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L’Oriana (Conferenza Stampa)

Pubblicato il 16 febbraio 2015 da Marco Di Cesare


L'Oriana (Conferenza Stampa)

Roma, 02/02/15.

Ci troviamo nella sala 2 del Cinema Barberini per la presentazione della biografia su Oriana Fallaci.

L’Oriana è stato proiettato in sala come evento cinematografico il 3 e il 4 febbraio, per una durata di due ore (e questa è la versione che abbiamo visionato in questa occasione), mentre sarà trasmessa come miniserie in due puntate su Rai Uno nelle serate di lunedì 16 e di martedì 17 febbraio.

Presenti in sala per la conferenza Eleonora Andreatta e Ivan Carlei, rispettivamente direttore e vice direttore di Rai Fiction; il produttore e fondatore di Fandango Domenico Procacci; gli sceneggiatori Stefano Rulli e Sandro Petraglia, con il loro collaboratore Fidel Signorile; il regista Marco Turco; la protagonista unica Vittoria Puccini; l’interprete Vinicio Marchioni.



Eleonora Andreatta

Una donna che ha combattuto per i diritti delle donne, per la loro libertà in un’epoca in cui spesso la figura femminile era lasciata ai margini. Una professionista che nel suo mestiere, quello del giornalismo, della scrittura, ha raggiunto i massimi livelli; una giornalista che sentiva la responsabilità individuale e collettiva del suo mestiere.
Penso poi che il servizi pubblico debba accogliere quelle voci che sono anche fuori dal coro: e sicuramente la Fallaci è stata un personaggio di solista, coraggiosa e che non ha mai avuto timore e paura ad affermare il proprio punto di vista. Era estremamente complesso affrontarne la biografia, sia per la quantità di scritti che ha lasciato, sia per il suo avere attraversato tantissime vicende: quindi è stato necessario trovare una chiave del racconto che permettesse di narrarne la storia, chiave che gli sceneggiatori hanno trovato in quella che è la grande vocazione della Fallaci: innanzitutto la scrittura; poi il suo essere una grande lottatrice, una combattente: un giornalismo, il suo, di trincea, poiché non è rimasta nelle hall degli alberghi ad attendere le notizie, ma è andata a cercarle, mettendo sé stessa in gioco tutte le volte.
Si è trattato di un grande sforzo produttivo: è la prima volta che la Rai collabora con una grande casa cinematografica come la Fandango. Uno sforzo che ci ha fatto girare in posti veri: in Vietnam, in Grecia, in Tunisia. Un film quindi girato per il mondo, così come è stata la vita di Oriana Fallaci, con grande realismo.


Domenico Procacci

In realtà siamo partiti da Un uomo, libro assolutamente importante, del quale avevamo acquisito i diritti. Ed io ho conosciuto Edoardo Perazzi, nipote di Oriana Fallaci: ho parlato con lui del personaggio Fallaci ma anche della possibilità di raccontarlo non soltanto per quanto riguarda la sua storia d’amore con Alexandros Panagulis, ma nella sua interezza.
Per noi è una novità intraprendere un lavoro vero per la televisione e siamo partiti anche con qualcosa di difficile; gli elementi cinematografici sono quelli che un po’ ci danno sicurezza, per cui la regia di Marco e gli attori che hanno lavorato nel film hanno reso il lavoro meno complicato.


Marco Turco, lei tra le note di regia scrive: «Come si fa a riunire in un film una vita, un arco temporale così lungo?»... Per cui come si fa a raccontare una vita così ricca di eventi?

Abbiamo ovviamente operato un grande lavoro di sintesi nel cercare di individuare quei momenti, quei passaggi della vita della Fallaci che fossero significativi in un racconto e, al tempo stesso, spettacolari, che dessero l’idea di una vita così intensa, così vissuta nel mondo dato che nessuno più della Fallaci era cittadino del mondo. E abbiamo cercato di raccontare per l’appunto una vita in conflitto, una vita contro, contro qualsiasi tio di pregiudizio, di rigidità.
Poi abbiamo inserito la figura della giovane giornalista che rivela «Io ho deciso di fare giornalismo leggendo i suoi articoli»: e questa è una delle caratteristiche della Fallaci, la quale, come donna e come giornalista, secondo me in Italia ha cambiato il modo di porsi, compreso il modo di porsi di una donna in quegli anni.
Tutto questo abbiamo tentato di raccontarlo nel modo più semplice, un po’ come anche lei faceva nei suoi articoli, nei suoi libri: un racconto del XX secolo raccontato attraverso i suoi occhi. E il nostro lavoro si è svolto in condizioni spesso anche non semplici: per esempio siamo stati la prima troupe occidentale ad avere girato in Vietnam un film sulla Guerra del Vietnam.


