Due partite (Conferenza stampa)

Beato tra le donne, Enzo Monteleone prende parte alla conferenza stampa del suo film Due partite, insieme alle otto interpreti, tra i volti più interessanti del cinema italiano: Margherita Buy, Marina Massironi, Isabella Ferrari e Paola Cortellesi (le madri) e Alba Rohrwacher, Valeria Milillo, Carolina Crescentini e Claudia Pandolfi (le figlie), con l’aggiunta di Cristina Comencini, autrice della commedia teatrale e qui nelle vesti di sceneggiatrice. La prima domanda è proprio per lei:
Come mai non ha curato personalmente la regia del film?
Cristina Comencini: proprio perché scritto e interpretato da donne, mi faceva piacere che ci fosse un punto di vista maschile dietro la macchina da presa. Trovo che Enzo Monteleone abbia dato una nuova impronta al film e soprattutto la seconda parte ne ha ricavato una maggiore forza drammatica.
Una domanda per le attrici. Qual è l’aspetto dei vostri personaggi che vi ha più intrigato?
Alba Rohrwacher: oltre al percorso del mio personaggio, c’è un aspetto comune che riguarda le protagoniste della seconda parte che trovo molto bello. Queste quattro donne, che si conoscono da una vita loro malgrado, subiscono tutte, dopo quel pomeriggio, un profondo cambiamento. Il mio personaggio, Giulia, sembra una donna che subisce la vita, la famiglia, l’amore esagerato della madre, la noncuranza del fidanzato. Eppure, se ci fosse un seguito per la sua storia, la immaginerei cambiata da quel pomeriggio con le amiche, la immaginerei rivendicare la sua autonomia.
Claudia Pandolfi: la mia Rossana è una donna dura, che non si è mai sentita desiderata dalla madre. Un po’ mi somiglia perché anch’io a volte tiro fuori un’aggressività che non è necessaria poi per affrontare la vita. Lei è brusca e tesa come me e mi fa arrabbiare il suo percorso, il fatto che debba sentirsi infelice e incompleta come donna per una mancata gravidanza che il marito le fa pesare.
Valeria Milillo: quello che mi ha colpito è la veridicità del rapporto tra donne. Non ho avvertito nessun distacco tra la scena e la mia vita personale, tra i dialoghi che abbiamo interpretato sul set e le chiacchiere che condivido con le mie amiche, ci sono le stesse dinamiche. Il mio personaggio, Cecilia, mi ha subito trasmesso tenerezza, perché è nevrotica e un po’ sola, ma anche capace di grandi slanci di generosità.
Carolina Crescentini: Sara è il riscatto di sua madre, realizza ciò che a Gabriella non era riuscito: suonare per il mondo, essere un’artista e non solo una moglie o una madre. Ma è diventata egoista, ha un marito dolcissimo che maltratta, e non sa ascoltare
Paola Cortellesi: Sofia è un personaggio scritto benissimo. Quando leggi una sceneggiatura con personaggi così ben delineati ti butti, non c’è altro da fare. È una donna schietta ma frustrata che vive male il perbenismo dell’epoca, che dice la parola ‘sesso’ di fronte alle amiche, e queste si scandalizzano, poi però la stanno ad ascoltare perché l’argomento interessa anche loro! Non mi somiglia affatto, visto che è un personaggio molto seduttivo mentre io c’ho la seduttività di Pinocchio! Ma proprio perché così lontano da me, era una sfida affascinante
Margherita Buy: Gabriella è una donna che rinuncia al suo talento per il marito e la sua bambina. Mi ha dato l’occasione di raccontare quegli anni, in cui si imparava a soffrire in silenzio per la famiglia.
Marina Massironi: di Claudia mi ha attratto il dualismo del personaggio, il suo essere un’ottima madre, piena di premure per i figli, e, allo stesso tempo, la sua mortificazione come donna, il dolore costantemente soffocato per il tradimento del marito. Questa vocazione al sacrificio che non ho mai compreso mi ha mosso le stesse reazioni che provo nei confronti di mia madre, nervosismo da una parte, tenerezza dall’altra.
Isabella Ferrari: Beatrice è la luce, l’ingenuità. Anche qui, c’è una sorta di dualismo, tra il suo essere eterea, persa nelle frasi dei tanti libri letti, e legata alla realtà più materiale dalla sua gravidanza. È stato difficile approcciarla, finchè, insieme a Cristina, non abbiamo trovato questa chiave della provincialità per interpretarla. Pian piano, rubando nella memoria il modo di parlare di mia madre, certi suoi atteggiamenti, sono entrata nel suo mondo e l’ho resa mia.
Nel passaggio dal testo teatrale al film non vi è venuto in mente di inserire qualcuno dei personaggi maschili di cui si parla ma che restano sempre fuori campo?
Enzo Monteleone: abbiamo preferito restare fedeli alla pièce. Del resto, ci sono molti ottimi film che restano vicini al testo teatrale. Se fossero entrati gli uomini l’anima del progetto si sarebbe persa, sarebbe diventata una commedia qualunque alla Sex and the City, cosa che non ci interessava. L’unico cambiamento che abbiamo ritenuto necessario è stato inserire le quattro attrici che interpretassero le figlie, perché c’era la necessità di un maggiore realismo, mentre a teatro le stesse quattro attrici si dividevano nel doppio ruolo.
Come avete lavorato sul set?
Enzo Monteleone: abbiamo lavorato molto prima delle riprese con il direttore della fotografia, scegliendo una diversa luce per i due decenni. Molto colorati, pop, gli anni sessanta; freddi e quasi decolorati gli anni novanta. Poi abbiamo previsto i movimenti di macchina, i tagli di montaggio, tanto che abbiamo dovuto girare una notevole quantità di ciak, far ripetere mille volte le stesse battute alle attrici, per poter riprendere i singoli piani che poi abbiamo montato in post produzione. La nostra intenzione era però quella di ottenere un montaggio quasi invisibile, dando molta fluidità all’azione.
Nel passaggio dalla commedia al film, com’è stato affrontare i personaggi sotto una guida diversa?
Isabella Ferrari: probabilmente noi che l’abbiamo interpretato a teatro siamo state avvantaggiate. Personalmente, mi sembra di non aver cambiato quasi nulla dell’impostazione data con Cristina. Avere Enzo dietro il monitor ci ha lasciato libere di esprimerci e allo stesso tempo di affidarci a lui.
Marina Massironi: la differenza non è data tanto dalle intenzioni quanto dal mezzo. Per quanto mi riguarda ho trovato qualche difficoltà nel trovare la giusta misura, nel cambiare metodo di recitazione dal teatro al cinema.
Margherita Buy: abbiamo cercato di stare attente a non rifare quello che avevamo già fatto in teatro. Sul palco, quando dovevamo fare una battuta esageravamo la mimica e puntualmente arrivava la risata del pubblico, mentre girando, questa reazione ovviamente non c’era. La difficoltà è stata adattarci al mutato contesto.
Quale qualità di queste donne non volevi che andasse perduta?
Enzo Monteleone: la forza e l’intelligenza. Era già presente nel testo, ma è stata sviluppata dalle singole performances. E anche l’allegria: perché è una prerogativa femminile quella di andare sempre avanti, con il sorriso sulle labbra.
