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Documentaria - Khalid for president

Pubblicato il 4 maggio 2013 da Giammario Di Risio


Documentaria - Khalid for president

Il terreno che si affronta è storico e con una base amica, visto che parliamo del genere documentario, quest’ultimo da sempre affascinato nel riconfigurare il passato per presentarcelo sotto le sembianze di documento. A questa struttura lentamente si sovrappone speranzoso il presente: ciò che c’è da fare ora e ciò che c’è da immaginare per il futuro di tutti gli italiani. Dal momento quindi della denuncia si passa coscienziosamente al momento della partecipazione. La storia che vediamo è di un unico soggetto capace, con la sua stazza iconica, di condizionare e guidare tutta la narrazione, mentre la macchina da presa lo sostiene e, in alcuni casi, si prende delle pause lasciando allo spettatore la possibilità di sviluppare riflessioni.

Khalid Chaouki è nato nel 1983 e a nove anni arriva con i genitori in Italia. Questo noi non lo vediamo ma è lui a raccontarcelo: il primo deputato italiano di Seconda generazione (si dice G2) eletto con il PD al Parlamento Italiano nelle ultime e tanto chiacchierate elezioni politiche. La storia continua a muovere passi mentre scopriamo, con le testimonianze degli amici e la memoria familiare, la sua adolescenza spesa tra Parma e Reggio Emilia. La storia di Khalid è stata da sempre impostata su un progetto sensibile: di fatto, la cittadinanza italiana per i figli d’immigrati. Per questo motivo il documentario tralascia il passato, o meglio, lo strumentalizza alla nuova avventura dentro le stanze del Parlamento, con Roma che diventa immagine spaziale di riflessione e speranza.

Il regista ha bisogno di innescare un principio di affezione e allora dalla storia del passato, portata avanti con il racconto a macchina fissa di conoscenti di Khalid, il suo occhio va concentrandosi sempre di più durante la narrazione sul presente del protagonista. Vediamo Khalid in momenti di campagna elettorale in cui emerge la sua sensibilità politica, come a Scampia o Lampedusa, o prima di entrare, emozionato e familiare alla nostra vista, in Parlamento con la moglie, anch’essa musulmana, e il piccolo bimbo nel passeggino mentre l’altro figlio non c’è perché è a scuola.

Sotto il profilo del linguaggio il documentario non offre un atteggiamento originale mostrandosi in alcuni frangenti prevedibile, sfruttando i primi piani e i dettagli per accrescere la tensione drammatica, riponendo nella macchina fissa i momenti di racconto e in quella a mano la descrizione degli attimi più rilevanti dell’attività politica di Khalid. Quest’ultimo, quasi sempre vestito di nero e disponibile sempre all’interlocuzione, governa il quadro e, mentre lo vediamo nella sua nuova sfida di grande responsabilità, le persone che lo hanno accompagnato nelle sue esperienze creano il filo d’oro tra presente e passato, storia e futuro, memoria e speranza.

Bravo il regista a non cadere nella retorica quando scopriamo che i genitori di Khalid, per la crisi economica, hanno dovuto lasciare l’Italia per riparare in Belgio, oppure quando siamo investiti dai concetti chiavi del pensiero politico del protagonista: cittadinanza per i G2 e coerenza nell’affrontare i problemi e i diritti delle persone.

Un documentario che vale la pena di vedere, non tanto per il linguaggio quanto per i contenuti. Verrà proiettato questa sera alle ore 21 sul canale Babel, al numero 141 di SKY e domenica 5 maggio alle ore 15 al cinema Arcobaleno di Milano, nell’ambito del Festival del cinema africano, d’Asia e d’America Latina.


CONFERENZA STAMPA DI ’KHALID FOR PRESIDENT


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