La sceneggiatura è firmata da Stefano Rulli e Sandro Petraglia, con la collaborazione di Fidel Signorile e dello stesso regista Marco Turco. Riguardo Oriana Fallaci vi è un prima e un dopo? Come viene descritto?

La cosa più complicata era capire la persona e noi ci siamo accorti che non la conoscevamo. Abbiamo così scoperto una personalità molto complessa, non catalogabile, malgrado i tentativi, che si sono susseguiti negli anni da varie parti, di metterle il cappello sopra: la Sinistra, la Destra, i Radicali. Ma in realtà la Fallaci era una persona molto libera. E abbiamo capito, per esempio, che era una persona furibonda, con delle rabbie straordinarie, delle violenze anche ingiuste e, nello stesso tempo, capace di ironia: abbiamo scoperto ciò leggendo tutto quello che potevamo leggere e parlando con il maggior numero possibile di persone che la avevano conosciuta. E da queste scoperte è nata l’idea che potevamo forse raccontarla un po’ più da dentro. Poi ci è venuto in aiuto anche uno degli ultimi suoi libri, Oriana Fallaci intervista Oriana Fallaci: ritenendo che nessuno fosse in grado di intervistarla bene, si autointervistò; e ciò ci ha fatto venire l’idea che potevamo a un certo punto sdoppiare il personaggio e avere un’Oriana giovane e una alla fine della vita, una sequenza che non avete visto qui, nella versione breve, ma che per noi è molto importante, dove si confrontano l’Oriana più radicale, più progressista, più antiamericana dei primi tempi e l’ultima Oriana che difende i valori dell’Occidente che ritiene minacciati in maniera profonda dall’Islam.
Di biografie ne abbiamo realizzate tante, ma non siamo qui riusciti a fare quello che abbiamo fatto altre volte: per esempio abbiamo raccontato cinque anni della vita di Don Milani e uno di Perlasca; ma qui abbiamo compreso che non potevamo rinunciare di raccontare un arco importante di un’esistenza, scelta che ha per l’appunto comportato problemi grandi, anche di produzione.
Siamo inoltre particolarmente contenti di aver potuto lavorare al personaggio di Oriana Fallaci perché in qualche modo, in passato, ci eravamo misurati con altre figure di eretici, come Don Milani e Perlasca, personaggi che sono difficili da inquadrare politicamente e storicamente ma che, in qualche modo, hanno lavorato a favore dell’Italia in grande onestà; e, al cinema, i personaggi difficilmente inquadrabili sono i più affascinanti da raccontare. E, soprattutto, la Fallaci è una delle prime giornaliste che, in qualche modo, afferma ’Io’, divenendo lei protagonista dell’intervista, portando in campo la propria vita, scegliendo di intervenire: e in una delle scene un suo collega le dice «È la prima volta che le domande sono più belle delle risposte!»... E abbiamo inserito un personaggio di fantasia, quello della giovane giornalista, perché ci interessava il confronto generazionale sull’essere giornalista: per esempio oggi diamo per scontato che i giornalisti raccontino in prima persona; inoltre quel secondo personaggio femminile ci è servito per sottolineare la differenza tra lo scegliere una professione rispetto a una vita privata più stabile, con un figlio, mentre la giovane di oggi pensa che sia possibile ormai svolgere bene quel lavoro e, contemporaneamente, vivere una propria vita. Quindi, attraverso Oriana, volevamo anche un po’ misurare quanto il Paese e la condizione della donna siano cambiati.


