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Incontro con Rok Biček: la rivoluzione arriva nel cinema sloveno

Pubblicato il 9 ottobre 2014 da Francesca Polici


Incontro con Rok Biček: la rivoluzione arriva nel cinema sloveno

Un esordio coraggioso ed ambizioso quello di Rok Biček che, con il suo Class Enemy, si è già aggiudicato diversi premi internazionali e finalmente è pronto per uscire nelle sale italiane. Presentato a Venezia lo scorso anno all’interno della Settimana della Critica, il film ha finalmente trovato un canale distributivo grazie all’audacia della Tucker Film. A presentare la pellicola, incentrata sul conflitto generazionale e tematiche esistenziali dal carattere universale, è stato il giovanissimo regista sloveno all’interno della conferenza stampa romana.

Questo è un film piuttosto complesso e ricco di significati. Abbiamo lo scontro fra un professore, la cui unica colpa sembra quella di avere troppe certezze, e degli studenti che non sembrano essere pronti ad un atteggiamento simile e quindi si ribellano. Lo scontro fra due integralismi distinti è una possibile chiave di lettura? Nel concepire l’opera si è basato su un’esperienza personale?

Questa è un’interpretazione senza dubbio corretta, così come tante altre. Il pubblico giustamente deve farsi una sua idea sulle vicende che coinvolgono questa classe. Per quanto riguarda il concepimento del film, sì, è basato sui un evento realmente accaduto nel mio liceo quando frequentavo il primo anno. Una ragazza di un’altra classe si suicidò e molti dei suoi compagni iniziarono a ribellarsi all’intero sistema scolastico. Ma se la presero con tutti i professori, non soltanto con uno come accade nel film. In realtà, circa l’ottanta per cento di quello che ho raccontato nel film è ispirato a fatti reali, per questo ho voluto girarlo proprio nello stesso liceo in cui si è consumata la tragedia.

Sembra che il film si interroghi proprio sui metodi scolastici di oggi. Lei crede che il professore sia realmente motivato ad insegnare?

Io credo che lui sia molto più motivato degli altri ad insegnare. Il personaggio del professor Zupan è ispirato a un mio vero professore di matematica che odiavo ai tempi del liceo. Fino a poco tempo fa non credevo di poterlo dire, eppure oggi, a distanza di molti anni, devo dire di essergli estremamente grato, è stato il miglior professore che abbia mai avuto. Non mi avrà insegnato la matematica, ma mi ha preparato alla vita come nessun altro. Ogni generazione dovrebbe aver un professore così, forse due sarebbero troppi, ma uno penso sia necessario. Purtroppo al giorno d’oggi in Slovenia professori con questa impostazione non sono ben accetti, sono quasi una specie rara in via d’estinzione. Io non voglio difendere un eccesso di autoritarismo e severità, però, quest’ultima delle volte può far bene.

Nel film il professore cita costantemente Thomas Mann e il racconto Tonio Kröger, perché tutta questa insistenza?

Ho conosciuto Thomas Mann da ragazzo, ma solo perché alla fine di un videogioco a cui giocavo spesso usciva fuori una citazione che mi è sempre piaciuta molto. Così sono partito da questo ricordo e ho pensato che Thomas Mann poteva essere adatto per quel personaggio. Poi quando ho letto Tonio Kroöger ho capito che avevo fatto bene, senza rendermene immediatamente conto, ho notato come molte delle problematiche affrontate nel film, potevano essere spiegate tramite quel racconto.

Il tuo film è stato accolto molto bene anche a Venezia, ma come ha reagito il pubblico più giovane?

Le reazioni al film sono state più o meno simili in tutta Europa, a riprova che il nostro paese è più simile all’Europa di quanto si possa pensare o forse perché certe tematiche hanno un carattere universale. Quasi tutti i ragazzi che l’hanno visto mi hanno detto la stessa cosa: “poteva succedere anche nel mio liceo una cosa del genere”. In Slovenia in particolare, è stato molto bello accompagnare il film in tante scuole perché dopo una ventina di minuti in cui si discuteva della pellicola, i ragazzi si mettevano a discutere di quali erano i problemi relativi alla loro scuola, come si potevano risolvere, e gli insegnanti iniziavano ad interagire con loro.


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