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Incontro col pubblico: Marco bellocchio al CineSocialClub Tor Vergata

Pubblicato il 24 marzo 2010 da Alessandra Grecco


Incontro col pubblico: Marco bellocchio al CineSocialClub Tor Vergata

Martedì 16 marzo, nell’aula Moscati della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma Tor Vergata, si è svolto il dibattito su Vincere, l’ultimo film di Marco Bellocchio. Il cineasta romagnolo, protagonista indiscusso dell’evento, dopo la proiezione della pellicola, si è concesso alle domande di giornalisti e studenti insieme alla sua montatrice Francesca Calvelli. Il dibattito è stato introdotto dal professor Giovanni Spagnoletti, con la partecipazione del professor Francesco Piva, docente di Storia Contemporanea.
Come per Buongiorno, notte (2003), film sulla drammatica prigionia di Aldo Moro, anche in Vincere Bellocchio rivela tutto il proprio interesse per un personaggio appartenente alla storia politica del Novecento Italiano. L’eroina della vicenda, infatti, è Ida Dalser(interpretata da una bravissima Giovanna Mezzogiorno), amante e moglie di Benito Mussolini (ardua e doppia prova per Filippo Timi, che nel film interpreta sia il dittatore sia il figlio) che gli darà il primo figlio maschio: Benito Albino Mussolini. La donna, ritenuta sin dal principio una figura pericolosa per l’immagine del regime, venne fatta rinchiudere in manicomio e ogni traccia che la potesse ricollegare al Duce fu fatta sparire. Fu dimenticata "come un fantasma", come afferma lo stesso personaggio nel film. Il regista è venuto a conoscenza della drammatica vicenda per caso, sfogliando le pagine di un giornale, rimanendo da subito profondamente colpito dalla grande determinazione della Dalser e dagli elementi melodrammatici presenti nella storia. Come rivela lui stesso: il mio punto di vista non è ideologico, non volevo dimostrare qualcosa, la scelta del soggetto viene da emozioni forti. E’ un melodramma futurista, poichè sono presenti sia dramma che futurismo. Una spinta forte è stata la fissazione psicologica su questo rapporto di Ida, tanto da arrivare a distruggere non solo la propria vita, ma anche quella del figlio. Lei si considerava una presenza insostituibile nella vita del Duce e non accettò di rimanere in secondo piano, cosa che fecero invece tutte le altre amanti di Mussolini. Pretendeva un rapporto esclusivo. Prosegue Bellocchio parlando della sua protagonista: non volevo che commovesse facilmente, al contrario volevo che risultasse quasi sgradevole per la sua insistenza. Una vittima che scoprì gradualmente la violenza del Duce e che, alla fine, venne rinchiusa in una clinica psichiatrica che sembrava una prigione. In sala gli viene chiesto perchè avesse scelto proprio Vincere come titolo del suo film; così risponde Bellocchio: E’ la rappresentazione di una tragedia, tutti sono sconfitti sotto il potere del regime Fascista. Vincere è la parola d’ordine del protagonista.
E’ il classico conflitto tra potere e sentimenti - conclude infine il regista - la passione è inconciliabile con il potere. L’aspetto storico si sposa pefettamente con la vicenda privata. I registi non sono storici e quindi rischiano sempre. E in quanto al rischio, di sicuro Marco Bellocchio è un cineasta che ama la sfida come pochi, sempre pronto a sperimentare mettendosi in gioco continuamente. La sua non è una propaganda politica, pur essendo chiaramente orientato a sinistra. I suoi film affrontano temi delicati esprimendo passioni forti, violente. Filo conduttore che collega il maggior numero delle sue pellicole è la rivolta contro il potere, contro le istituzioni dominanti volte a reprimere gli individui. E’ questo il caso di film quali I pugni in tasca(1965), primo lungometraggio del regista, e La Cina è vicina (1967). L’irriverenza e l’anticonformismo espressi attraverso le sue opere, hanno fatto di lui un ribelle, nomina che gli è stata affibbiata sin da bambino. Di persona, tuttavia, rimane difficile crederlo, poichè l’uomo dagli spessi occhiali da vista seduto in aula Moscati, del regista ribelle aveva ben poco. Una cosa è certa: nelle pellicole, la sua ribellione interiore è perfettamente espressa, in quanto soprattutto vissuta e sperimentata. All’incontro non era presente soltanto un regista, ma anche un frammento del nostro passato. Un uomo che, oltre a saper rappresentare la storia, fa parte della storia stessa: quella del cinema Italiano.


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