Vittoria, noi più anziane siamo cresciute a pane e Oriana Fallaci e abbiamo – almeno per quello che mi riguarda – amato molto la prima Oriana. Tu sei molto giovane e avrai conosciuto la Fallaci nella sua seconda vita, o parte di vita... Quale Oriana Fallaci ti ha richiesto più impegno?

Veramente per me interpretare questo ruolo è stata una sfida fin dall’inizio. Ma, dal momento che me lo hanno proposto, ho pensato che potevo proprio ispirarmi al suo coraggio, al suo pensare che le sfide sono il sale della vita e che non avrebbe senso non affrontarle con determinazione, anche inconsciente a volte. In realtà conoscevo il suo lavoro di giornalista, conoscevo il personaggio, ma non avevo mai letto i suoi libri, per cui ho cominciato a farlo per prepararmi al ruolo, cominciando a studiarne anche la vita attraverso la biografia e i documenti che si trovano su internet e su YouTube, scoprendo così gli elementi meno conosciuti e incredibili di una donna riguardo la quale si possono nutrire dei pregiudizi, pensando al contrario di conoscerla. Poi mi sembrava interessante quell’unione e contrasto tra vita pubblica e privata, la sua dedizione incredibile al lavoro e il suo diventare protagonista delle interviste che faceva, tanto da divenire importante quanto l’intervistato, assumendo così lei stessa la condizione di ’Star’; tutto ciò, però, entrava in contrasto col suo privato, il quale le dava anche molte sofferenze, con storie d’amore complicatissime e l’impossibilità di costruire affetti stabili, una famiglia, un figlio, quest’ultima una cosa che l’ha tormentata fino alla fine, anche se poi era in realtà lei stessa ad affermare che si trattava di desideri più che altro teorici, dato che non si sentiva in grado di occuparsi di un figlio, di un marito, tanto che affermerà di avere bisogno di scrivere e di lavorare come un uomo e che gli uomini possono crearsi una famiglia perché le mogli non rompono mai loro le scatole, mentre invece i mariti le scatole alle mogli le rompono sempre...!
Dal punto di vista di attrice ciò che mi ha lasciato più emozioni è stato questo suo essere alla continua ricerca anche di un apprezzamento da parte degli altri e, paradossalmente, di fare di tutto per non averla, di essere anzi provocatoria, di godere quasi nel risultare antipatica o respingente nei confronti degli altri.
È stata la prima donna a diventare reporter di guerra in Italia, un tipo di lavoro che all’epoca era concesso solo agli uomini, e a vedere riconosciuto il proprio lavoro alla stregua di un uomo: e sotto questo aspetto penso abbia aperto la strada a tante di voi che siete qua oggi.
Perciò reputo che la sua storia meritasse di essere raccontata, con luci e ombre, con Marco che è riuscito nella difficile impresa di mantenere un non-giudizio su una donna senza mezze misure: o la odi, o la ami.


Si parlava di amori difficili e senz’altro quello per Alexandros Panagulis è stato quello più importante della sua vita, quello che l’ha segnata di più. Lei fa ancora una volta rivivere un personaggio realmente vissuto, un leader nella Grecia delle Dittatura dei colonnelli: si è affidato totalmente al regista e agli sceneggiatori o ha cercato di comprendere anche quel periodo della nostra storia?

Vinicio Marchioni. Ovviamente mi sono affidato a quello che, scritto dagli sceneggiatori, mi leggeva Marco e poi mi sono detto anche che quello che conoscevo io di questo uomo era stato comunque filtrato da Oriana, attraverso quello che lei aveva scritto in Un uomo, e quindi me lo sono andato a rileggere con un’attenzione e una cura maniacali e ho scoperto un uomo che forse in sé ne conteneva altri dieci, un uomo che moltissime volte aveva attraversato la morte, un uomo che forse la morte la provocava anche, un uomo totalmente rivoluzionario e anarchico, anch’egli libero da qualsiasi tipo di giudizio e di morale, riempito di una fiamma verso la vita e anche verso la morte, con un’ingenuità anche, cosa che mi ha fatto sorridere molto. È un uomo che aveva tentato di realizzare un attentato contro Papadopoulos con dieci metri di miccia, non avendo quindi i mezzi... Era matto! Fin dall’inizio... Ma un certo tipo di pazzia: una follia che era generata dall’inseguire con coerenza maniacale gli ideali di libertà, della ’sua’ libertà naturalmente. Dopo di che è un uomo che si è fatto cinque anni di torture, condannato alla pena di morte, rimandata quattro volte. Come si sopravvive a tali esperienze? Dopo cinque anni esce di carcere grazie all’intervento dell’opinione pubblica internazionale; e il giorno dopo gli piomba in casa questa donna altrettanto grande e incredibile, altrettanto inseguitrice di una libertà sovrumana. Secondo me già si amavano prima di conoscersi di persona; e nessuno dei due forse si sarebbe mai innamorato di un impiegato, poiché due esseri così grandi avevano bisogno forse anche lì, nella sfera più sentimentale, di bruciare al massimo grado.


