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Educazione siberiana (Conferenza stampa)

Pubblicato il 28 febbraio 2013 da Alessandro Boni


Educazione siberiana (Conferenza stampa)

Roma, Hotel Visconti Palace, 22 febbraio 2013

Respiro internazionale ed ambizioni giustamente elevate per Educazione siberiana, l’ultima opera di Gabriele Salvatores. E’ quello che emerge dall’affollata conferenza stampa svoltasi a Roma, a cui hanno partecipato tutte le componenti che hanno contribuito al lungo e complesso lavoro di realizzazione del film: dal regista agli sceneggiatori, Sandro Petraglia e Stefano Rulli, dall’autore del libro da cui è tratta la pellicola, lo scrittore russo Nicolai Lilin, agli attori protagonisti, tra cui il sempre carismatico John Malkovich, fino ai rappresentanti della produzione, Cattleya e Rai Cinema. Qui di seguito gli aspetti più interessanti e le considerazioni più significative, emersi nel corso dell’incontro.

Gabriele Salvatores

L’introduzione della conferenza stampa spetta al regista, che ringrazia particolarmente la produzione per la sensibilità manifestata alle sue esigenze artistiche: “Avevamo fatto alcuni screening test a Londra che erano andati piuttosto bene ma da cui era emerso che mancava qualcosa alla scena finale; si sentiva la necessità di un dialogo maggiore tra i due ragazzi. Avevamo smesso di girare da cinque mesi ed era tutto chiuso, finito; eppure la produzione ha deciso di rigirare la scena. Non è una cosa normale, vi assicuro; questo vuol dire che c’è dell’amore vero verso il progetto”. Aggiunge poi la sua valutazione personale sul film: “Non devo ovviamente essere io a parlar bene del mio lavoro, però posso dire che dei film che ho fatto questo è quello che preferisco; ho imparato più durante quest’ultima lavorazione che in tutte le precedenti. E’ un film di prime volte ma prima o poi si deve uscire dal guscio di sicurezze che ci si è creati e provare qualcosa di nuovo. Spero che si possa avere un buon riscontro di pubblico in Italia ed in Europa; stiamo provandoci in più di uno, ultimamente, ad aprire una piccola breccia nel sistema produttivo italiano, cercando di pensare su una dimensione più internazionale”. Salvatores viene poi sollecitato dal fuoco di fila delle domande su svariati temi. Sui premi cinematografici: “L’Oscar è prestigioso senza dubbio ma è pur sempre un premio dell’industria americana; lo hanno vinto anche dei brutti film mentre altri bellissimi sono rimasti a secco. Non è una certificazione di qualità e non è quello a cui mirare. Preoccupiamoci piuttosto di raccontare storie che siano universalmente comprensibili”. Sulla figura dei “maestri” nella vita: “C’è assolutamente bisogno di maestri nella vita; occorre che qualcuno abbia il coraggio e l’autorità di dirti cosa va fatto e cosa no, anche se magari poi sarà smentito. Io, come regista, se lascio un attore a sé stesso, quello va in crisi; ha bisogno di indicazioni autorevoli”. Sul lavoro di adattamento dal libro: “Insieme a Sandro Petraglia e Stefano Rulli, ovviamente, abbiamo lavorato per isolare una linea narrativa all’interno di un mondo così articolato; il romanzo era pieno di personaggi e di aneddoti meravigliosi, ma non si poteva mettere tutto. Alcune cose, poi, le abbiamo aggiunte noi; ad esempio la scena della giostra, che per me è uno dei piccoli cuori del film”. Sul racconto dei cambiamenti di un epoca: “Certamente il cambiamento di un’epoca, il cambiamento di un mondo è sempre affascinante ma la cosa che mi interessava di più era seguire il percorso di crescita dei due protagonisti, in quel contesto storico e proprio nella fase cruciale del passaggio dall’infanzia all’adolescenza e poi all’età adulta. Due cambiamenti che sembrano l’uno contenere l’altro; quello ambientale e quello personale”. Su un’eventuale ispirazione a “C’era una volta in America”; “Sergio Leone è senz’altro uno dei registi che amo di più in assoluto; tra l’altro, a proposito di maestri, uno di miei primi maestri di cinema è Nino Baragli, montatore di Fellini, Pasolini e dello stesso Leone. Qualcosa mi avrà lasciato dentro … Più che ispirato, direi che mi piace quel tipo di cinema che racconta storie grandi ovvero che racconta storie e basta. Io so fare e voglio fare quel tipo di cinema”. Qual è il precetto da trasmettere ai propri figli, tra quelli di Nonno Kuzja: “Di sicuro quello in cui dice: ‘Un uomo non può possedere più di quello che il suo cuore può amare’. In questi anni che viviamo, se seguissimo questa regola, vivremmo meglio, penso”.

Nicolai Lilin

L’autore del libro da cui è stato tratto il film ha tenuto a precisare alcuni aspetti, tra l’altro in un italiano perfetto: “Non è importante il collegamento a fatti realmente accaduti o ad eventi storici. La cosa importante del film non è l’approccio realistico; nel mio libro non ho voluto fare un lavoro di giornalismo o di saggistica ma ho cercato di raccontare semplicemente le storie umane, l’esperienza di tutti i popoli russi al momento del crollo del regime sovietico. Il film, poi, è già una revisione di una revisione letteraria; io lo vedo come una storia molto universale che può essere adattata anche ad altre situazioni come la russa, ad esempio quella in Medio Oriente”.

John Malkovich

Molto disponibile e gentile, l’attore statunitense ha espresso il suo punto di vista sulla storia ed il suo approccio al film: “Sebbene io sia un grande lettore di libri di autori russi, non conoscevo quasi nulla di questa comunità cosiddetta di onesti criminali; questa realtà così particolare mi ha quindi molto sorpreso e mi ha interessato molto. Per la mia interpretazione di Nonno Kuzja non ho avuto bisogno di prepararmi in modo particolare, anzi io non capisco molto questo fatto della preparazione prima di una parte. E’ tutto scritto nella sceneggiatura e, ovviamente, io mi sono concentrato su quello che dovevo realizzare; quello che mi interessa e che capisco di più sono gli aspetti pratici. Anche il fatto di essermi dovuto coprire di tatuaggi è stato insolito ma essenziale perché aiuta molto a capire lo spirito del personaggio e della comunità; la scena della sauna, in questo senso, è molto esplicativa. Io di solito sto molto attento, più in generale, ai costumi di scena perché sono la prima cosa che si vede e che colpisce lo spettatore. Per quanto riguarda, poi, la figura di maestro, che è la funzione principale del mio personaggio di Nonno Kuzja, devo dire che nella mia vita ho avuto fantastici maestri, molto importanti per me; sono però riuscito ad imparare tanto anche dai miei colleghi, in genere più anziani ma anche da tanti altri più giovani”.

Il film, costato circa nove milioni di euro, sarà distribuito in 350 copie in tutta ltalia dal prossimo 28 febbraio; da quanto comunicato dai produttori di Cattleya, la pellicola dovrebbe essere distribuita in molti paesi europei, tra cui Gran Bretagna e Francia, nonché in Canada e negli Stati Uniti. La speranza è che quella strada verso una maggiore internazionalità del cinema italiano – auspicata dallo stesso Salvatores e già seguita in questo 2013 da La migliore offerta di Tornatore – possa essere percorsa sempre più intensamente e possa fornire ai nostri autori nuovi sbocchi, orizzonti ed opportunità di esprimere al meglio il loro talento.


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