X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Venezia 72 - Early Winter - Venice days

Pubblicato il 7 settembre 2015 da Agostino Devastato

VOTO:

Venezia 72 - Early Winter - Venice days

La solitudine, o meglio, il profondo senso di isolamento, è il terreno su cui poggia le sue statiche radici Early Winter, il terzo lungometraggio del regista Australiano Michael Rowe.

Questa volta Rowe ha scelto il Canada, dopo aver vinto una Caméra d’or al Festival di Cannes e dopo Manto Acuifero, presentato al Festival di Roma nel 2013, entrambi i film ambientati in Messico, ora ha scelto gli scenari nevosi del Canada invernale, cambiando rotta climatica ma continuando sulla stessa strada, verso l’indagine delle solitudini umane, e l’assopirsi del calore della passione, con i rigurgiti del passato a riemergere.

David è giunto alla soglia dei cinquant’anni, e le sue giornate passano lentamente, scandite dal ritmo del suo lavoro in un ospizio. Il suo rapporto con Maya, la sua giovane moglie, è altrettanto scandito da ritmi precisi, da una tranquillità apparente che cova il profondo malessere della passione svanita. Il film inizia con un rapporto sessuale tra i due, un rapporto abitudinario e meccanico, quasi funzionale alla sopravvivenza dei due corpi; il rapporto di coppia e poi la famiglia, l’essere genitori. Ci vengono presentati quindi i due figli piccoli della coppia, il quadretto familiare, e l’enorme televisione che David installa in salotto.

L’inverso è iniziato troppo presto sulle vite di David e Maya. Il primo ogni giorno è a contatto con persone anziane, le fa compagnia, le vede morire e sistema le loro stanze dopo la dipartita. Maya invece si circonda dalla tecnologia, e vive in simbiosi con il suo telefono, che diventa presto un surrogato dell’amore, un surrogato di suo marito. Intanto la vita procede stancamente, tra il lavoro e le notti in quel lettone, autentico luogo di confronto dei due personaggi, su cui Michael Rowe posa ripetutamente lo sguardo, osservandoli mentre dormono, e al loro risveglio, già stanchi.

In tutto questo scenario di insoddisfazione riemergono i fantasmi del passato, l’alcolismo di David e la ferita di un incidente che non riesce a dimenticare. Early Winter sembra un racconto di Raymond Carver, è un ritratto silenzioso di due esistenze apparentemente piatte, due personalità opposte, quella di David, tendente verso il passato e quella di Maya verso il futuro, di cui ne coglie l’aspetto anestetizzante della tecnologia. Nessuno dei due riesce a vivere il presente, da cui ogni forma di movimento, anche della macchina da presa, ne è escluso. Tutto è fermo.

Early Winter ha il grande pregio di raccontare veramente la vita di due personaggi, di cui non trascura ciò che più conta, cioè le loro pause dalla vita stessa, quelle sigarette fumate sul lavoro, o il giocare con il telefonino, pause in cui si insinuano le bestie del passato e le crisi da cui alla fine c’è sempre la speranza di sopravvivere.


CAST & CREDITS

(Early Winter); Regia: Michael Rowe; sceneggiatura: Michael Rowe; fotografia:Nicolas Cannicciani montaggio:Geoff Lamb; musica:Amy Baston;interpreti:Paul Docet, Suzanne Clement: origine: Australia, Canada, 2015; durata: 96’


Enregistrer au format PDF