Sappiamo quanto Oriana non volesse essere rappresentata, né lei né i suoi libri, negandosi a grandi di Hollywood come Robert Redford e Michael Cimino: vi siete perciò posti il problema se lei avrebbe potuto apprezzare il vostro film?

Puccini. Se Oriana potesse vedere il film, ne sarei terrorizzata: chissà cosa potrebbe uscire da quella bocca, ipotesi che mi avrebbe paralizzata...! Però Oriana era secondo me anche una persona che, come abbiamo mostrato, intelligentemente voleva farsi temere: la sua determinazione nel voler andare anche contro le convenzioni, portando avanti con coerenza le proprio idee. Io ho cercato di rispettarla, come bisogna fare sempre, ma soprattutto nel caso di un personaggio così importante, una donna così viva nelle coscienze di tutti che ho cercato di comprendere e non di imitare; e magari lei avrebbe rispettato me e la mia interpretazione...
Turco. Io sono certo che ci avrebbe massacrati...! Questo film è l’impresa più difficile che mi sia mai capitata. Però mi sono fin da subito detto che, per mettermi forse sulla strada giusta, dovevo farmi seguire dalla passione, la stessa che Oriana ha messo nella sua professione. In quanto regista non lavoro da solo come fa uno scrittore, ma con altre cinquanta persone: se ognuna di queste ultime ha la stessa passione, allora quel film viene bene. E penso che la passione che ci abbiamo messo tutti la Fallaci la avrebbe riconosciuta.
Andreatta. La Fallaci rivendicava il diritto a essere passionale. Ogni film è inevitabilmente una lettura parziale e un’interpretazione di un personaggio; quindi noi ci siamo arrogati un po’ il diritto, come faceva lei nelle sue interviste, di prendere un personaggio, ora non più in vita, e di raccontarlo. E penso che lei probabilmente avrebbe reagito con rabbia, ma che in fondo alla fine sarebbe stata orgogliosa di quello che abbiamo fatto, poiché credo che, pur nella parzialità, siamo riusciti a rendere lo spirito di quello che lei ha fatto.
Procacci. Tu hai citato Un uomo, un libro molto difficile sul quale stiamo ancora lavorando... Ma, per certi versi, raccontare la vita di Oriana Fallaci è ancora più difficile... In Un uomo ti innamori dei due grandissimi protagonisti e della loro storia d’amore. Studiando la Fallaci invece no: vi sono dei momenti in cui puoi innamorarti e altri in cui la puoi detestare; però la sua ambiguità e il suo essere così radicale la rendono un personaggio affascinante; ed è più difficile raccontarne la vita nella sua interezza piuttosto che non quell’unica sua parte.


Mi sembra che la storia d’amore con Panagulis occupi gran parte della narrazione mentre, per esempio, tutta la battaglia della Fallaci contro l’Islam viene resa, in questa versione cinematografica, attraverso un paio di scene: nella versione estesa si parlerà di più di questo aspetto, tra l’altro quello maggiormente legato all’attualità?
E poi gli sceneggiatori prima ci parlavano di un confronto tra la Fallaci giovane e quella dei suoi ultimi anni: non ho ben capito come è questa scena...

