X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



I colori della passione (Conferenza stampa)

Pubblicato il 30 marzo 2012 da Enrica Orlando


I colori della passione (Conferenza stampa)

Questo film è stato proiettato a new York, a Londra, in Giappone, in Francia. Solo in Italia ci si è stupiti per la presentazione di questo film.Una domanda a Lech Majewski: In che momento della tua vita il quadro di Bruegel ti ha detto: fai mi di me un film?

Majewski: A me piace incontrare l’artista. I gangster non mi insegnano nulla, se invece devo dedicare la vita a un film voglio sapere di poter imparare qualcosa. Ho sempre avuto un rapporto profondo con l’arte. Da ragazzo ho avuto modo di visitare Venezia e Vienna. Proprio a Vienna ho visitato il museo dove sono conservati i capolavori di Bruegel. I lavori di Bruegel mi hanno sempre affascinato, avrei potuto guardarli per ore. Entrato nel suo mondo sei attirato dal quadro e scopri innumerevoli strati, livelli: la narrazione, il linguaggio dei simboli, la sua filosofia innovativa per cui gli elementi principali non sono in primo piano ma nascosti sullo sfondo. Questa è la rivoluzione, la profonda saggezza: ti possono accadere le cose più belle e tu puoi non vederle perché sei avvolto nella quotidianità.

Non pensa di aver distanziato gli elementi del quadro dallo spettatore, utilizzando tutto questa tecnologia?

Non credo. Quello che volevo era proprio far entrare lo spettatore nel dipinto. Questo film è stato acquistato da 54 paesi e persino da quelli non cattolici. Non mi sarei mai aspettato tante proiezioni e lo stesso identico coinvolgimento. A questo proposito ho aspettato tanto che anche l’Italia acquistasse il film perché ho una sorta di debito con il vostro paese. Quando ho visto Bruegel per la prima volta ho avuto la stessa sensazione di quando ho visto Fellini, quella sfilata di volti, quella idiosincrasia nella rappresentazione. Quando ho visto Giorgione ho pensato a Blow up di Antonioni.

Può parlarci meglio di questo concetto di nascondere i soggetti principali e del concetto di simbolismo?

Un’ ottima metafora per spiegare la filosofia di Bruegel è immaginare di rappresentare l’Amleto, senza Amleto. Riguardo il simbolismo, è importante la contestualizzazione. All’epoca non era tutto veloce e scontornato nella confusione dei ritmi. Si aveva il tempo dilatato a sufficienza per poter contemplare le cose e osservarne i significati più reconditi, i simboli per l’appunto. Ecco che contemplando Bruegel si scoprono infiniti mondi, un po’ come quando si legge Dante. In Dante c’è tutto: amore, dolore, storia, astronomia. Questa pluralità mi ha ispirato per il mio prossimo lavoro. Il simbolo che maggiormente mi ha colpito in Bruegel, invece,è la donna che nasconde il pane in grembo. Ai tempi, la donna incinta era sinonimo di bellezza e fragilità perché i bimbi spesso non sopravvivevano. Ecco che il pane in grembo diventa un gesto sacro, una volontà di protezione.

Questo film è un omaggio all’arte e al teatro: qual è l’amore della sua vita?

Per me non c’è differenza.


Enregistrer au format PDF