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Federico Fellini a scuola ...

Pubblicato il 29 gennaio 2020 da Giammario Di Risio


Federico Fellini a scuola ...

Ragazzi chi di voi conosce Federico Fellini? La giornata è appena iniziata, è la prima ora e i ragazzi, come il sottoscritto, sono ancora leggermente assonnati – è uno scrittore Prof - è stato uno storico! – è per caso un grande fumettista? Nonostante le tante mani alzate nessuno, nella mia costruzione mentale, sta riuscendo a darmi una definizione esatta, completa. Tuttavia la scrittura, la storia e l’arte del fumetto sono state la pasta del genio felliniano, quegli elementi capaci di significare il suo cinema.

Le nuove generazioni vanno su TikTok, hanno una velocità di pensiero superiore al passato, pretendono soluzioni a discapito del procedimento, e vivono il mondo dell’immagine conoscendone forme e potenzialità. Il loro modo di osservare il mondo passa attraverso la cornice, non più in termini novecenteschi, pensiamo al mondo della sala cinematografica, viceversa in termini di convergenza, dallo schermo dell’i-phone al tablet, dal pc con Netflix fino ad arrivare all’ I Watch. Parliamo di ragazzi di dodici anni, di fatto si ritrovano nel guado esistenziale maggiormente fragile e conoscere, teoricamente, la cinematografia di Federico Fellini sarebbe l’ultimo dei loro precari pensieri. La discussione continua e, saltando il versante informativo, ecco che propongo loro alcuni contenuti, dall’incipit di Fontana di Trevi con l’Oh my goodness della giunonica Anita Ekberg alla colonna sonora di Amarcord realizzata da Nino Rota. A questo punto il loro atteggiamento cambia, conoscono bene quelle immagini; lo sguardo di Marcello Mastroianni e la sua sagoma sono elementi registrati dalla loro memoria fotografica, quasi fossero tutti come Agatha di Minority Report, come se avessero fatto loro quell’immaginario. Anche sulle melodie di Rota lo sguardo aumenta il registro identificativo, da qui il collegamento a uno dei registi più importanti a livello mondiale, che gode quest’anno del centenario dalla nascita.

Come possiamo far apprezzare alle nuove generazioni il linguaggio di Fellini? Come possiamo educare al gusto del visivo i ragazzi sin dalla loro giovane età? In un recente incontro alla Casa del Cinema di Roma, organizzato per la presentazione del nuovo catalogo di MicroMega, Carlo Verdone ha portato in dote l’esempio del Liceo Majorana-Pisano di Guidonia Montecelio, in cui il cinema, il grande cinema del Novecento e la sua storia, diventano versante didattico innalzando le sinapsi delle giovani generazioni. Aumentando la conoscenza, l’abitudine a un determinato linguaggio ecco che il “pubblico”, il nuovo pubblico irrobustirebbe gusti, attese e analisi sulle immagini in movimento.

L’immagine felliniana, caratterizzata da forti stratificazioni in termini autoriali, storici e culturali, fa già parte dell’immaginario collettivo caratterizzante gli adolescenti; quest’ultimi conoscono bene la costruzione del quadro e guidano il loro intuito al visivo anche mediante il social, pensiamo ai montaggi veloci, in dialettica con brevi colonne sonore, di TikTok o l’utilizzo delle sfumature di Instagram. Il loro tuttavia, e anche giustamente considerata l’età, è un intuito grezzo e privo di qualsiasi coordinata strutturale. In parole povere conoscono bene i codici dell’immagine, si cibano di prodotti visivi perfetti ma, allo stesso tempo, non conoscono la storia, fanno fatica a inquadrare la linea del tempo, il procedimento che porta a un determinato risultato. Se dovessimo utilizzare una metafora calcistica, il loro è un gioco continuamente gestito in verticale, in continua linearità, a discapito di una manovra costruita, con un palleggio maggiore e con lo sfruttamento delle fasce laterali. Il cinema di Federico Fellini proporrebbe entrambe le coordinate, un cinema fatto di strappi e riflessioni, di recitazioni sopra le righe ma anche contenute e minimali, un cinema che diventa documento storico ma anche puro intrattenimento. Il problema potrebbe sorgere sul versante del ritmo, da qui il grande scarto tra passato e presente, con l’abitudine all’attenzione e al ritmo lento che si sta inesorabilmente perdendo. Conoscere a fondo la linea storica di Amarcord, i giochi narrativi di 8 ½ o il lavoro sul personaggio di La Dolce Vita aiuterebbe i ragazzi a decodificare meglio il reale; consentirebbe loro di scoprire quanto sia affascinante anche il prodotto autoriale, in gioco tra genio e bottega, in cui è possibile “sentire”, “ascoltare” il punto di vista, non più molteplice, viceversa singolo di un grande regista.

Torniamo dunque al procedimento, a quel costruire lentamente una grande opera come una torta a strati, in cui ogni livello rimanda a significati, da qui il fumetto, la storia italiana, il processo creativo di scrittura. In una serialità che risolve con tecnica perfetta e un mondo convergente che velocizza, tritura contenuti h24, ecco che Fellini a scuola rappresenterebbe un momento per fermarsi, un momento di silenzio e di crescita per ragazzi talentuosi, curiosi ma forse troppo pensierosi sul risultato finale.


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