Turco. Ispirandoci all’intervista con sé stessa noi mettiamo in scena la Fallaci giovane che parla con la Fallaci vecchia, esprimendo la contraddizione di una donna che, nella prima parte della sua vita, si è con ostinazione battuta contro ogni forma di integralismo, totalitarismo, contro ogni forma di dittatura sia culturale che politica e che non riconosce sé stessa, più avanti negli anni, nel momento in cui appare lei stessa integralista nella sua battaglia contro l’Islam. E quindi la contesta, dicendole «Ma come puoi affermare che tutti i musulmani sono terroristi? Sei stata in quei Paesi: hai visto con i tuoi occhi che non è così!». E, infatti, non è così. Ma, al tempo stesso, la Fallaci vecchia rivendica il diritto di poter dire in quel momento, dopo l’11 settembre, con tutta la forza, la rabbia e l’orgoglio che ha in corpo, di odiare la guerra portata avanti dalla Jihād nei confronti del mondo intero. Per motivi di ritmo non è stata messa in questa versione. Ma nella versione televisiva tale scena chiuderà la parte relativa alla polemica della Fallaci, non volendo noi raccontare ulteriori polemiche, dato che non ci sembrava potesse rappresentare un motivo conduttore nell’ambito del film, malgrado avrebbe potuto farci comodo per far parlare di noi. E il punto di vista da noi utilizzato, ossia quello della Fallaci, è proprio quello che la mette in contraddizione: difatti Oriana Fallaci intervista Oriana Fallaci incarna un domandarsi se quelle posizioni che ha preso abbiano un senso oppure no.
Credo che in un momento come questo, anche alla luce dei fatti accaduti recentemente, la considerazione da realizzare è che ognuno deve avere il diritto di esprimere le proprie idee, anche quelle più estreme.
Signorile. Il filo anti Islam percorre l’intera vita della Fallaci, dai primi viaggi in giro per il mondo nei quali racconta la condizione della donna nei Paesi musulmani allo scontro molto forte che ha con Khomeyni.
Nella versione per noi principale, ossia quella televisiva, poi la vicenda legata a Panagulis non risulta così dominante rispetto agli altri avvenimenti rappresentati.
Rulli. Quello che interessa noi è parlare del personaggio, non solo dei temi del quale questo parla: per cui nella prima parte abbiamo cercato di cogliere il legame profondo che c’era tra il suo desiderio di essere giornalista che combatte attraverso la parola scritta come aveva combattuto da staffetta partigiana, legandolo con la figura del padre, un rapporto questo molto importante per comprendere l’Oriana della prima parte, non diventata giornalista perché le piaceva soltanto scrivere ma perché si trattava di un altro modo per essere presente e lottare nella società. E, nell’ultima parte, la posizione politica de La rabbia e l’orgoglio si lega a un momento particolare della vita della Fallaci: la sua battaglia contro la morte; lei parla spesso di questo alieno che si porta appresso, un nemico dentro di lei che diventa simbolico del nemico che vi è fuori dal punto di vista politico. Credo che, a livello esistenziale del personaggio, questa doppia battaglia estrema per la vita, per la civiltà abbia condizionato in qualche modo le sue scelte anche da un punto di vista di analisi politica.


Perché è stata realizzata una versione breve, cinematografica, che forse non restituisce completamente quel lavoro che avete fatto sull’anima di questa donna?

Procacci. Operare in questo modo è una scelta abbastanza di prassi. Abbiamo ritenuto che la versione cinematografica meritasse di essere vista. Stiamo qui sottolineando quello che manca affinché abbiate un’idea più completa di quanto è stato fatto.
Puccini. Perché secondo noi si tratta di un prodotto che meritava di essere proiettato pure nei cinema. Ovviamente, però, non poteva essere mandato in sala un film di tre ore. E oggi è stata proiettata tale versione breve per fornire un’idea globale della storia, quando per la stampa, parlando di fiction televisiva, generalmente si proietta la prima puntata di un’opera.


Ma dove e in quante sale verrà proiettata la versione breve?

Procacci. Sessanta sale in tutta Italia, domani e dopodomani.


Perché due soli giorni?

Procacci. Perché non si tratta di un’uscita che dura, ma di un’uscita evento.


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