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Io sono Li

Pubblicato il 4 settembre 2011 da Sila Berruti


Io sono Li

Al contrario di quello che sembra pensare Francesco Patierno, in concorso con Cose dell’altro Mondo nella sezione Controcampo Italiano, gli extracomunitari non sono solamente gli ingranaggi portati e meno sofisticati della nostra economia. Queste persone che arrivano da posti spesso lontani sono, prima di ogni altra cosa, individui con i quali possiamo instaurare rapporti che vanno oltre lo scambio utilitaristico fondato sulle regole di mercato. E’ questo uno dei concetti che invece Andrea Segre afferma con forza, esordendo, come regista di finzione, con Io sono Li opera prima delicata, affascinante che pecca purtroppo di una ricerca estetica estrema e di una totale mancanza di sintesi.

La storia è quella di Shun Li, giovane donna cinese immigrata in Italia, prima operaia tessile a Roma e poi barista a Chioggia dove fa la conoscenza di un gruppo di anziani pescatori e in particolare di Bepi detto “il poeta”. Ma i rapporti troppo stretti tra i due, turbano la comunità cinese e quella locale. Li, ricattata, è costretta a rinunciare al suo amico e a lasciare la città per non perdere la possibilità di rivedere il figlio. Girato in lingua cinese e in dialetto chioggiano il film fornisce allo spettatore una chiave di lettura nuova rispetto all’argomento trattato: lo sguardo di Li invade il mondo occidentale fino a trasformarlo in qualche cosa di nuovo. Quando gli occhi di questa giovane donna si posano sul mare, sulla laguna, sulla spiaggia, sulle reti da pesca trasformano le cose fino che veicolate da una cultura lontana e antica finiscono per assumere un sapore ed un significato del tutto nuovo. Li non ha nulla, non può nemmeno scegliere dove andare a lavorare, eppure riesce a ricondurre tutto quello che ha intorno ad un sistema di significati molto lontano da quello arido che sembra ormai governare ogni cosa. Il mondo di Li è fatto di antiche tradizioni, di riti, di simboli e di rispetto per tutto quello che c’era prima di noi. Lo sguardo della donna riesce a vedere quello che noi non possiamo più nemmeno scorgere. Il suo modo di guardare il mondo è molto simile a quello dei vecchi pescatori che non riescono a condividere e ad adattarsi al nuovo che, prepotente, avanza.

Con Io sono Li Segre canta l’amore per gli elementi naturali, per i sentimenti umani e per le piccole cose che rendono meno terribile e penosa la vita di tutti i giorni. Opera che oscilla tra il mondo concreto e l’onirico fornendo un esempio forse ideale ma non idealizzato, dell’incontro tra culture. Ci invita a riflette sul concetto di prezioso e su quello di raro e a non dare per scontato che il tempo a nostra disposizione sia eterno. Ironica e mai drammatizzata, questa opera non riesce però a convincere fino in fondo. Il regista si innamora degli splendidi luoghi che riprende, dei volti dei suoi personaggi e delle loro miserie finendo per cadere in trappola. Lavorando solo per accumulo e mai di sottrazione, Segre aggiunge dove non serve, rimarca quello che non è necessario ripetere dimenticando che non è necessario gridare per essere ascoltati


CAST & CREDITS

(Io sono Li) Regia: Andrea Segre; soggetto: Andrea Segre; sceneggiatura: Andrea Segre e Marco Pettenello; fotografia: Luca Bigazzi; montaggio: Sara Zavarise; musica: François Couturier; scenografia: Leonardo Scarpa; costumi: Maria Rita Barbera; interpreti: Zhao Tao (Shun Li), Rade Sherbedgia (Bepi il Poeta), Marco Paolini (Coppe), Roberto Citran (Avvocato), Giuseppe Battiston (Devis), ; produzione: Francesco Bonsembiante, Jolefilm; origine: Italia; durata: 96’.


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