascista. Non potevo ribellarmi con le droghe, perché loro le avevano già provate tutte, né con la musica: mia mamma aveva addirittura fotografato Jimi Hendrix. La mia unica via di ribellione era quindi il cinema violento. I maestri per me, a parte i grandi come Visconti eccetera, sono Leone e Argento: usavano la violenza in modo molto interessante e diverso dal comune. Così ci si trova ad essere anche il frutto delle persone che ti hanno influenzato.

Cosa è cambiato dopo l’importante premio che ha vinto a Cannes?

Era grandioso anche solo il fatto di essere in competizione, ma specialmente ricevere il premio (alla regia) da De Niro, con quella sua espressione, che dice che il mio è il miglior film dark che abbia mai visto. Ma la vita va comunque avanti, si realizza in fretta che bisogna comunque cambiare i pannolini ai bambini alle 6 del mattino e andare a fare la spesa. Il vantaggio è senz’altro che se qualcuno vorrà delle garanzie sul mio talento adesso potrò fargli vedere il premio che ho vinto a Cannes.

In Drive c’è un binomio tra musica ossessiva e colore antinaturalistico, è un mix che va oltre la trama e diventa simbolico. Quanto cerca di riportare in auge quelle sensazioni che hanno reso grande il cinema degli anni Settanta?

Ero giovane negli anni Ottanta e tutto ciò è diventato automaticamente parte della mia educazione. Alle volte non sono consapevole di cosa sto facendo, e me accorgo solo in seguito. Ma provo comunque ad andare avanti e fare le cose diversamente di volta in volta. Alcune cose per me sono ossessioni, ma la ripetizione mi spaventa e nel film successivo cerco di renderle in maniera differente. Girando Drive ho rubato molto da Dario Argento e da Jacopetti e Prosperi, di cui ho visto tutti i film e che secondo me sono molto sottovalutati. All my Love, la canzone alla fine di Drive, è presa da Addio zio Tom (1971) e poi sincronizzata con i movimenti di macchina. In un certo senso il mio è diventato un film italiano.

Ha parlato dell’arte come atto di violenza, ma forse il vero contenuto forte del film è l’amore assoluto. Che messaggio cerca di dare?

Non sono un regista politico, non faccio progetti su cosa la gente debba provare guardando i miei film. Penso che la cosa migliore al cinema sia l’emozione e la reazione individuale. Senz’altro la purezza dell’amore è un’emozione molto violenta. Nel mondo di Driver è un modo di vivere impossibile, è un’illusione, un’aspirazione. Oppure il suo opposto, che è estremamente violento. Lui si trova a metà, ma non riesce a non agire in maniera estrema.

Nel suo film si ride del cinema europeo.

Quando ho scritto il film la battuta che si prende gioco del cinema europeo era solo un’idea interessante, che è diventata realtà quando poi è stata recitata da Albert Brooks. L’idea è nata dal fatto che per girare Drive sono stato 8 mesi a Hollywood (dove non desidero particolarmente tornare) e nessuno parlava mai di film in termini qualitativi, se fossero belli o brutti, ma solo se avevano fatto soldi o no. E se un film aveva incassato poco, si diceva che forse era un po’ troppo europeo. E’ talmente assurdo e grottesco che mi è sembrato fantastico da inserire nel film.

Alcuni hanno visto delle somiglianze tra il suo film e quello del 1977 di Walter Hill, The Driver (Driver l’imprendibile).

The Driver di Walter Hill è stato molto difficile da vedere per anni perché non ha avuto una buona distribuzione per l’home video. Io non l’avevo mai visto finché non ho iniziato a girare, e principalmente perché volevo vedere film su Los Angeles. Il legame comunque c’è , anche se in maniera indiretta: l’autore del libro da cui Drive è tratto, James Sallis, ne è stato molto influenzato. Ad ogni modo, sono un grande ammiratore di Walter Hill: quando ho girato Valhalla Rising pensavo specialmente a The Warriors (I guerrieri della notte, 1979)

Ci può dire qualcosa del suo nuovo film e di come sta lavorando questa volta con Ryan Gosling?

Inizierò a girare Only God Forgives dopo Natale, e non ho ancora deciso se il personaggio di Ryan sarà logorroico o laconico come in Drive.


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